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6 gennaio, inchiesta criminale: Trump adesso è nel mirino

6 gennaio, inchiesta criminale: Trump adesso è nel mirino

America oggi Il Washington Post rivela che il dipartimento di Giustizia ha aperto un fascicolo sul ruolo dell’ex presidente nel tentativo di colpo di stato

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 28 luglio 2022

Il dipartimento di Giustizia ha aperto un’indagine penale sulla condotta di Trump durante l’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021: è la prima volta che l’inchiesta riguarda direttamente la condotta dell’ex presidente. A rivelarlo è stato il Washington Post, e non è ancora chiaro se sia stato aperto formalmente un fascicolo d’inchiesta, ma i segnali vanno in quella direzione.

GLI INQUIRENTI hanno sequestrato i tabulati telefonici dei più stretti consiglieri di Trump e stanno esaminando le sue conversazioni; alcuni testimoni stanno già rispondendo alle domande degli investigatori davanti a un gran giurì che cerca di far luce sulle conversazioni avvenute tra dicembre 2020 e gennaio 2021. Non solo quelle di Trump, ma anche dei suoi avvocati e di altri collaboratori nella sua cerchia ristretta. Fra questi al momento i più importanti sono 2 assistenti di primo piano dell’allora vicepresidente Mike Pence: il suo ex capo dello staff Marc Short e l’avvocato Greg Jacob. In particolare, le domande si sarebbero concentrate sulla campagna di pressione su Pence per ribaltare il risultato delle elezioni e sulle istruzioni date da Trump ai suoi avvocati e consiglieri per introdurre dei falsi elettori in alcuni degli stati vinti da Biden.

MOLTI ELEMENTI dell’immensa indagine penale sul 6 gennaio sono segreti, ma nelle ultime settimane il ritmo del lavoro è aumentato, ed è stata emessa una nuova serie di mandati di comparizione, perquisizione e interrogatori.
Questa è la prima volta che l’inchiesta arriva direttamente a Trump, nonostante la sinistra americana lo chiedesse da tempo, domandando di cos’altro avesse bisogno il dipartimento di Giustizia per fare partire un’indagine penale. Ma pochi giorni fa una dichiarazione del procuratore generale Merrick Garland aveva fatto rizzare le orecchie a chi da mesi aspettava un segnale di quel tipo. Incalzato dalle domande aveva risposto che il dipartimento non si esprime su indagini in corso, ed aveva aggiunto con un tono di voce insolitamente enfatico: «Nessuno è al di sopra della legge in questo Paese. Non posso dirlo più chiaramente di così. Non c’è nulla nei principi dell’azione penale che ci impedisca di indagare su chiunque sia penalmente responsabile di un tentativo di annullare un’elezione democratica».

IN REALTÀ il dipartimento di Giustizia si muoveva nella direzione auspicata da aprile: prima ancora che la Commissione della Camera convocasse la sua serie di udienze pubbliche, gli investigatori avevano già ricevuto i tabulati telefonici di funzionari e assistenti chiave della Casa bianca di Trump.
Le audizioni della Commissione, poi, hanno alzato il livello di attenzione dell’opinione pubblica, in special modo con le 3 dirette tv trasmesse in prima serata e che hanno incollato gli Usa agli schermi mentre, attraverso le testimonianze, si disegnava un quadro sempre più dettagliato degli avvenimenti del 6 gennaio. L’immobilità di Trump che dopo aver fomentato la sua base guardava lo svolgersi delle violenze in tv nonostante chiunque vicino a lui, anche i più fedeli , gli chiedesse di intervenire; le dichiarazioni sprezzanti sul pericolo di vita in cui aveva messo Pence incolpato di non essere intervenuto per riparare all’immaginaria frode elettorale; la lotta anche fisica con gli agenti dei servizi segreti che gli impedivano di andare al Campidoglio per mettersi a capo della rivolta.
Trump ha già espresso la determinazione di candidarsi alle elezioni del 2024, ma ora l’indagine del dipartimento di Giustizia potrebbe creare qualche ostacolo.

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