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Vera Lombardi, la resistenza continua

Vera Lombardi, la resistenza continuaVera Lombardi all’Ilva-Italsider di Bagnoli (Istituto per la Storia della Resistenza – Archivio Vera Lombardi)

Dall'antifascismo all'attività politica Dopo la guerra militò nelle complesse fasi della sinistra e recitò nel ruolo di Maria Bakunin per Mario Martone

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 11 gennaio 2020

«Il fatto è che la Resistenza non è finita, che la lotta di liberazione non si è conclusa con l’abbattimento del regime fascista. Non si è ancora attuata quella società nuova, più giusta e più a misura d’uomo, per la quale i partigiani hanno combattuto e sono morti. Non possiamo ancora deporre le armi». È un breve ma incisivo e lungimirante frammento de «La memoria più lunga», un’intervista di Vera Maone (fotografa e giornalista) a Vera Lombardi (Napoli 11 aprile 1904 – 26 ottobre 1995), pubblicata nel fascicolo ‘Ricordate quel 25 aprile?’, allegato a il manifesto nel 1995, anno in cui ricorreva il cinquantenario della Liberazione dal regime nazi-fascista. Dieci inserti per raccontare la lunga storia dimenticata della guerra e della Resistenza antifascista dal 1936 al 1945; un’iniziativa atta a tenere viva la memoria per le future generazioni. Detto ciò, appare evidente che la testimonianza/pensiero della Lombardi, simbolo attivo e coerente della Sinistra, risulti essere attuale, visti i tempi che stiamo vivendo, dove razzismo, fascismo, sovranismo imperversano nel nostro Paese e in Europa.

Una famiglia militante
Vera Lombardi, «pasionaria» e figura-cardine della vita politica e culturale di Napoli e dell’Italia, nasce in una famiglia di forti tradizioni socialiste. Il padre, Giovanni, noto avvocato antifascista fu eletto nel 1919 nelle liste del PSI nel collegio di Trani-Corato, in Puglia. Nel 1944 fu proposto sindaco di Napoli, ma gli alleati posero il veto perché dirigente del PSIUP. Fu poi nominato presidente del Comitato di Liberazione Nazionale di Napoli e membro dell’Assemblea Costituente dove, quattro giorni prima di morire, si batté a difesa della scuola pubblica e contro il finanziamento dello Stato alla scuola privata. A causa dell’attività politica svolta, fu arrestato nel 1921 in Puglia, nel clima di repressione e violenza scatenato dai fasci di combattimento contro contadini e operai in lotta. La madre, Rosa Pignatari, collaborava a L’Avanti e fece parte dell’équipe di traduttori che curò, per le edizioni de L’Avanti, la pubblicazione di tutte le opere di Karl Marx e Friedrich Engels. Il fratello, Franco, era nel Comitato Centrale del PSI e aveva preparato un progetto di riforma della scuola che a tutt’oggi sarebbe attualissimo. In tale ambiente, dunque, si forma culturalmente e politicamente Vera Lombardi; una scelta vissuta sempre con determinazione, con profonda convinzione e coerenza. È fermamente convinta che la politica è il cardine basilare di una società. Politica non intesa e vissuta come ostinata sfida per il raggiungimento e la gestione di spazi di potere, bensì come visione del mondo su cui si erige e si struttura l’intera esistenza: cultura, lavoro e rapporti sociali. Dopo essersi laureata in Storia e Filosofia con il massimo dei voti e la pubblicazione della tesi, nel 1932 vince il concorso a cattedra e insegna filosofia e pedagogia negli Istituti magistrali di Salerno e Napoli.

