Internazionale

Venticinque anni libero

La manifestazione per Abdullah Ocalan nel febbraio 2023 a Roma foto Getty Images/Andrea RonchiniLa manifestazione per Abdullah Ocalan nel febbraio 2023 a Roma – Getty Images /Andrea Ronchini

Medio Oriente Il 15 febbraio del 1999 il fondatore del Pkk, Abdullah Ocalan, veniva catturato a Nairobi. Ma l’isolamento nel carcere turco di Imrali non è bastato: dalla cella ha lanciato una rivoluzione. Dalla teoria alla pratica nella Siria del nord-est, sotto i raid continui dello Stato turco

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 15 febbraio 2024

Il suo nome è molto noto in Turchia, ma resta in buona parte un mistero per il resto del mondo. È un eroe per tanti curdi e un criminale per la maggioranza dei turchi. Per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è il «nemico numero 1».

Si chiama Abdullah Öcalan, fondatore e presidente del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk), formazione politica nata sul finire degli anni ’70.

Solo evocare questa figura provoca paura in buona parte della Turchia: non la fa il presidente eletto, ormai famoso per l’efferatezza dei crimini commessi contro le minoranze, ma Öcalan come leader di un movimento che predica una vera e propria rivoluzione politica e intellettuale.

L’OPERATO del partito, e in primis di Öcalan stesso, in esilio dalla “sua” Turchia, lo fecero finire al centro di quello che la comunità curda chiama il «complotto internazionale», ovvero una serie di fatti concatenati che portarono al suo arresto.

Era il 15 febbraio 1999 quando un “cartello” di servizi segreti internazionali capeggiati dal Mit turco riuscì ad arrestare Öcalan a Nairobi, in Kenya, sperando così di mettere una pietra tombale sulla «questione curda» che dalla fondazione della Repubblica di Turchia rimane uno dei temi di maggior polarizzazione nella scena politica nazionale.

Erano trascorsi poco più di vent’anni dalla fondazione del Pkk, quindici da quando aveva abbracciato la lotta armata. Venticinque, invece, ne sono passati dall’inizio di un isolamento brutale: Abdullah Öcalan langue ancora in una prigione turca come unico detenuto, sorvegliato notte e giorno. Si trova al largo del Mar di Marmara, sull’isola di Imralı.

SE ÖCALAN non è stato giustiziato lo si deve solo all’abolizione della pena di morte in Turchia nel 2002, dovuta alle speranze di far entrare il paese nell’Unione europea. Da allora lo Stato turco ha continuato a uccidere gli oppositori, con omicidi mirati. Tra questi, quelli della co-fondatrice del Pkk Sakine Cansiz e di altre due attiviste – Fidan Dogan e Leyla Soylemez – avvenuti a Parigi nel gennaio 2013.

Per «il presidente Apo» – come lo chiama la sua gente – le autorità turche hanno sperato che una cella lo facesse dimenticare. Al suo isolamento Öcalan ha però opposto le stesse armi che usò Antonio Gramsci nel carcere del fascismo italiano: lo studio, la ricerca, la critica e l’autocritica.

Ali Cicek, dell’Accademia della modernità democratica, pone una riflessione su come quel 15 febbraio 1999 non sia da considerare l’inizio della fine, ma piuttosto «l’inizio di un altro inizio, di una trasformazione che genera frutti».

«NELLA CELLA di Imralı – continua Cicek – è nato il germe della teoria del pensiero rivoluzionario che ha aperto un capitolo completamente nuovo nella storia del Kurdistan».

Corteo per la libertà di Ocalan a Parigi foto Ap
Corteo per la libertà di Ocalan a Parigi, foto Ap /Christophe Ena

I testi di Öcalan non hanno solo aiutato il Pkk a superare gli errori commessi in un conflitto armato di lunga durata, ma hanno tracciato un disegno complessivo di società: una democrazia dal basso, una rivoluzione intersezionale, in cui la liberazione delle donne diventa il centro e il motore del processo di liberazione delle minoranze oppresse; un nuovo patriottismo in cui la difesa della propria terra e la propria cultura non diventa mai chiusura.

Öcalan ha scritto che «la più grande rivoluzione è quella della mente e ovunque ci saranno le mie idee ci sarò anch’io», e lo ha messo in pratica, continua a spiegare Ali Cicek: «Non è sbagliato dire che Öcalan si è gradualmente trasformato nella figura chiave per una soluzione pacifica della questione curda in Turchia, proponendo per il popolo curdo non l’indipendenza e la fondazione di un nuovo stato, ma la conquista di autonomie locali basate sulla democrazia diretta e la possibilità di superare i confini tra i diversi paesi».

HAVIN GÜNESER ha tradotto in inglese e curato la pubblicazione di diversi volumi di Abdullah Öcalan, permettendone la lettura nel mondo occidentale. È una delle portavoce dell’International initiative «Freedom for Abdullah Öcalan – Peace in Kurdistan» e spiega l’intenzione della campagna: evidenziare l’urgenza della lotta per la sua libertà.

Afferma come rompere l’isolamento di Imralı «significherebbe una spinta per i cambiamenti democratici e rivoluzionari che sono già stati portati avanti dalle persone – e soprattutto dalle donne – ispirate dalle idee formulate da Öcalan, compreso l’ormai famoso collegamento che ha fatto tra donna, vita e libertà».

Öcalan è oggi un leader per molti popoli del Medio Oriente, non solo curdi, che lottano per l’autodeterminazione. Lo ha fatto attraverso i suoi pensieri, i suoi concetti e infine la rivoluzione del Rojava, Kurdistan dell’ovest, nella Siria del nord-est. Ha lasciato la Siria come leader di partito ed è tornato sotto forma di pensiero, con la cosiddetta «terza via» come pioniere di una società libera, multietnica, multireligiosa e democratica.

GLI ANNI di Imralı – un quarto di secolo – sono di fatto la resistenza di Öcalan, che emerge come costruttore di pace, lo fa con candide parole sostenendo che «ciò che è costruito dalla mano umana può essere cambiato dalla mano umana».

Sotto le macerie sboccia già una speranza che deve essere alimentata: la solidarietà e la necessità di organizzarsi per costruire di nuovo la vita, una vita libera.

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Sabato 17 febbraio in piazza a Roma e Milano

Come ogni anno, i cortei per la liberazione di Abdullah Ocalan segnano l’anniversario del suo arresto, il 15 febbraio 1999. Appuntamento a Roma a Largo Corrado Ricci alle 14.30 e a Milano in Piazza Cairoli alle 15, sotto lo slogan «Libertà per Abdullah Öcalan, una soluzione politica per la questione curda», mentre prosegue senza sosta l’offensiva militare turca contro il Kurdistan, dal Bakur al Rojava al Bashur.

Le iniziative sono organizzate da ReteKurdistan Italia e Uiki (Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia) e aderiscono tante realtà sindacali, di partito, associative. Tra le altre Rifondazione comunista, Sinistra Italiana, Unione popolare, Arci, Anpi, Potere al Popolo, Un Ponte Per, Cobas, Cub, Rete Jin Italia, CSOA La Strada, Acrobax, Spin Time, Associazione Verso il Kurdistan, No Bavaglio, Associazione «per Lorenzo Orsetti, Orso, Tekoser», Lucha y Siesta e tante altre.

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