Urso riaccende l’Altoforno 1 senza Aia mentre c’è un altro picco di benzene a Taranto
Acciaio e Ambiente Il ministro con il commissario Quaranta: necessario per la decarbonizzazione. Dei tre potenziali player interessati a comprare l'acciaieria nessuna traccia
Acciaio e Ambiente Il ministro con il commissario Quaranta: necessario per la decarbonizzazione. Dei tre potenziali player interessati a comprare l'acciaieria nessuna traccia
Ritorna in funzione l’altoforno a carbone Afo1. «Stiamo tracciando la strada per fare di Taranto uno dei poli siderurgici più avanzati d’Europa, un modello di eccellenza in tecnologie green per la decarbonizzazione e la tutela ambientale. La riaccensione di Afo1 era assolutamente necessaria, mi stupisco che qualcuno si stupisca, perché sin dalla prima riunione abbiamo tracciato il percorso per raggiungere questo obiettivo». Così ha commentato il ministro delle Imprese Adolfo Urso, accompagnato dal commissario straordinario di Acciaierie d’Italia Giancarlo Quaranta a margine della cerimonia di riaccensione dell’impianto.
Spento da agosto 2023 per manutenzione, il ritorno in attività di Afo1, risalente a sessant’anni fa, permetterà, insieme all’altoforno 4, di raggiungere circa il cinquanta per cento della capacità di produzione totale dello stabilimento. Nonostante la riattivazione, l’infrastruttura, stando al cronoprogramma stabilito dal governo, sarà presto fermata per nuove manutenzioni. Lo stand by è previsto per il prossimo marzo, i problemi tecnico strutturali riguardano il crogiolo, la parte in cui la ghisa fusa viene separata dalle scorie permettendo l’uscita della ghisa bollente. Per allora è prevista persino la riattivazione dell’altoforno 2, «propedeutica a garantire i progetti legati alla trasformazione tecnologica dello stabilimento, ovvero la sua decarbonizzazione attraverso i forni elettrici».
Intanto, dei «tre grandi player internazionali» che hanno presentato la manifestazione di interesse per tutto l’asset, che dovrebbero incaricarsi dei lavori di riconversione tecnologica ed energetica dell’impianto, non c’è nessuna traccia. Allo stesso tempo poche sono le rassicurazioni sull’impiego dell’idrogeno verde che, stando al cronoprogramma, dovrebbe sostituire il carbon coke nei processi di riduzione degli ossidi di ferro, calore per la fusione dei minerali ferrosi e carburazione della ghisa.
Di certo c’è solo l’ennesimo picco di benzene, agente cancerogeno che la scorsa domenica, con un solo altoforno in funzione, ha superato i 35 microgrammi a metro cubo oltrepassando la soglia oraria dei 27 microgrammi. Ora gli altoforni in funzione sono nuovamente due.
Paura, rabbia e preoccupazione per i propri cari denunciata da alcuni cittadini presenti davanti alla portineria C dello stabilimento. «Riattivare un altoforno che a breve sarà di nuovo spento è una barzelletta che non fa ridere, perché ha a che fare con la salute e la vita di tutti noi. Si tratta di una recita macabra che assume le sembianze di un affronto alla dignità di un intero territorio, una misera marchetta per cercare di abbindolare i possibili acquirenti dopo le sentenze europee che hanno condannato lo stato italiano. Un vergognoso tentativo di affermare che quel catorcio di fabbrica non stia cadendo a pezzi. L’impianto è di fatto illegale, perché gli impianti sono in marcia senza autorizzazione integrata ambientale, in violazione della normativa europea sul diritto ambientale».
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