Vietato alle donne
Vigeva il divieto fascista di accesso alle donne ai licei, poiché si riteneva che non fossero in grado di formare la coscienza nazionale. Dal 1946 al 1968 insegnerà storia e filosofia al liceo «Umberto» di Napoli. In seguito diventerà ispettrice ministeriale. Contemporaneamente sia agli studi universitari sia all’insegnamento, partecipa agli incontri clandestini di antifascisti napoletani. I luoghi deputati erano case private, come casa Croce, a palazzo Filomarino, o casa Del Valle, oppure le librerie Guida di Piazza dei Martiri e Detken di Piazza del Plebiscito. Si riunivano molti intellettuali: discutevano animatamente e si scambiavano libri e materiali clandestini, in particolar modo quelli sulla situazione italiana e internazionale, sulla guerra di Spagna e sulla Russia. Dopo la guerra s’iscrive al PSIUP ma Vera, si sa, «stava un passo avanti» e, come ella stessa spiega con una punta d’orgoglio, «non inquadrata nelle posizioni della maggioranza ma in gruppo formato da altri giovani come lei, critici verso il carattere burocratico dell’URSS». Il gruppo si chiama «Iniziativa Socialista» e ne fanno parte Gaetano Arfè, Lucio Libertini, Giuliano Vassalli.

Nel 1947, dopo la scissione di Palazzo Barberini, su iniziativa di Giuseppe Saragat nasce il Partito socialista dei Lavoratori italiani (PSLI), divenuto poi il Partito socialdemocratico italiano (PSDI). Vera aderisce insieme ai compagni di ‘Iniziativa Socialista’ al nuovo soggetto politico, ma lo lascerà senza indugio, seppur amareggiata, all’indomani del famoso viaggio di Saragat in America che avrebbe segnato l’inizio della decadimento del partito.

Dollari
Da quel momento le direttive del partito vengono imposte esplicitamente da Washington e di conseguenza nelle casse del PSDI iniziano ad affluire i dollari. L’esperienza politica da lei rammentata con maggiore veemenza è l’adesione all’Unione Socialista Indipendente (USI), fondata nel 1953 insieme a due fuoriusciti dal PCI, Aldo Cucchi e Valdo Magnani, con i quali contribuisce alla battaglia politica per far decadere la «legge truffa» voluta dalla DC. Nonostante ciò, non è e non sarà mai anticomunista. Per lei il PCI rappresenta le istanze delle classi lavoratrici; è il primo partito a organizzare la lotta antifascista a Napoli mediante iniziative coordinate dalle cellule operaie clandestine interne alle fabbriche, volantinaggio dal ponte della Sanità, dal ponte di Chiaia, messaggi antifascisti incollati su portoni, tram e in luoghi pubblici.

Anni Sessanta
Alla fine degli anni Sessanta è attenta osservatrice dell’intensa stagione di lotte operaie e studentesche e riesce a stabilire, sulla base del proprio prestigio intellettuale e politico, un dialogo proficuo con le nuove generazioni. Partecipa poi all’esperienza di Democrazia Proletaria e nel 1987 è eletta consigliere comunale. Confluisce in Rifondazione Comunista, nelle cui fila viene rieletta alla Sala dei Baroni. Tra le pochissime figure di elevato livello culturale presenti in Consiglio, combatte la logica affaristica e clientelare egemone in quella stagione politica dell’amministrazione partenopea. Ella ha legato la propria vita a momenti e segmenti importanti della storia civile e sociale napoletana.

Nel 1964 fonda con Mario Palermo, Clemente Maglietta e Pasquale Schiano l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza (dal 1996 a lei intitolato) di cui è direttrice dal 1970 al 1977 e poi presidente. Negli anni Settanta partecipa anche ad altre esperienze: ‘Mensa dei bambini proletari’, ‘Associazione per il risveglio di Napoli’ insieme a Fabrizia Ramondino, per menzionarne solamente alcune, riservando a tali forme di associazionismo il medesimo impegno posto negli anni di politica attiva nell’area del socialismo libertario.

La sua attività politico-culturale si configura come il percorso di una «socialista eretica» che ha dedicato tutta l’esistenza alla lotta per l’emancipazione delle masse lavoratrici, e che ha coniugato gli ideali di libertà e giustizia sociale per poter contrastare l’ideologia neoliberista e denunciare le vecchie e nuove forme di esclusione e sfruttamento generate da una società individualista e capitalista.

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