Quindici anni dopo le parole di Francesco Cossiga oggi è Giuliano Amato a puntare il dito contro la Francia indicandola come responsabile dell’abbattimento del Dc9 Itavia sui cieli di Ustica la sera del 27 giugno 1980. «Perché continuare a nascondere la verità?» si chiede l’ex presidente del consiglio in una lunga intervista rilasciata alla «Repubblica».

«È arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato – o meglio – un segreto di Stati. Potrebbe farlo il presidente francese Macron anche anagraficamente molto lontano da quella tragedia. E potrebbe farlo la Nato, che in tutti questi anni ha tenacemente occultato ciò che accadde nei cieli italiani».

Dal punto di vista delle inchieste condotte fino a oggi le affermazioni di Amato non aggiungono novità di rilievo, rappresentando di fatto la conferma di quando disse nel 2008 Cossiga, all’epoca della strage presidente del consiglio, quando affermò che il Dc9 fu abbattuto «per errore» da un missile francese (l’ipotesi del missile venne giudicata come la « più probabile» anche da Rino Formica, all’epoca ministro trasporti, il 17 dicembre del 1980 in un intervento in parlamento). Ma il messaggio che Amato manda è ugualmente importante: ora che la magistratura ha fatto tutto il possibile, la palla passa alla politica. E’ quindi al governo Meloni che l’ex presidente del consiglio sembra parlare.

Sulla ricostruzione di quanto accadde 43 anni fa Amato non ha dubbi: «La versione più credibile – afferma – è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario».
Le cose però andarono diversamente e il leader libico non lasciò il suo paese.

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«Gheddafi – prosegue Amato – fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig finì per colpire il Dc9 che si inabissò con dentro ottantuno innocenti. L’ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese partito da una portaerei al largo della costa meridionale della Corsica o dalla base militare di Solenzara, quella sera molto trafficata. La Francia su questo non ha mai fatto luce».

In effetti Parigi ha sempre sostenuto che l’attività della base di Solenzara si interrompeva sempre nelle prime ore del pomeriggio, circostanza smentita però da un ufficiale dei carabinieri, il generale Nicolò Bozzo, che per un breve periodo di vacanza aveva preso alloggio in un hotel nei pressi della base e che parlò di aerei che sollevavano in volo in continuazione durante la notte impedendogli di prendere sonno.

Amato ricorda di aver cominciato a interessarsi della strage di Ustica nel 1986, quando divenne sottosegretario alla presidenza del consiglio. «Cominciai – afferma – a ricevere a palazzo Chigi le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba esplosa dentro l’aeromobile. Era da poco crollata la menzogna del “cedimento strutturale” e bisognava sostituirla con la tesi altrettanto falsa del “cedimento interno a causa dell’ordigno”». Erano in atto i depistaggi. «Capivo – continua Amato – che c’era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna. C’era qualcosa di molti inquietante in tutto questo. Se tanti militari, tutti con incarichi ufficiali molto importanti dicevano la stessa cosa palesemente falsa dietro doveva esserci un segreto molto più grande di loro. Un segreto che riguardava la Nato».

Secondo l’ex presidente del consiglio ad avvertire Gheddafi del pericolo sarebbe stato Bettino Craxi. Circostanza, questa, smentita ieri dalla figli dell’ex segretario del Psi: che parlano di «imprecisioni storiche» nella ricostruzione di Amato. «È risaputo, infatti, – ha detto ieri Stefania Craxi – che il presidente del Consiglio Bettino Craxi fece avvisare Gheddafi del bombardamento che si preparava sul suo quartier generale di Tripoli nel 1986».

Infine la Francia. A presidente Macron Amato chiede di «togliere l’onta» che pesa sul suo Paese. «E può toglierla solo in due modi – dice -: o dimostrando che questa tesi è infondata, oppure , una volta verificata la sua fondatezza, porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo»