A Fermo, la casa di Mario Dondero rischia la vendita
Come sulla casa fermana di Joyce Lussu anche per quella di Mario Dondero c’è la possibilità di un destino di vendita che disperda la memoria del luogo – e della persona – che potrebbe essere invece alimentata da una fruizione aperta alla collettività. Per scongiurarla l’Associazione Altidona Belvedere, rappresentata dal presidente Pacifico D’Ercoli, vorrebbe acquisirla e per questo ha lanciato una raccolta fondi aperta a tutti. Occorre raggiungere la cifra minima di 30mila euro più le spese per il passaggio di proprietà. L’appello è stato lanciato nella sede dell’Associazione ad Altidona, che è comune del fermano, da D’Ercoli affiancato da Laura Strappa, volontaria e compagna di Dondero.
È curioso come anime girovaghe, connettive e sostanzialmente apolidi abbiamo trovato rifugio d’elezione nella provincia dell’impero, in abitazioni che condividono la sorte di essere state base emotiva e culturale di una comunità cangiante e che ora rischiano lo smantellamento. È capitato a Lussu e ora a Dondero, due partigiani e due intellettuali che hanno messo su casa nella provincia di Fermo, nelle Marche, senza perdere di vista quel che fuori da siepi leopardianamente intese accadeva.
Delle piante si dice «mettere a dimora»; non hanno, i vegetali, il mito scivoloso delle radici, perché se le portano con sé ovunque vogliano attecchire: così è stato per Lussu e Dondero che questo giornale ha già giustamente definito «partigiano del mondo», perché il mondo è stato il suo borgo, l’umanità la sua comunità di riferimento, indagata ovunque si trovasse con lo stesso interesse lieto e accogliente.
IN PARTICOLARE il suo scandaglio è stato, come noto, la Leica con cui ha scattato le foto in bianco e nero mai cosmetiche né quando guardava la guerra né quando faceva ritratti. L’obbiettivo usato per avvicinare e collegare le persone (a volte le parole non bastano, Dondero aveva cominciato come cronista) esprimeva funzione dichiaratamente politica e sociale, una concezione di immagine davvero stridente con quella diffusa in prevalenza ora, veicolata da foto raccolte compulsivamente che scavano baratri di inavvicinabilità a modelli estetici ed esistenziali e reclamano anche dalle tragedie, meglio se altrui, posa e sorriso di circostanza. Normale che la dimora scelta da Mario Dondero a Fermo, toponimo che poco gli si addiceva, divenisse un posto dove radicarsi e diventare casa per lui e per chiunque volesse affacciarvisi, spezzare le scorribande per il mondo, dall’Europa all’Africa, e lì indugiare azione che è nell’etimo di dimorare: e sulla soglia di casa Dondero indugiavano volentieri viaggiatori, amici in visita, spesso anche le anime in pena momentaneamente salve che tanto stavano a cuore al fotografo come a De Andrè con cui condivideva le origini genovesi.
La città ligure ha insignito Mario Dondero, che aveva vocazione di marinaio, del titolo di camallo onorario, e camallo, lo scaricatore di porto è colui che il mare lo vede da terra e della terra si fa carico.
IL FOTOGRAFO il mare lo vedeva dalla casa marchigiana dove si era trasferito in pianta stabile nel 1995; è in un vicolo, all’interno della cinta muraria della città e nell’ultima edizione delle Giornate FAI di Primavera è stata inserita nella mappa dei luoghi di interesse culturale visitabili; un’abitazione modesta e piena dell’eco di relazioni e conversazioni che, come gli oggetti, hanno il potere di dilatare gli spazi percepiti.
Vi rimangono utensili, quadri, manifesti, foto di famiglia che raccontano figli in crescita, un ritratto regalatogli da Altan; ma il patrimonio più consistente di immagini e testi è custodito dal 2016 all’archivio – di interesse nazionale – dell’ Associazione Altidona Belvedere – Centro di documentazione e cultura fotografica APS che ha acquisito dagli eredi – i figli Maddalena, Bruno e Elisa – il comodato d’uso di tutto il materiale.
LA RACCOLTA, curata da volontari, garantisce oltre alla catalogazione e allo studio del patrimonio artistico di Mario Dondero anche la sua conoscibilità grazie all’allestimento di mostre che possono contare su 200mila diapositive e 250mila negativi in bianco e nero realizzati tra gli anni Cinquanta e il Duemila.
A quanti vorranno partecipare alla raccolta fondi è richiesto di sottoscrivere una donazione (che dà diritto alla detrazione d’imposta lorda, essendo la beneficiaria associazione di promozione sociale), da accreditarsi su conto corrente indicato, tramite modulo disponibile sulla pagina dedicata al sito www.altidonabelvedere.it.
Il termine ultimo per effettuare la donazione è il 31 ottobre 2024.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento