I linguaggi del corpo e della danza come forma democratica di conoscenza e costruzione collettiva del presente. Ma anche la danza come «laboratorio della vita» nella tessitura di creazioni per la scena teatrale o site specific. Questi alcuni temi della visione di Virgilio Sieni, direttore del Centro Nazionale di Produzione della Danza con sede a Cango, Cantieri Goldonetta di Firenze, diventato da pochi mesi un Crid, Centro di Rilevante Interesse nell’ambito della danza. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente in Sicilia dove venerdì prossimo presenterà Satiri nella prima edizione del Segesta Teatro Festival, un mese di teatro, danza, musica, istallazioni, incontri fino al 2 settembre.

«Satiri» a Segesta: come sarà l’allestimento per il Teatro Antico?

Satiri ha debuttato a Civitanova Danza in luglio per un teatro al chiuso con un grande pannello incavo sospeso in alto che riflette la luce sui danzatori. L’adattamento per Segesta gioca sullo straordinario spazio aperto dell’anfiteatro. Si potranno guardare i corpi dall’alto, una prospettiva che amo, e che a Segesta, alzando gli occhi sul paesaggio, porterà il lavoro in una dimensione cosmica che mi intriga moltissimo.

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Nelle note dello spettacolo, sulla scorta di Nietzsche e di Giorgio Colli, il satiro è presentato come colui che getta lo sguardo nell’abisso dicendo «sì» alla vita. Ma si rimanda anche a una curiosa «danza per dermatoglifi», i solchi delle impronte digitali. Impossibile non pensare poi al «Satiro danzante» di Mazara del Vallo. Come si uniscono questi elementi?

Una foto del laboratorio a Palazzo Abatellis, Palermo

I dermatoglifi ci riportano alla natura fondativa dell’essere umano. Nel mio concetto di danza è determinante prestare attenzione a quella che è la nostra impronta, non solo l’impronta che lasciamo sulla materia, gli oggetti, ma l’impronta che tracciamo nell’aria, qualcosa che ci mantiene vigili verso ciò che sta fuori di noi. Esercitandosi in questo gioco del tocco dell’aria, il corpo si appropria di spirali, di avviluppamenti, lavora per circonferenze, dialogando con la gravità, il suolo, l’elemento ancestrale. Nel Satiro di Mazara del Vallo questo avviluppamento è simbolicamente fortissimo. È una statua bronzea mancante di tante parti e tuttavia è proprio questa mancanza che ci fa intuire il concetto di bellezza. Sentiamo nel Satiro quella necessità di essere legato alla vita da un punto di vista sorgivo di cui parlano Nietzsche e Colli, di sorridere alla vita attraverso un gesto di danza, un gesto estatico, non esclusivamente dionisiaco, soprattutto un gesto di sospensione.

Sempre in Sicilia, a Palermo, dal 5 al 12 settembre tra Palazzo Abatellis e l’Oratorio dei Bianchi, ci sarà una nuova tappa de «I Territori del Gesto», fecondo progetto sulla rigenerazione dei luoghi che coinvolge da anni gruppi di cittadini.

A Palazzo Abatellis lavorerò sul Trionfo della morte con una trentina di cittadini. Il progetto è pensato come un’officina artistica che avrà una seconda tappa a febbraio. Ho sempre amato Aby Warburg e la dimensione dei Pathosformels. Affrontare un’opera d’arte è ricevere un dono. Ci troveremo all’Oratorio dei Bianchi, dove c’è un bellissimo cenacolo. Mi farò portare trabattelli e tavoli per lavorare con i cittadini in altezza in relazione con il grande affresco in verticale del Trionfo della Morte. Andremo spesso a visitare il Trionfo a Palazzo Abatellis, che sta a 100 metri, già mi immagino questa carovana di persone tra le vie della Kalsa creare un dialogo tra i due spazi. Il 9, all’Abatellis, ci sarà una mia performance site specific, un assolo di gesti che incontrano l’opera ricercandone il respiro, seguito da una lezione sul Gesto, aperta a tutti i cittadini. Il 12, all’Oratorio dei Bianchi, Notturno, un’altra performance site specific con i partecipanti al laboratorio a partire dalle figure, le forme, le posture, i gesti degli interpreti dell’affresco: un’azione coreografica che costruirà legami e incontri nella comunità. Il lavoro sui territori e sui luoghi, che si tratti di uno spazio aperto, di un fiume, di un campo, o di un museo, è fondato innanzitutto su questo: creare delle piccole comunità che si conoscono meglio studiando insieme delle articolazioni gestuali per riportare il gesto al suo valore poetico. Sono progetti iniziati nel 2005, tutti gli anni ne affronto almeno una quindicina. Spesso il nostro lavoro si intreccia con quello di botanici, urbanisti, agronomi, neuroscienziati, studiosi dell’arte, alcuni territori vengono presi a modello e partono delle azioni di cura per rigenerare l’ambiente attraverso la pratica artistica.

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Qualche esempio di rigenerazione dell’ambiente?

La situazione oggi è abbastanza allarmante, nel momento in cui un governatore parla di rigenerazione urbana attraverso la ricostruzione di quartieri. Ancora cemento… Nei laboratori all’aperto con i cittadini, stare intorno a un albero per una settimana crea nelle persone un atteggiamento di cura, un lavoro sul «micro» in cui l’individuo comprende come il suolo, le piante, gli animali siano ciò che ci procura la vita. Il lavoro, certamente, deve poi passare ad azioni politiche: ultimamente abbiamo ottenuto un progetto quinquennale in uno spazio verde che era destinato a un parcheggio. Quando ho partecipato al bando per la Palazzina Indiano Arte nel Parco delle Cascine ero in concorso con nove ristoratori: abbiamo vinto noi ed ora è uno spazio per residenze, esposizioni, incontri. Un centro culturale per la comunità.

Quest’anno il Centro che lei dirige a Firenze è diventato un Crid, Centro di Rilevante Interesse nell’ambito della danza, a partire dalla consistente attività svolta in Toscana. Quale a suo avviso la funzione di un Crid in Italia?

I Crid (per ora sono solo due, oltre al Centro di Sieni, quello di Roberto Zappalà in Sicilia ndr.) devono funzionare come un servizio su un territorio diffuso, con azioni, ospitalità e produzioni. Assumendo la funzione di supporto a quelle realtà regionali con cui dare spazio a una collaborazione tra artisti, i Crid, se in futuro prendessero campo in altre Regioni, potrebbero creare delle reti di relazioni tra i territori. Non esistendo in Italia teatri preposti alla danza, se non legati ai festival, i Crid potrebbero dare un diverso respiro alla geografia degli attuali circuiti con una continuità annuale di ospitalità e produzioni. Quando parlo di Regione faccio riferimento anche alla creazione di sistemi economici che non dipendono solo dai finanziamenti statali del Ministero. Bisogna creare un dialogo di fiducia con le Fondazioni del posto, come per noi è accaduto a Sansepolcro, Grosseto, o l’anno scorso per il bando artistico Abitante sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, un grande risultato. Tra i progetti in corso stiamo anche curando, sempre a Firenze, un progetto pilota sulle palestre per creare cicli permanenti di formazione nella scuola primaria e secondaria. Pensare che in Uganda è stato deciso di inserire l’insegnamento della danza nelle scuole primarie! Abbiamo sostenuto la costruzione di un’aula danza in un loro villaggio: ne sono entusiasta.