Nel documentario di Marcella Piccinini del 2016, La mia casa e i miei coinquilini, dedicato alla parabola esistenziale e di militanza di Joyce Lussu, c’è tutta la poetica dell’intellettuale antifascista e persino, in filigrana, la sostanza della vicenda politica immobiliare che si addensa su di lei e la sua casa nelle Marche; la casa in questione è una villa, nella provincia di Fermo, nella frazione Lido San Tommaso, protetta da vincoli architettonici, casa avita dei Salvadori, nonno e padre di Joyce al secolo Gioconda e nota al mondo col cognome di suo marito Emilio Lussu.

L’ABITAZIONE CHE ACCOLSE il mondo di affetti e belle teste pensanti della coppia è in vendita e dalle Marche è partito e si è esteso oltre confini regionali un movimento spontaneo, innestato sull’iniziativa dei parlamentari Pd, per fare sì che quel luogo venga acquistato e valorizzato da un ente pubblico e pubblica divenga la sua fruizione. La partigiana traduttrice (e molto altro), nell’ultima stagione della sua vita ha reso questa abitazione un luogo di incontro, fatto che sembra compensare quanto Joyce Lussu ricorda degli anni delle peregrinazioni in Francia quando «cercavamo un margine di bosco o una riva di fiume che offrissero un nucleo di resistenza a cui aggregarsi per porre fine alla nostra fuga». E quando c’era il tempo dei traslochi precipitosi («cambiavano casa come un cappotto e ogni stanza era una casa»).

In attesa che l’interrogazione al Ministro della cultura Sangiuliano, proposta tra gli altri dalla parlamentare Irene Manzi e dal senatore Francesco Verducci sortisca qualche effetto a Roma, ad Ancona o Fermo, il Centro Studi Joyce Lussu di Porto San Giorgio ha chiamato a raccolta in un incontro aperto alla stampa le tante voci di studentesse, storiche, registe, giornaliste che si sono avvicinate nell’ultimo mese attorno alla questione casa Lussu, anche grazie alla petizione di change.org promossa da Federica Ginesu.

Un affioramento pubblico e un riconoscersi per mettere in fila le idee e immaginare un progetto gestionale del luogo, che prima va, appunto, acquisito. Diverse le vie percorribili: la famiglia Lussu non è contraria all’ipotesi dell’intervento di un soggetto privato ricordando che private possono essere anche le associazioni o altri tipi di Enti in grado di coordinare un progetto di questo tipo.

NELLE MARCHE C’È un altro luogo nato come casa (Sichirollo) progettata nella campagna di Urbino da Giancarlo De Carlo, divenuta Fondazione, Ca’ Romanino, per la diffusione del contributo dato dall’opera dell’architetto al territorio. Quale che sia la strada da seguire, importante è che una luce si sia accesa sulla figura e il lascito, mobile più che immobile, della partigiana. Tra i sostenitori di casa Lussu già Salvadori anche l’istituto Joyce ed Emilio Lussu di Cagliari, ché l’isola di Sardegna è parte naturalmente in causa e in casa di questa storia; i burras, i tappeti sardi che scaldano anche la villa di Lido San Tommaso, sono la traccia tessile di un legame che Joyce ha raccontato in L’Olivastro e l’innesto, l’intreccio con una regione che storicamente ha tramutato in radici le cime di chi ha ormeggiato nei suoi lidi.
Oggi che anche Gramsci ha finalmente una casa ufficiale in Sardegna (la Casa Museo a Ghilarza) sarebbe importante che per spirito di gemellaggio, seppur ufficioso, le istituzioni delle Marche supportassero questo spazio che potrebbe diventare di tutti e, allo stesso tempo, valorizzare i borghi tanto cari alla retorica della destra, pardon alla narrazione, lungo il filo rosso non solo di saltarelli e infiorate ma anche di abitazioni significanti. In fondo, a neanche tre quarti d’ora da Fermo, a Recanati, la casa odiata da e di un certo Giovane Favoloso è meta di pellegrinaggio turistico da sempre, e la vicinissima Valdaso produce ottime pesche.