Vicenza, sfida alla destra nella roccaforte espugnabile
L’anno scorso la conquista di Verona segnò un effimero successo per il Pd di Enrico Letta, che uscì assai tonificato dalla tornata di elezioni nelle città. Quest’anno, con Meloni a palazzo Chigi, i riflettori si accendono su Vicenza, distante 40 chilometri, pure governata dal centrodestra ma assai meno inespugnabile come roccaforte. Qui il sindaco uscente Francesco Rucco, ex An, ore civico vicino alla Lega, pare un po’ in disgrazia, tanto che la premier – che pure ha voluto sostenere i suoi candidati a Brescia e Ancona – ha evitato di venire a sostenerlo, inviando alla chiusura di ieri il fido Donzelli. In cinque anni la sua giunta è andata in pezzi: due assessori si candidano a sindaco contro di lui, l’ex vicesindaco Matteo Tosetto (Forza Italia) ora si è intruppato nel centrosinistra.
HA MOLLATO la squadra nell’estate del 2022, quando la destra fece cadere il governo di Mario Draghi, per protesta. Rappresenta uno di quei settori moderati del centrodestra che spinsero Enrico Letta a vedere nel Veneto produttivo (l’ex segretario si candidò nel proporzionale proprio a Vicenza) una terra pronta a ribellarsi ai sovranisti nel nome dell’efficienza di Draghi: non è andata così.
A sfidare il sindaco c’è un ragazzo del 1990, Giacomo Possamai, pupillo proprio di Letta che nel 2013 lo volle ventenne nella sua squadra di palazzo Chigi. Laureato in legge, già nel 2018 si era candidato alle primarie per il sindaco di Vicenza, dal 2020 è capogruppo del Pd in consiglio regionale del Veneto con 11mila preferenze. Di lui si dice che abbia rifiutato un seggio alla Camera per correre come sindaco della sua città.
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Toscana, Ancona, Vicenza, Brescia. Sfida Meloni-SchleinUna sfida tosta, ma non impossibile se riuscirà a portare Rucco al ballottaggio, dove la destra si è spesso rivelata perdente. Come a Verona, e a Udine poche settimane fa. Anche Possamai, come il veronese Tommasi, non ha voluto leader nazionali a sostenerlo. E così mentre Schlein sta girando tutta Italia per tirare la volata ai candidati, riempiendo i teatri, lui ha voluto solo sindaci, come Giorgio Gori di Bergamo, Nardella, Beppe Sala e, appunto, Tommasi. Modello Verona o Udine? «Andrebbero benissimo entrambe», sorride il candidato del Pd. «Il punto è che Vicenza si è molto ingrigita e incupita in questi ultimi anni, non ha una visione di quello che vuole diventare e c’è stata una fortissima perdita di socialità».
Lui si propone di farla ripartire, l’anagrafe è dalla sua parte e le idee piuttosto chiare, da secchione “Letta style”: «Tra poco inizieranno i lavori della Tav che dureranno 10 anni, la ferrovia attraversa la città, ci sarà un forte impatto ma la giunta attuale non ha preparato i cittadini», spiega. «Noi vogliamo ridurre gli abbattimenti e mitigare l’impatto dell’opera sui quartieri». E ancora, su un tema molto attuale: «Ci sono 300 case popolari vuote e lunghe liste di attesa, vogliamo restaurarle e rimetterle a disposizione».
IL PARAGONE CON TOMMASI si ferma su un dettaglio non banale: il veronese è un civico puro, il vicentino un esponente di punta del Pd Veneto, sostenuto anche da cinque liste civiche dove sono confluiti sinistra e verdi, l’ex terzo polo e anche esponenti del centrodestra che hanno seguito Tosetto. Così da costruire un campo larghissimo, da cui resta fuori solo il M5S che ha candidato l’avvocato Edoardo Bortolotto.
E la sinistra di Unione popolare, Rifondazione e Pci che, sotto la sigla «La Comune», candida l’unica donna in lizza, Annarita Simone, operaia, sindacalista Usb, licenziata da una azienda di logistica della zona.
PERCHÉ VI SIETE PRESI l’ex vicesindaco di Fi? «Era un assessore al sociale molto apprezzato dalle associazioni e anche da sinistra», spiega Giovanni Diamanti, sociologo e figlio di Ilvo, tra i fondatori di Quorum con Lorenzo Pregliasco, già consulente di Tommasi e ora stratega della campagna vicentina per l’amico Giacomo. C’è lui dietro a questa campagna dai toni soft, che prevede per oggi una chiusura in solitaria in piazza delle Erbe: «I big nazionali li lasciamo a Rucco, non è un bel segnale per un sindaco uscente aver bisogno di supporter che non conoscono la città». L’obiettivo è «arrivare al ballottaggio», tanto odiato da Lega e Fdi che vorrebbero abolirlo per legge. «Lì si apre un’altra partita e possiamo farcela», dice Possamai.
«LA CAMPAGNA è andata bene, la città ha partecipato, ai nostri eventi è arrivata più gente di quanto sperassimo», rincara Diamanti. Alle politiche di settembre Fdi era primo partito in città con il 24,9%, seguito dal Pd al 21,3%, con il terzo polo al 12% e il M5S al 7%. Numeri molto aperti. Non è un caso che Meloni in città non abbia messo piede.
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