Intervista «scandalosa» e «imprecisa». Di più: «Amato dovrebbe chiedere scusa» e ancora: «Se ha delle novità le dica ai magistrati». Da destra fino al centro è tutto un fioccare di attacchi a Giuliano Amato per l’intervista rilasciata a «Repubblica» nella quale rilancia l’ipotesi che ad abbattere il Dc 9 Itavia fu un missile lanciato «per errore» da un aereo francese. Una possibilità della quale aveva già parlato nel 2008 l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga e da allora l’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Erminio Amelio ha cercato, tra rogatorie, acquisizione di atti, analisi di documenti e audizioni, di arrivare ad una verità su quanto accaduto la notte del 27 giugno 1980. Eppure, anziché utilizzare le parole di Amato per provare a fare passi in avanti nella ricerca della verità, si attacca l’ex presidente del consiglio, mentre colpisce il silenzio della sinistra.

Ieri, con una lettera al quotidiano «La Verità» è stato lo stesso Amato a chiarire ulteriormente il senso delle sue parole: «Io ho solo rimesso sul tavolo una ipotesi già fortemente ritenuta credibile, non perché avessi nuovi elementi, ma per sollecitare chi li ha a parlare, a dire la verità», ha spiegato.

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Ma non basta. «C’è una sentenza che conferma che è stata una bomba a causare la strage», dice ad esempio il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. «Su questa vicenda anche Amato dice una serie di cose sbagliate, sia contro l’Aeronautica italiana che sul conto di Craxi. E fa affermazioni in contrasto con le sentenze giudiziarie».

Dalla Cina, dove si trova in missione, prende le distanze anche il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani: «Non si può fare giustizia in base a un’intervista», dice. «Se Amato ha da dare nuove informazioni sulla vicenda vada dai magistrati e racconti quello che sa». Una linea condivisa anche da Francesco Paolo Sisto: «Non mi pare – afferma infatti il viceministro alla Giustizia – si possano pretendere le scuse da Macron senza che vi sia un addebito mosso in modo credibile anche dal punto di vista politico, sulla base di un’intervista di Amato piena di condizionali e ipotesi. Quello che si chiede a uno Stato straniero è un po’ troppo».

In molti ricordano come se non tutti, almeno una gran parte dei documenti relativi a quella strage siano stati desecretati. Ce ne sono altri, però, di cui non c’è più traccia perché scomparsi. E’ stato il Comitato consultivo sulle attività di versamento all’Archivio Centrale dello Stato a renderlo noto nella relazione annuale presentata a ottobre dello scorso anno, rilevando come dall’Archivio del ministero dei Trasporti risultano mancare i documenti relativi al periodo 1968-1980, gli anni delle stragi. «Bisogna sottolineare – ha scritto in quell’occasione la presidente dell’Associazione parenti vittime Strage di Ustica, Daria Bonfietti – che il periodo di cui si certifica la mancanza di documenti è proprio quello che comprende le Stragi più sanguinose: e i trasporti sono stati particolarmente colpiti, pensiamo agli attentati sui treni, alla stazione di Bologna fino a Ustica».

Critiche ad Amato arrivano anche da un’ex compagna di partito come Margherita Boniver che parla di intervista «scandalosa». «Innanzitutto perché sembra svegliarsi da un letargo durato oltre 40 anni – dice l’ex ministra per il turismo proprio nel governo presieduto da Amato -, e in secondo luogo perché riesce ad offendere la memoria di Bettino Craxi, il quale certamente aveva fatto avvisare Gheddafi delle intenzioni da parte americana di bombardare Tripoli, ma questo avvenne nel 1985 e non certamente durante l’episodio orribile della strage di Ustica».
«Amato – attacca invece il leader di Italia Viva Matteo Renzi – è stato presidente del Consiglio: ha il dovere di dire perché dice certe cose oggi e quando è stato interrogato nel 2001 quelle cose non le ricordava. Un caso di prodigiosa memoria al contrario». Sulla stessa linea, per una volta, il leader di Azione Carlo Calenda. «Se un ex presidente del Consiglio fa un’intervista e chiede le scuse al presidente francese per Ustica, dando per scontata una tesi smentita da una sentenza definitiva non può poi dire ‘hanno sbagliato il titolo’ e ‘non ho nuovi elementi’. Le scuse sarebbero decisamente più appropriate».