A Berlino tira una brutta aria
Israele/Palestina Episodi di odio antisemita, cori per Hamas, divieto di manifestare per la Palestina o di indossare la kefiah nelle scuole
Israele/Palestina Episodi di odio antisemita, cori per Hamas, divieto di manifestare per la Palestina o di indossare la kefiah nelle scuole
C’è la Porta di Brandeburgo illuminata con i colori della bandiera di Israele, simbolo della «Ragione di Stato della Germania» ribadita dal cancelliere Olaf Scholz, e c’è il cielo sopra Neukölln, il quartiere popolare turco, squarciato dai botti di festeggiamento per l’attacco terroristico di Hamas.
Schiacciati nel mezzo, i berlinesi: gli ebrei nel mirino delle due molotov lanciate contro la sinagoga sulla centralissima Brunnenstrasse da due incappucciati più i commercianti che si sono ritrovati l’auto bruciata di fronte al negozio, e gli arabi a cui lo Stato per «motivi di sicurezza» impedisce di manifestare il legittimo sostegno alla Palestina bollando come verboten perfino la kefiah nelle scuole.
TIRA UNA BRUTTA ARIA nella città sempre e comunque divisibile, come dimostrano gli inquietanti check-point preventivi stile Belfast nel rione a maggioranza musulmana con cui la polizia immagina di controllare la polveriera già esplosa nell’insicurezza generale.
A partire proprio da quella della comunità ebraica, per cui «Berlino non è più un posto sicuro. Qui le sinagoghe bruciano come 85 anni fa» denuncia senza mezzi termini Gideon Joffe, presidente della Jüdischen Gemeinde zu Berlin.
Mentre sulla Sonnenallee, il lungo viale che divideva in due Berlino-Ovest e Berlino-Est, cuore di Neukölln, ieri notte si è consumato lo scontro con decine di arresti e feriti fra i manifestanti della protesta pro-palestinese non autorizzata e gli agenti in tenuta da guerra. Cassonetti in fiamme e sanpietrini contro manganellate e bordate di spray e idranti per oltre un’ora.
Sempre nel quartiere turco turco si era registrata la rissa al liceo tra uno studente con la bandiera della Palestina e il professore che lo ha preso a schiaffi. Repressi sul nascere dalla polizia anche i sit-in di solidarietà dei compagni. La circolare della presidente della Landespolizei di Berlino, Barbara Slowik, è inequivocabile: «Sono proibiti simboli, gesti e manifestazioni di opinione che possano essere interpretati come di supporto o approvazione dell’attacco a Israele, compreso l’abbigliamento».
All’arbitrio della autorità decidere, il campo di applicazione è praticamente infinito.
Mentre sembra che solo gli insegnanti provino a ricucire la drammatica spaccatura registrata sui banchi. «Nel nostro istituto abbiamo una ragazza che si è imbavagliata con il vessillo palestinese e la compagna rimasta bloccata in un rifugio aereo di Israele» è la testimonianza pubblica di una professoressa di scuola media. Ha dovuto insistere per finire sul giornale.
Tra i pochi casi rimbalzati sulla stampa dove spicca, non fosse altro che per numero di copie vendute, la lettura del conflitto israelo-plaestinese a suon di liste di proscrizione di presunti «amici di Hamas» dalle testate del Gruppo Bild.
IN QUESTO CLIMA la domanda mediatica alla presidente della polizia berlinese non può che essere: «A Bruxelles un attentatore solitario ha improvvisamente ucciso alcune persone. Agli agenti di polizia di Berlino è vietato portare le armi nel tempo libero. Il divieto dovrebbe essere attenuato?». Risposta di Slovik: «Non ne abbiamo bisogno», ma tant’è, il dibattito ad hoc è sollevato.
Anche se il problema rimane la conclamata incapacità delle forze dell’ordine di proteggere gli edifici sensibili. «Abbiamo aumentato il personale di sorveglianza attualmente di 400 agenti per circa un centinaio tra sinagoghe, scuole e centri culturali ebraici, ma puntiamo soprattutto sulla tecnologia come le telecamere» precisa Slovik.
MA IL RAFFORZAMENTO promesso non potrà essere attuato così tempestivamente, infatti «numerose istituzioni ebraiche stanno considerando di far proteggere le loro proprietà direttamente dalle forze di sicurezza israeliane» sottolinea il sindacato di polizia insieme alla novità: «Avevamo già collaborato con le forze di sicurezza di Tel Aviv in passato, ma finora la sovranità spettava in ultima analisi alle nostre autorità statali» è lo smacco sintomatico del clima.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento