«Qualche giorno fa un gruppo di uomini è entrato in un nostro magazzino, nel centro di Gaza, e, con toni decisi, ha chiesto di andare nei locali in cui sono conservati i generi di prima necessità che distribuiamo alla popolazione. Quindi si sono messi a cercare tra le merci», racconta un funzionario internazionale che ci ha chiesto di non rivelare la sua identità. Quegli uomini non erano affamati come tanti abitanti di Gaza, non volevano latte in polvere per i figli piccoli o medicine per qualche parente ammalato. «Cercavano pacchetti di sigarette negli imballaggi, sigarette di contrabbando nascoste nel carico umanitario arrivato qualche ora prima. Nei mesi passati i malviventi assaltavano gli autocarri per rubare il cibo e altre cose da rivendere al mercato nero, ora arrivano addirittura nei nostri magazzini», aggiunge il funzionario sottolineando che il traffico illegale delle sigarette rappresenta un altro ostacolo alla consegna degli aiuti ai civili ed è un altro risultato del caos generato dalla distruttiva offensiva israeliana in corso da nove mesi nella Striscia.

OMAR, DI KHAN YUNIS, sfollato più volte con la sua famiglia come un po’ tutti gli abitanti di Gaza, ci spiega che quello delle sigarette è un traffico tra i più redditizi per i criminali che approfittano della scomparsa dalle strade della polizia civile – Israele spara su qualsiasi palestinese di Gaza in uniforme – e della chiusura (il 6 maggio) del valico di Rafah. «Le sigarette – ci dice – naturalmente non fanno parte degli aiuti che entrano a Gaza e sono scomparse dal mercato ufficiale. Ma in questi mesi un po’ di stecche di sigarette sono entrate, grazie agli autisti egiziani che riescono a nasconderle in qualche modo nell’abitacolo dei loro camion o tra gli aiuti umanitari. Un po’ ne portano a Kerem Shalom gli autocarri con le merci provenienti da Giordania e Cisgiordania. Ai controlli gli israeliani non scoprono le sigarette (o fingono di non vederle). A loro non importa del caos a Gaza. E neppure dei prezzi saliti alle stelle anche per queste attività criminali».

Da quando Rafah è stato occupato dalle truppe israeliane, l’afflusso di sigarette si è ridotto al minimo e il costo di una sigaretta ha raggiunto vette inimmaginabili. «Una sigaretta Karelia costa 100 shekel (25 euro), una Imperial 80 shekel, più bassi sono i prezzi delle sigarette più scadenti ma non meno di 50 shekel (12 euro) l’una. I criminali promettono ricompense generose agli autisti che riescono ad aggirare i controlli», aggiunge Omar.

COME LE SIGARETTE possano sfuggire ai controlli israeliani è un mistero. Le ispezioni sono capillari e le agenzie umanitarie hanno più volte lamentato i tempi lunghi per l’ingresso nella Striscia dei camion carichi di generi essenziali per la popolazione. Esiste inoltre un lungo elenco di beni «proibiti» che, secondo Israele, potrebbero avere un «doppio uso», ossia Hamas potrebbe usarli per le azioni armate.

La distribuzione a singhiozzo degli aiuti con gli autocarri era e resta una delle cause degli elevati livelli di malnutrizione a Gaza. Israele boicotta l’agenzia Unrwa (Onu) e nel nord della Striscia il cibo arriva in quantità insufficienti. Il molo artificiale allestito sulla costa di Gaza da soldati americani, per scaricare gli aiuti provenienti da Cipro, è soggetto a continui problemi e, comunque, nelle prossime settimane sarà smantellato.

«Per questa e tante altre ragioni il trasporto su strada è la via migliore per consegnare gli aiuti – dice il funzionario internazionale – ma rischia di diventare impraticabile se i camion e i depositi di stoccaggio saranno sempre di più un obiettivo per i trafficanti intenzionati a recuperare le stecche di sigarette nascoste dai loro complici all’interno delle spedizioni».

Alcuni convogli viaggiano scortati – uomini con il volto coperto e armati di mitra -, ma nella maggior parte sono semplici carichi commerciali autorizzati da Israele. Ben più difficili sono i movimenti dei convogli dell’Onu e delle altre agenzie umanitarie.

GLI ATTACCHI DEI CRIMINALI sono diventati così frequenti che oltre mille camion sono fermi in attesa a Kerem Shalom. La «pausa tattica» quotidiana annunciata dall’esercito israeliano per i movimenti degli automezzi tra il valico e la superstrada Salah Edin, non garantisce sicurezza agli autisti che vanno a nord di Gaza esponendosi agli assalti di bande organizzate. Per questo gli autotrasportatori palestinesi chiedono migliaia di dollari per l’affitto dei camion. Anche questo fa salire i prezzi.

«IL COSTO DI UNA SIGARETTA è l’argomento del momento ma non è il problema più acuto, si può sempre smettere di fumare, tanti l’hanno già fatto» dice Omar che invece tiene a sottolineare come l’attacco israeliano abbia «prima distrutto Gaza e poi gettata nel caos, senza più legge e ordine, aumentando le sofferenze della popolazione». «Verdura, carne, farmaci – aggiunge – costano quattro-cinque volte di più rispetto allo scorso anno, anche 10 volte di più. Il gas da cucina 35 euro al chilo rispetto a 1,60 dollari; le batterie per le auto, usate per caricare telefoni e lampade, più di 500 euro ciascuna e un litro di benzina costa 22 euro. Pochi possono pagare così tanto, tutti gli altri sopravvivono con le razioni alimentari»