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Università, la protesta contro la meritocrazia: «Non siamo né fenomeni, né falliti»

Università, la protesta contro la meritocrazia: «Non siamo né fenomeni, né falliti»Flash mob di protesta all'università – Emblema

Il caso Normale a Pisa, Padova, Bologna, Modena, Reggio Calabria, Firenze, Cassino, Ferrara: gli studenti prendono parola e criticano duramente il sistema neoliberale dell'istruzione. Cresce l'indignazione. In tre anni ci sono stati 20 morti

Pubblicato più di un anno faEdizione del 9 aprile 2023

I «Inconcludente e inutile», ha scritto nel suo diario l’universitario di 29 anni che si è suicidato a Chieti due giorni fa. «Fallimento, università e politica» ha appuntato Francesco, 22 anni, che aveva preso la stessa decisione qualche mese prima. «Fallimenti personali e nello studio» ha scritto anche una studentessa di 19 anni che ha messo fine alla sua vita dentro l’università Iulm. Ogni suicidio ha una complessa storia a sé, ma le cronache ci dicono che sono almeno 20 gli studenti e le studentesse universitari che si sono tolti la vita negli ultimi tre anni nel nostro paese e in tutti questi casi c’era in comune un sentimento di inadeguatezza rispetto al sistema universitario e la convinzione di stare umiliando se stessi e i proprio genitori.

Un allarme che congiuntamente hanno lanciato gli studenti e le studentesse durante le cerimonie accademiche della Normale a Pisa, a Padova, Bologna, Modena, Reggio Calabria, Firenze, Cassino. Vogliono smontare il binomio che si usa quando si parla di università: fenomeni o falliti. Gli studenti pensano di andare a formarsi e invece si ritrovano in una competizione spietata che a volte non reggono. Ma non per fragilità interiori. Per il meccanismo stesso dell’università neoliberale e per gli effetti dello smantellamento del Welfare che ha reso difficoltoso per le persone a basso reddito accedere a borse di studio e alle case dello studente.

Questi ultimi si ritrovano con un doppio cappio al collo: un’esame rinviato, un voto che abbassa la media e rischiano di perdere il diritto di studiare. Lo ha spiegato uno studente di Medicina dell’università di Pavia che prima di suicidarsi nel suo studentato, ha mandato una mail al rettore e al quotidiano locale: «Il diritto all’istruzione universitaria dovrebbe essere garantito dalla Costituzione» ha scritto.

Aestetica sovietica, un progetto editoriale indipendente, ha promosso un appello allaministra dell’università Anna Maria Bernini. Chiede di installare un tasto per l’aiuto psicologico immediato sulle piattaforme on line di tutte le università. «Le cause sono strutturali, l’università andrebbe cancellato il concetto di fuoricorso, rivisti i regolamenti punitivi sulle tasse , va fermata la speculazione sugli affitti, aumentate le borse di studio , rivista la didattica e introdotte più prove intermedie». Sono di base le stesse richieste dell’Unione degli Universitari che il 4 febbraio scorso ha organizzato un flashmob per chiedere «di abbandonare la narrazione della performance e della velocità come obiettivi e di tutelare la salute psicologica della comunità studentesca ma serve una chiara volontà politica e adeguate risorse che oggi mancano».

Il bonus psicologico è stato ridotto. La ministra Bernini ha promesso di agire stanziando alcuni fondi degli atenei, ma è come indicare il dito e non la luna. L’università deve tornare a formare e non a sfornare narrazioni ultra tossiche per attirare fondi, come «Y, laureata a 22 anni facendo la modella e dormendo poco», «X, che ha discusso la tesi in travaglio».

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