«Sono trascorse quasi tre settimane dall’inizio di questa guerra e le persone stanno rivolgendo la loro disperazione all’Unrwa. È normale. Siamo il volto della comunità internazionale, quella stessa comunità internazionale che sembra aver voltato le spalle agli abitanti di Gaza».

Si è rivolto ai giornalisti con queste parole Philippe Lazzarini, Commissario generale dell’Unrwa, l’agenzia Onu per i profughi palestinesi. Ha cercato di rappresentare il dramma degli operatori umanitari che fanno del loro meglio per assistere i civili soggetti ai bombardamenti israeliani e in condizioni di vita disumane. Manca quasi tutto a Gaza. E l’Unrwa ha bisogno del carburante, sempre più scarso, per continuare le sue operazioni. Israele si oppone all’ingresso di benzina e gasolio nella Striscia, afferma che finirà ad Hamas. Ne abbiamo parlato con Giuliette Touma, la portavoce di Lazzarini.

Quanto carburante è rimasto all’Unrwa?

Poco, davvero poco. È fondamentale che ne arrivi su base regolare e ogni giorno. Certo serve anche il cibo ma i convogli che entrano dall’Egitto devono portare a Gaza anche il carburante.

Può fare un esempio dell’impatto della scarsità di benzina e gasolio per le vostre attività.

Abbiamo dovuto razionare le forniture di carburante agli ospedali così come alle 50 panetterie che fanno capo a noi e che garantiscono ogni giorno pane agli sfollati e a tutti gli altri abitanti. Abbiamo ridotto i rifornimenti alle nostre automobili, essenziali per raggiungere i civili più in difficoltà. Per questo se non arriverà il carburante, l’Unrwa sarà costretta a prendere delle decisioni drastiche che nessun operatore umanitario vorrebbe mai adottare e che si rifletteranno sull’assistenza a una popolazione in grande difficoltà.

I comandi militari israeliani ripetono che Hamas controlla il carburante a Gaza e ne avrebbe accumulato grandi quantità. Non solo. Sostengono che il movimento islamico avrebbe rubato del carburante destinato all’Unrwa. Conferma?

Ripeto quanto ha detto il Commissario generale Lazzarini: l’Unrwa non sa cosa Hamas possegga o non possegga. Abbiamo sentito affermazioni relative a riserve accumulate (da Hamas, ndr) per molte settimane e cose analoghe. Noi non sappiamo nulla di tutto questo. Ciò che invece sappiamo è che c’è del carburante nel deposito in cui veniva portato prima del 7 ottobre sulla base degli accordi tra Israele, Qatar ed Egitto. Ci sono 200mila o 300mila o 400mila litri di carburante? Non ne abbiamo idea. Comunque sia, per l’accesso a quel deposito è necessario il via libera di Israele.

Avete informazioni o ricevuto segnali che dal valico di Rafah cominceranno ad entrare nei prossimi giorni più camion e rifornimenti per la popolazione palestinese?

Al momento ciò che so è che a Gaza dovranno entrare tanti aiuti, molti di più rispetto a quelli che abbiamo avuto sino ad oggi. Perché sono insufficienti. La gente di Gaza ha bisogno di molto di più. Prima della guerra nella Striscia entravano oltre 100 camion di aiuti umanitari e carburante ogni giorno. Ora una quindicina al giorno, 70 in quattro giorni. Questo è niente rispetto ai bisogni.

Temete il diffondersi di malattie infettive e altro tra gli sfollati e gli altri civili palestinesi?

Al momento non abbiamo registrato questi problemi ma il blocco di Gaza, a lungo andare, finirà… (pausa di alcuni secondi) per uccidere le persone. Il problema non sono solo i bombardamenti e i raid aerei. Occorre comprendere che è solo questione di tempo e il blocco ucciderà con malattie che si diffonderanno nella popolazione ammassata in questo modo, anche in quella che ha cercato protezione nei nostri rifugi. In media 400 persone hanno un gabinetto a disposizione. Non posso dare pareri scientifici naturalmente o prevedere quando la gente di ammalerà o comincerà a soffrire la fame. Però in queste condizioni non è possibile andare avanti.