Volkswagen choc: 30 mila licenziamenti e vende ai cinesi
Crisi dell'Auto Si tratta del doppio di quanto dichiarato dai manager Intanto la fabbrica Audi in Belgio viene ceduta a Nio. Chiusa anche la partnership a Nanchino I sindacati: vanno cacciati i vertici
Crisi dell'Auto Si tratta del doppio di quanto dichiarato dai manager Intanto la fabbrica Audi in Belgio viene ceduta a Nio. Chiusa anche la partnership a Nanchino I sindacati: vanno cacciati i vertici
Peggio di qualunque previsione e ben oltre le cifre finora annunciate dai manager di Wolfsburg. Deflagra del tutto la crisi del Gruppo Volkswagen che non si limita ai problemi di «ristrutturazione» delle fabbriche ma si rivela come un colossale bubbone economico-sociale pronto a esplodere nei prossimi mesi.
Sul tavolo del primo costruttore europeo di auto il piano «a medio termine» per licenziare fino a 30 mila operai: praticamente oltre un quarto dell’attuale «esubero» dichiarato da Vw pari a 130 mila dipendenti ed esattamente il doppio di quanto dichiarato pochi giorni fa. A rivelarlo ieri lo scioccante scoop di Manager Magazine ripreso da tutti i media nazionali, in grado di rivelare per la prima volta «la vera dimensione dei problemi di Volkswagen».
LA VERITÀ, CON BUONA PACE degli annunci ufficiali, è che «la crisi di Vw non si limita alla ristrutturazione degli stabilimenti, alla revisione della sicurezza sul lavoro e del contratto collettivo: il Gruppo vuole risparmiare miliardi in investimenti azzerando lo sviluppo. Per questo verranno tagliati decine di migliaia di posti di lavoro».
Per i tedeschi è un incubo superiore a ogni immaginazione; finora il direttore finanziario di Vw Arno Antlitz (dal 2018 nel Cda del gruppo) aveva ammesso come fosse a rischio l’equivalente della produzione di due fabbriche a causa del drammatico calo di vendite innescato soprattutto – ma non solo – dal crollo della domanda di veicoli elettrici.
CONTI ALLA MANO, per far quadrare il cerchio economico di Volkswagen «manca la vendita di circa mezzo milione di auto, corrispondente a due interi stabilimenti» calcola a denti stretti Antlitz, il più navigato tra i dirigenti Vw dato che entrò nel Gruppo come responsabile della pianificazione e della produzione già nel 2009.
«Il mercato semplicemente non c’è più» è la sentenza che precede il conteggio del gap finanziario per il colosso di Wolfsburg: 5 miliardi di euro.
SUL PIEDE DI GUERRA il sindacato, pronto a respingere al mittente l’ennesimo piano “lacrime e sangue” nel tavolo di trattativa con i vertici Vw anticipato a mercoledì prossimo, un mese prima del previsto. «Il Gruppo deve mantenere tutti gli stabilimenti e firmare il nuovo accordo sulla sicurezza sul lavoro» resta la posizione inflessibile di Ig Metall, mentre parte l’invito ai lavoratori a «manifestare pubblicamente il dissenso» nei prossimi giorni. «L’amministratore delegato Oliver Blume e il direttore Thomas Schaefer sono attualmente impegnati a scolpire le lapidi per le diverse fabbriche» riassume il sindacato.
In Germania gli stabilimenti a rischio sono cinque, tuttavia la scure dei manager di Wolfsburg si abbatterà anche fuori dai confini. Sempre di ieri è la seconda inquietante rivelazione sui piani di Volkswagen: dal corposo programma di tagli emerge la fabbrica Audi in Belgio, finora destinata alla produzione delle auto elettriche di alta gamma del marchio tra cui l’ammiraglia Suv Q8 e-tron.
Il fermo è stato anticipato al 2025, mentre il quotidiano finanziario belga De Tijd ipotizza che a breve lo stabilimento-gioiello del Gruppo Vw potrebbe finire nelle mani del costruttore cinese Nio.
UN’OCCASIONE per Volkswagen di liberarsi alla svelta del fardello del sito (lavoratori compresi) e un affare d’oro per i cinesi che finora hanno venduto in Europa appena 20 mila veicoli e in questo modo non pagherebbero più i dazi Ue (pari al 20,8%) per l’importazione di mezzi elettrici. L’offerta ufficiale di Nio per rilevare lo stabilimento belga di Audi potrebbe arrivare già il prossimo lunedì.
DI FATTO È LA FINE DI UN’EPOCA industriale: dentro i cinesi in Europa e fuori i tedeschi dalla Cina, il più grande mercato automobilistico del mondo. Lontano da Wolfsburg, Volkswagen da ieri considera la chiusura definitiva della sua fabbrica a Nanchino gestita in partnership con il colosso cinese Saic Motor.
Eppure «Volkswagen non soffre certo a causa delle sedi e dei lavoratori tedeschi. Il vero problema è il Consiglio di amministrazione: non fa il proprio lavoro» ribadisce Daniela Cavallo, alla guida del Consiglio di fabbrica e simbolo della resistenza del sindacato contro i tagli. Il suo piano di rilancio in cinque punti è diametralmente opposto a quello dei manager. Parte dalla leadership tecnologica con la necessità di fabbricare prodotti di largo successo «come la Golf» e finisce con la sicurezza sul lavoro come obiettivo da perseguire al pari della produzione. Passando per gli «investimenti coraggiosi» e processi decisionali più rapidi («ora è un caos completo», rivela Cavallo). Senza contare il fattore fiducia: «Le promesse dei vertici non valgono più nulla». Eccetto quando preannunciano valanghe di licenziamenti.
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