Dentro il Duomo di Milano manca ancora un’ora all’inizio dei funerali di Silvio Berlusconi, ma ormai restano solo posti in piedi. Le immagini dai grandi schermi mostrano il carro funebre che si muove da Arcore verso il centro di Milano, le strade che attraversano prati verdissimi e fabbriche, la mente corre all’ultimo viaggio della regina Elisabetta verso Westminster, tutto indica solennità, grandeur.

Il Cavaliere voleva e ha ottenuto post mortem quegli onori che aveva perduto nel 2013 con la condanna e la decadenza da senatore. Nelle prime file ci sono già gli amici di una vita, Marcello Dell’Utri magrissimo, Fedele Confalonieri, Gianni Letta e Adriano Galliani. Attorno a loro tutti i mondi che Berlusconi ha incrociato nella lunga vita: i volti della tv, del calcio, dell’economia, della politica. Arrivano Mario Draghi e Mario Monti, i due premier tecnici che a un certo punto decise di mandare a casa.

C’è il governo di oggi al completo, che lo celebra come un padre della Patria, per ultima arriva Giorgia Meloni che precede di poco Sergio Mattarella, che si siede in prima fila di fianco all’emiro del Qatar. Corazzieri, banda militare, squilli di tromba.
A POCHI METRI DAL CAPO dello Stato c’è Maria De Filippi (accanto alla nuora Silvia Toffanin), Victor Orbán (il solo capo di governo insieme all’albanese Edi Rama) non distante da Draghi, e Gentiloni, poco più indietro Alba Parietti e Lele Mora, Gerry Scotti e la presidente della Corte costituzionale Silvana Sciarra, i presidenti di Camera e Senato e Iva Zanicchi, Ilary Blasi e Elly Schlein che guida una piccola delegazione del Pd. Franco Baresi, Mara Carfagna, Matteo Renzi, Arrigo Sacchi, Umberto Bossi in sedia a rotelle con l’immancabile figlio Trota, la chioma ancora ribelle, non si immaginava certo che gli sarebbe sopravvissuto. E oggi ha solo parole al miele per quello che fu il «Berluskaz» e poi è diventato l’alleato prediletto delle cene del lunedì ad Arcore.

POCO DISTANTI FABIO CAPELLO, Jo Squillo, Denis Verdini e Giulio Tremonti. Un mix così improbabile di nomi e cognomi da ricordare quelle liste che Fiorello creava ad arte per la parodia di Gianni Minà, un lungo blob di nomi accostati da un genio impazzito, una macedonia che solo Berlusconi in Italia poteva realizzare. E del resto molti di loro gli devono successo e ricchezza.

Un funerale dalla regia perfetta, trasmesso in diretta da almeno venti reti tv (13 solo di Mediaset). In chiesa c’erano naturalmente i tanti giornalisti che in questi trent’anni hanno lodato le gesta del Cavaliere e (molto spesso) randellato i suoi avversari: Del Debbio, Giordano, Minzolini, Sallusti, Vittorio Feltri, Nicola Porro. C’è Mentana con il suo editore Urbano Cairo. Ci sono almeno quattro decenni di calcio, tv, politica e affari in questo Duomo gremito dove alle 15 puntualissima arriva la salma di Berlusconi, in una bara di mogano fatta a mano, coperta da fiori rossi e bianchi.

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Un lungo applauso accompagna il lungo percorso fino ai piedi dell’altare, dove la attende l’arcivescovo di Milano Mario Delpini. In prima fila si siedono i cinque figli insieme alla quasi moglie Marta Fascina, tutta in nero, dietro di loro le rispettive famiglie. Veronica è più indietro, da sola. La prima moglie Carla Dall’Olio non è venuta, Francesca Pascale è in fondo, omaggiata dai vecchi notabili di Forza Italia come ai tempi d’oro.

NELLE LETTURE, e chissà cosa avrebbe pensato il Cavaliere, torna e ritorna il tema del tribunale. Quello di Cristo, nella seconda lettera di Paolo ai Corinzi, davanti a cui «tutti dobbiamo comparire per ricevere la ricompensa delle opere compiute, sia in bene che in male». E di nuovo, nell’omelia di Delpini, il «giudizio di Dio» per l’anima di Silvio. Un’omelia sui generis, in cui l’arcivescovo entra nel vivo della vicenda umana del Cavalier. E lo racconta, senza troppi fronzoli come un uomo che «amava la vita», senza «sottrarsi alle sfide, ai contrasti, agli insulti, alle critiche», capace di sorridere anche quando ha visto arrivare il declino e «le forze esaurirsi». E ancora, un uomo pervaso dal desiderio di «amare e di essere amato», che «amava le feste» e «godere il bello della vita».

Il prelato lo ricorda anche come «un uomo d’affari» che si arrischia anche in «imprese spericolate», che «guarda ai numeri e non ai criteri». E come uomo politico che «è sempre un uomo di parte», un «personaggio che è sempre in scena, ha ammiratori e detrattori. Ha chi lo applaude e chi lo detesta». Per arrivare alla conclusione cristiana: «È un uomo e ora incontra Dio». Ed è curioso che, in queste ore di santificazione nazionale, dall’altare arrivi un messaggio tutt’altro che beatificante per l’uomo che si definì anzitempo «unto dal signore».
POI CERTO IL CAVALIERE in una delle sue barzellette aveva già fornito un anticipo dell’incontro col Padreterno, un lungo colloquio in cui alla fine l’altissimo accettava di quotare in Borsa il Paradiso, ma non capiva perché mai dovesse fare solo il vicepresidente… Nel Duomo di Milano però l’atmosfera è diversa. Piange Marta Fascina, e Marina le stringe a più riprese le mano.

Terreo in volto il fratello Paolo, che prende la comunione insieme a Luigi, il più giovane degli eredi. Ci sono anche i figli di Pier Silvio con la madre, quelli più grandi di Marina. Meloni è molto concentrata, «non ti dimenticheremo» Anzi, «ti renderemo orgoglioso», dice la premier in un nuovo video su Twitter in cui glorifica il suo predecessore alla guida del centrodestra.

Sarà lei, insieme a Salvini, a scortare la bara fuori dalla chiesa e ad abbracciare i familiari uno ad uno. Saranno i figli a salutare la folla, che canta «c’è solo un presidente». In piazza tantissime bandiere del Milan, poche quelle di Forza Italia. C’è un coretto «chi non salta è comunista» ma la politica tra i fans arrivati per l’ultimo saluto è poca cosa.

ANCHE MILANO NON SEMBRA scossa: il carro funebre riparte verso Arcore e, pochi minuti dopo, la città è tornata alla sua frenesia, a ciglio asciutto. Pier Silvio corre a Mediaset, nel grande studio 20 dove doveva aprirsi la camera ardente del padre (poi annullata). Un folto gruppo di dipendenti lo aspetta: «Ragazzi, da domani facciamo un click e torniamo ad essere un’azienda viva, piena di energia e forza, come è stata la sua vita. Torniamo ad essere quello che siamo sempre stati…».