Cultura

«Damnatio dimorae», come in Italia si dimenticano i luoghi abitati dalle idee

«Damnatio dimorae», come in Italia si dimenticano i luoghi abitati dalle ideeCasa Lussu a Fermo / foto Ansa

GEOGRAFIE A Fermo, nelle Marche, rischio vendita per le case di Joyce Lussu e Mario Dondero

Pubblicato circa un anno faEdizione del 26 agosto 2023

Si chiama Fermo eppur si muove, è la sorte curiosa di una provincia delle Marche, terra ballerina, lacerata e non sanata sette anni fa dal sisma che ha colpito tutto il Centro Italia. È un luogo dotato di una certa forza centrifuga e centripeta: un twister che non di rado ha fatto vorticare fin lì e via di lì personalità artistiche di grande originalità e rilievo.
Aveva legami con Fermo Joyce Lussu – Porto San Giorgio era la città d’origine della sua famiglia paterna – dove l’intellettuale antifascista si è diplomata e dove era tornata alla morte di Emilio Lussu, dopo l’esilio svizzero in giovinezza e il vario peregrinare cosmopolita che contraddistingue molte anime libere capaci di mettere in piedi straordinari campi base, posti eccentrici perchè appunto, fuori dai centri politici, decisionali, culturali. Eppure, di nuovo, come si muoveva la casa di Lido San Tommaso, località nel comune di Fermo, animata dal passaggio culturale di scrittori e combattenti, un buen retiro operoso e odoroso di pietanze locali e soprattutto di condivisione.

LO STESSO ACCADEVA a casa Dondero, sempre a Fermo, in vicolo Zara, anche questa dimora di un partigiano, milanese di origine ma costantemente dentro il mondo, che nella provincia marchigiana si è posato negli ultimi sempre arrembanti anni della sua vita e attività artistica. Su casa Lussu e casa Dondero incombe fatalmente in queste ore la stessa notizia e la stessa preoccupazione: un destino di messa in vendita a chicchessia quando in effetti entrambi i luoghi dovrebbero diventare uno spazio culturale patrimonio della collettività, tutelato e valorizzato perché il genius loci che lo abita possa essere di conforto e ispirazione a chi gli anni della Resistenza li ha conosciuti o intravisti e a chi deve ancora impararli, e molto ce n’è bisogno specie oggi, specie qui, nelle Marche confuse, virate a destra.

Altro che deliri autopubblicati e irricevibili dei Generali, qua a casa Lussu i più giovani potrebbero toccare la vitalità mai sopita dell’opera della Capitana Joyce decorata per la sua militanza nella Resistenza con la medaglia d’argento al valor militare, donna d’azione e di intelletto laureata alla Sorbona e a Lisbona, oltre che antifascista anche anti-imperialista, al fianco di qualunque popolo oppresso, a partire da quello curdo. Allo stesso modo sarebbe terapeutico fare dell’abitazione di Mario Dondero, come nelle speranze della famiglia e in quelle della fototeca Pacifico d’Ercoli che sta curando l’archivio del fotografo, un luogo di conoscenza e scambio culturale.

Sarebbe in ultima istanza anche un attrattore culturale, che non solo di ciauscolo e tartufo vivono la donna e l’uomo, e il territorio marchigiano che vanta già, sempre nel fermano, la casa museo di Osvaldo Licini, avrebbe bello e pronto un itinerario di case di artista che non siano luoghi a effetto tassodermico ma vivi e vivibili. Per la casa di Lussu si è mossa, oltre a Francesco Verducci e Irene Manzi (senatore e deputata PD), Valdo Spini del Circolo Fratelli Rosselli, Nadia Urbinati della Columbia University e il Centro Studi Joyce Lussu, anche Silvia Ballestra, autrice della vivida biografia di Joyce, intitolata La Sibilla; Lussu è stata infatti magica Amalassunta e strega garibaldina come quelle dei cieli del vicino Licini, e nelle sue Marche di ritorno ha immaginato anche un’apocrifa avventura di Sherlock Holmes, impegnato a indagare sulle pendici del Conero di torpedini austro tedeschi e trame anarchiche.

IL PROBLEMA immobiliare tocca un altro artista con origini a Fermo, Luigi Serafini, originario di Pedaso dove torna periodicamente a soggiornare e lavorare; la sua casa romana è minacciata dai proprietari dello stabile, l’Ordine di Malta, che lo rivogliono incuranti del valore culturale di quello spazio strabiliante. Nel caso degli sfratti o della vendita forzata postuma delle abitazioni d’artista (successe anche a Fellini a via Margutta) dietro alla damnatio dimorae è in agguato una damnatio memoriae e l’Italia, nessun Paese in effetti, può permetterselo.

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