Una sentenza  particolare: «Sono fascisti. Anzi no»
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Una sentenza particolare: «Sono fascisti. Anzi no»

Assalto alla Cgil Nelle scorse settimane sono state pubblicate le motivazioni della sentenza in merito al processo di alcuni responsabili – coloro che hanno accettato il rito abbreviato – dell’assalto alla sede nazionale […]
Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 4 novembre 2022

Nelle scorse settimane sono state pubblicate le motivazioni della sentenza in merito al processo di alcuni responsabili – coloro che hanno accettato il rito abbreviato – dell’assalto alla sede nazionale della Cgil avvenuta nell’ottobre dello scorso anno. La sentenza ha avuto scarsissima eco sulla stampa, ma merita una riflessione attenta per alcuni aspetti paradossali.

Essa si riferisce esclusivamente ai reati di danneggiamento e devastazione. Viene rigettata la costituzione dell’Anpi come parte civile perché, fra l’altro, non «risultano elementi che possano connotare la protesta come di matrice fascista».
Eppure nella stessa sentenza si legge che nella manifestazione «si sono insinuati militanti di estrema destra, alcuni ben noti agli operanti, al solo scopo di istigare i manifestanti alla violenza». Si sottolinea il ruolo di direzione nell’avvio del corteo diretto alla sede Cgil avuto da «Castellino Giuliano, noto leader del movimento politico di estrema destra Forza Nuova», che «si muove con il sostegno e l’attiva collaborazione di Fiore Roberto e Aronica Luigi, riconosciuti dalle forze dell’ordine perché già noti appartenenti a movimenti politici di estrema destra, il Fiore quale fondatore del movimento Forza Nuova e Aronica Luigi, già membro dei Nar». E si aggiunge che «i tre si pongono alla testa del corteo e manifestano in modo molto animato (…) l’intenzione di recarsi, appunto, presso la sede della Cgil, dicendo: «Portateci Landini o lo andiamo a prendere noi».

Si descrive il comportamento criminale di membri o simpatizzanti di organizzazioni di tipo neofascista o delle aree affini, come per esempio l’imputato Roberto Borra, «militante dei sodalizi di estrema destra Forza Nuova e Avanguardia nazionale e degli Ultras dell’Inter», o Fabio Corradetti, noto «per alcuni precedenti penali di natura violenta, tifoso romanista colpito da Daspo e militante del movimento di estrema destra Forza Nuova».

L’intero quadro rappresentato dalla sentenza disegna un’azione pianificata e portata a termine in piena coerenza con le imprese squadristiche tipiche degli anni Venti. Tale quadro viene ulteriormente e clamorosamente confermato nella sentenza, ove si traccia il profilo politico (e penale) di ciascun aggressore.
Non «risultano elementi che possano connotare la protesta come di matrice fascista». Ma come è possibile se proprio dalla lettura della sentenza emerge in modo dirompente che l’assalto alla sede Cgil è stato promosso, organizzato ed effettuato con metodo squadristico da una serie di militanti di organizzazioni neofasciste o comunque ruotanti attorno ad esse?

Da tempo assistiamo a sentenze obiettivamente contraddittorie rispetto alla stessa tipologia di comportamenti, come per esempio il saluto romano, ove in alcuni casi si condanna l’azione ed in altri analoghi casi si afferma che il fatto non costituisce reato. Prendiamo atto che la discordanza fra sentenze attinenti comportamenti simili crea un vulnus alla certezza del diritto.
Da anni sono clamorosamente disattese le leggi Scelba e Mancino, in assenza peraltro di un’iniziativa del governo in merito allo scioglimento delle organizzazioni neofasciste.

Perché la Procura della Repubblica all’atto della stesura dei capi d’imputazione, non si è riferita anche alla legge Scelba? Essa infatti prevede che «si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione (…)». Non c’è stata forse l’esaltazione, la minaccia e l’uso della violenza quale metodo di lotta politica? Non sono forse state attaccate e vilipese con la violenza le libertà garantite dalla Costituzione? Eppure proprio la sentenza ce lo conferma: «L’obiettivo prescelto per l’azione, la sede nazionale del sindacato (…) rivela un’aggressione ad un organo costituzionalmente riconosciuto».

Nel pieno rispetto dell’autonomia della magistratura, c’è da auspicare una riflessione ed un approfondimento su di un tema che è oggi di particolare drammaticità, data la crescita di movimenti neonazisti, neofascisti, razzisti su scala continentale, e la crescente impunità di comportamenti che rientrano palesemente nella fattispecie della ricostituzione del partito fascista. Vedi Predappio.

* Presidente nazionale ANPI

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