Un’«opera umanista» sulla necessità del dialogo
Cinema Alla Festa del cinema di Roma Scott Cooper racconta il suo «Hostiles»
Cinema Alla Festa del cinema di Roma Scott Cooper racconta il suo «Hostiles»
«I film western non sembrano mai passare di moda» dice Scott Cooper il cui nuovo film – Hostiles – è proprio un western dall’apparenza tradizionalissima: ambientato nel 1892, sulla pericolosa strada tra il New Mexico e il Montana. «Per me il film – aggiunge però Cooper – è un western solo in termini di epoca e luogo in cui è ambientato: lo vedo più come un’opera ’umanista’ che attraversa i generi per raccontare una storia di sentimenti umani universali».
A presentare Hostiles a Roma insieme a Cooper ci sono Rosamund Pike – protagonista del film insieme a Christian Bale – e Wes Studi, che veste i panni del capo Cheyenne Yellow Hawk. L’attrice inglese interpreta Rosalie, a cui un gruppo di indiani sterminano l’intera famiglia e che si unisce al pericoloso viaggio dei protagonisti: «Credo che Rosalie sia una donna forte in modo diverso dai personaggi femminili dei film contemporanei – spiega – che sono forti solo in quanto hanno dei ruoli ’maschili’: la sua forza è invece prettamente femminile». Parlando di donne, Pike fa riferimento senza citarlo direttamente anche al Weinstein-gate che da settimane tiene banco a Hollywood: «Abbiamo visto di recente cosa può succedere quando le donne si uniscono e decidono di farsi sentire».
Cooper, che è nato e vive in Virginia, cita invece i riots di Charlottesville: «È stato difficile venire a patti con quello che è successo quest’estate dopo gli otto anni pieni di speranza della presidenza Obama».
Anche il presidente Trump non è mai nominato direttamente ma è protagonista di quella contemporaneità con cui, dalla fine del diciannovesimo secolo, il film dialoga: «Mentre giravamo, ciò che succedeva negli Usa è diventato sempre più rilevanti rispetto alla storia di Hostiles, al suo protagonista a cui è stato ’insegnato’ l’odio per i nativi». L’odio che attraversa tutta la storia americana, continua il regista, verso un nemico esterno o interno: «Una costante che è strettamente legata all’imperialismo».
Non è un segreto, aggiunge Cooper, «che la divisione culturale e razziale negli Stati Uniti si stia ampliando ogni giorno che passa, che il paese sia polarizzato come non mai tra città della costa e stati centrali, dove l’incontro con persone provenienti da tutte le parti del mondo, con le minoranze eccetera, è molto più difficile».
Ed è proprio l’incontro, secondo Cooper, il tema al cuore di Hostiles: «Spero che questo film dia inizio a una conversazione sull’inclusione, la conciliazione, la guarigione da una ferita profonda». Nonostante la cupezza della situazione politica e sociale: «Se continua così, sarà molto dura», osserva Cooper che istituisce addirittura un parallelo tra il mondo di oggi e quello su cui aleggiava lo spettro nazista : «Ce l’abbiamo già fatta prima, negli anni Quaranta. Ma speriamo che non si arrivi a tanto».
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