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A Berlino est un ospite troppo gradito

A Berlino est un ospite troppo graditoMichail Gorbaciov

La corrispondenza da Mosca Nell’ottobre del 1989 l’ultima visita nella Rdt alla vigilia della caduta del muro

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 1 settembre 2022

Come cinque mesi fa a Pechino, Michail Gorbaciov si troverà oggi a Berlino est nella posizione di ospite d’onore scomodo, chiamato da parti opposte a recitare ruoli impossibili. L’analogia con la visita del leader sovietico in Cina è impressionante: allora come oggi andava a trovare un leader «storico» in aperto declino fisico, capo di un regime incerto e apparentemente paralizzato; allora come oggi trovava un paese percorso da violenti sussulti di protesta civile e da richieste di democratizzazione fatte in suo nome contro il governo di casa.

COME ACCADDE in maggio a Pechino, così è certamente probabile che oggi e domani la visita di Gorbaciov nella Germania dell’est sia accompagnata da manifestazioni popolari di entusiasmo che sono in realtà manifestazioni di protesta. Come allora, non sarà semplice per il governo di casa reprimere, impedire o comunque nascondere delle manifestazioni dichiaratamente promosse in onore dell’importante ospite senza commettere un grave sgarbo verso quest’ultimo; del resto è chiaro che le partenze di massa verso Occidente autorizzate da Boriino est negli ultimi giorni sono state anche un segnale mandato a Gorbaciov: siamo in difficoltà gravi, non crearcene altre.

Il problema è che Michail Gorbaciov, come e più che in Cina, non può fare nulla nella Rdt. Non può certamente dare un sostegno entusiastico al regime di Honecker, che più di tutti lo ha criticato fino al punto di censurare i suoi discorsi, senza apparire in patria come un governante insincero pronto a rinnegare la sua stessa politica. Ma non può nemmeno ammiccare alle migliaia che grideranno «viva Gorbaciov» per dire «abbasso Honecker», senza correre il rischio di un salto nel buio.

È INTERESSANTE SENTIRE quel che ha dichiarato proprio ieri Valentin Koptelzev, responsabile dell’ufficio internazionale del Pcus per i rapporti con la Rdt: «Spetta all’opinione pubblica della Rdt decidere le misure concrete da adottare nel campo dei diritti dell’uomo. Noi dal canto nostro siamo certi che la Sed (il Pc tedesco orientale, ndr), gli altri partiti e organizzazioni sociali siano pienamente in grado di decidere da soli cosa e come cambiare». E ancora, indirizzandosi «a quelle persone che nella stessa Rdt seguono pedestremente i suggerimenti provenienti dall’estero, cioè da ovest, spacciandoli poi per posizioni proprie», Koptelzev ricorda che «di qualsiasi posizione riformatrice avanzata nella Rdt deve essere valutata l’autentica matrice e la reale rispondenza agli interessi del paese». Insomma, non solo la Rdt si deve arrangiare da sola, ma lo deve anche fare con molta cautela, perché la sua natura nazionale non è poi così certa ed evidente.

Quello che invece è evidente, d’altra parte, è che almeno per il momento – e prevedibilmente anche nel prossimo futuro – per Mosca risulta intollerabile l’ipotesi di uno sfasciarsi della Rdt come entità statale autonoma, un puro e semplice «travaso» nella Germania occidentale. E questo, oggi, sarebbe il significato di un processo riformista nella Rdt che seguisse il modello ungherese o quello polacco (basati entrambi su una riscoperta dell’identità nazionale, riscoperta ovviamente senza senso nella Rdt). Questo, almeno, in assenza di un processo parallelo e più ampio di trasformazione in senso neutralista dell’intera entità statale tedesca.

Il guaio è che quest’ultimo è un processo appena accennato, dai tempi presumibilmente lunghi: sulla sua accelerazione Gorbaciov dovrà necessariamente puntare, se non vuole che i tempi rapidi della crisi di Berlino est lo rendano impossibile. Ma dovrà lavorare a occidente, non a oriente del Muro.

UNA POLONIA non più socialista è un colpo duro per Gorbaciov – in quanto capo di un paese che per quarant’anni è vissuto al riparo di un bastione di paesi fratelli; ma è sopportabile, perché una simile Polonia può (e oggi deve) restare un paese amico. Una Germania est evaporata e di fatto inglobata in uno stato tedesco «occidentale militante» sarebbe invece una disfatta, un ritorno di fantasmi del passato di cui oggi nessun leader sovietico può permettersi di portare il peso.

(Archivio del manifesto, 6 ottobre 1989)

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