A Milano il mercato immobiliare è drogato da piattaforme e turismo
Nella città lombarda l'abitare temporaneo è già norma. Il 42% dei top user di Airbnb è composto da società, italiane o transnazionali
Nella città lombarda l'abitare temporaneo è già norma. Il 42% dei top user di Airbnb è composto da società, italiane o transnazionali
A Milano il turismo è stato attivamente promosso dal comune come strategia di sviluppo urbano. Il coinvolgimento di Airbnb nella politica di «Milano Sharing City» ha portato alla firma, nel novembre 2015, di un accordo con la multinazionale degli affitti brevi. Nel 2021 l’amministrazione ha tentato di promuovere il canone concordato proprio attraverso la piattaforma digitale che ha contribuito a creare una questione abitativa oggi esplosiva, che riguarda anche i lavoratori dei ceti medi.
A dicembre 2022 gli annunci su Airbnb nel capoluogo lombardo erano 19mila di cui 15mila per interi appartamenti. La crescita è avvenuta con Expo nel 2015. Il 47% sono annunci di host con più di una unità locata. Secondo uno studio di Guido Anselmi e Veronica Conte «su Airbnb il 42% dei top user (gli utenti con più annunci, ndr) è composto da società commerciali: tra queste l’84% sono attori locali nazionali, il 16% transnazionali». I primi sono generalmente catene di alberghi o piattaforme di secondo livello. Alcuni degli attori nazionali come Italianway o Cleanbnb, si legge nello studio, «sono spesso presenti in altre città e in particolare nelle principali città d’arte italiane. Gli attori transnazionali, seppur minoritari, sono egualmente rilevanti». Anche perché controllano il 23% del fatturato dei grandi attori.
Il differenziale di redditività degli affitti brevi ha drogato il mercato immobiliare milanese, dove l’offerta è sempre più mediata da piattaforme come Airbnb ma anche (è questa la novità più recente) da grandi soggetti gestori di affitti di medio periodo a prezzi molto alti come DoveVivo e Roomless (che inglese significa letteralmente «senza stanza»). Questa quota di mercato è riservata a una piccola fascia di abitanti mobili, giovani e ricchi. Una stanza locata da DoveVivo può costare fino a 1.400 euro al mese. Tra i grandi capoluoghi, Milano conta il 41% dei contratti transitori, quelli che durano da uno a tre anni: nella città che «non si ferma» l’abitare temporaneo è diventato la norma.
Se Milano attira tanti giovani qualificati dal resto dell’Italia, più che un punto di arrivo è un punto di passaggio, spesso verso l’estero. In un libro del 2018, Quelli che se ne vanno, il sociologo Enrico Pugliese rilevava che le regioni di massima emigrazione sono oggi quelle del Nord come la Lombardia.
Adesso che la situazione è sfuggita di mano, il comune ha elaborato una proposta di Piano casa e promosso un Forum dell’abitare che si terrà dal 20 al 22 marzo a Base Milano. Per l’occasione il comitato «Abitare in via Padova», che si batte per tutelare la residenzialità in una zona in via di gentrificazione, presenterà la «Carta dei diritti degli abitanti per una Milano orizzontale». Secondo il comitato è necessario ripensare il modello dell’housing sociale e studentesco, attualmente molto escludente, potenziare l’affitto a canone calmierato e l’offerta pubblica di case, regolare il mercato degli affitti brevi, contrastare lo sfitto e aumentare gli oneri di urbanizzazione pagati per le nuove operazioni immobiliari private, che servono a realizzare i servizi pubblici e sono tra i più bassi in Europa.
Infine, chiede l’istituzione di un Osservatorio pubblico sull’abitare. Il comitato ha organizzato quattro incontri con esperti europei per far conoscere quello che si sta facendo in altre città in Europa. Perché se Milano aspira a essere una città europea dovrà dotarsi di politiche all’altezza. Il primo incontro, lunedì 20 a Mosso, tratterà il tema sulla regolazione degli affitti brevi.
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