Virus e malattie, i protagonisti della Storia
Saggi Il nuovo libro di Jonathan Kennedy edito da Bompiani affronta il ruolo cruciale delle epidemie nella storia dell'uomo
Saggi Il nuovo libro di Jonathan Kennedy edito da Bompiani affronta il ruolo cruciale delle epidemie nella storia dell'uomo
La casa editrice Bompiani ha pubblicato in traduzione italiana un saggio interessante intitolato Pathogenesis. Come i germi hanno fatto la storia del mondo (traduzione di Jadel Andreetto, pagine 327, euro 25,00), scritto Jonathan Kennedy, che insegna Politica e salute globale all’Università Queen Mary di Londra. L’assunto di fondo del saggio è che le malattie infettive come la peste, il colera, la malaria e il vaiolo hanno segnato la storia dell’umanità condizionando in maniera determinante l’esito di politiche di conquista ed espansionistiche rispetto alle popolazioni endogene, in rapporto allo stato o meno di immunizzazione da parte di queste ultime nei confronti dell’agente patogeno portato dai conquistatori.
DALLA PIÙ REMOTA ANTICHITÀ, le civiltà hanno dovuto affrontare varie ondate epidemiche. Accompagnando le carestie e le guerre, queste malattie contagiose hanno imperversato una dopo l’altra, apparendo e scomparendo con il trascorrere dei secoli. In seguito a queste epidemie, gli individui che sopravvivevano erano immunizzati. Questa capacità specifica del sistema immunitario fu descritta per la prima volta dallo storico greco Tucidide nel 430 a.C., nel racconto della «peste di Atene» – probabilmente un’epidemia di vaiolo o un virus influenzale altamente mortale che colpì la città. Il primo a ipotizzare la presenza di germi che potessero causare malattie moltiplicandosi nell’organismo e trasmettersi tramite il contatto fu Fracastoro Da Verona (1478-1553), lettore di logica a Padova, che suggerì che la sifilide fosse una malattia contagiosa.
La straordinaria incidenza storica delle epidemie caratterizza l’alba della modernità, in particolare con la conquista europea del continente americano, agevolata proprio dal contagio virale dilagante tra gli indigeni del Nuovo Mondo. I modelli dell’evoluzione della virulenza delle malattie infettive, supportati da dati genetici ed ecologici e da modelli matematici, dimostrano che essa può mantenersi stabile lungo i secoli, evolvendo verso una forma più acuta e mortale per l’ospite, oppure può verso una forma neutra, che permette a parassita e ospite di coesistere senza particolari danni per quest’ultimo. Basti pensare al vaiolo, che ha avuto un periodo di recrudescenza nel corso del XVIII secolo, o alla peste che, nel corso delle successive ondate che hanno falcidiato l’Europa fra metà del 1300 e metà del 1600, è stata caratterizzata da un’altissima mortalità, fino a colpire a morte un terzo delle popolazioni infettate.
La prima iniezione di vaccino da parte di Jenner costituisce una tappa importante nella affermazione del paradigma immunitario in quanto apre alla possibilità di proteggere la comunità nel suo insieme, prefigurando il concetto di «immunità comune o di gregge». Secondo i dati più recenti forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità, l’introduzione delle vaccinazioni ha portato al dimezzamento dei decessi imputabili alle più note malattie prevenibili da vaccino, consentendo di evitare ogni anno tra i 2 ed i 3 milioni di decessi.
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