Una lista unitaria per l’Europa dei diritti umani
Manifestiamoci Cosa deve accadere ancora per spingere le forze sparse della sinistra ad una iniziativa coraggiosa?
Manifestiamoci Cosa deve accadere ancora per spingere le forze sparse della sinistra ad una iniziativa coraggiosa?
Cosa deve accadere ancora per spingere le forze sparse della sinistra ad una iniziativa coraggiosa, plurale, unitaria? Dobbiamo assistere al disastro annunciato dei razzisti che straripano nel prossimo europarlamento? Dobbiamo consegnare senza combattere l’Unione ai peggiori nazionalismi? L’autoreferenzialità ha accecato così in profondità i gruppi dirigenti della sinistra democratica?
A proposito della cecità delle sinistre di fronte a Weimar basta, non dico libri, ma la serie tv Babylon Berlin. Il tema oggi non è un singolo ministro ma lo sdoganamento di istinti, pratiche e linguaggi feroci. L’utilizzo del marketing razziale sta repentinamente mutando il clima nella società italiana. Nei bar, sugli autobus. Dalla violenza figurata sui social si passa rapidamente alle vie di fatto.
La fine del legame sociale, delle passioni grandi, accelera lo sdoganamento degli istinti individuali peggiori. Non ce la fa la politica, rischia di non farcela Papa Francesco a fermare i pogrom che vanno in scena nel cortile di casa. E non è la paura. E’ l’egoismo proprietario che si arma, senza più dover mediare con la dimensione collettiva. E’ il ribaltamento del contratto sociale, la fine del mito di Antigone. La figlia di Edipo ingaggia il suo scontro per difendere le prerogative delle leggi non scritte, valori assoluti dell’umanità, del diritto naturale e della libertà di coscienza contro la potenza delle ragioni dello Stato, del suo autoritarismo. Siamo al ribaltamento della tragedia. Le Costituzioni repubblicane nate dalla lotta di liberazione, capaci di garantire i diritti universali, sembrano soccombere sotto un nuovo brutale e diffuso diritto naturale, razzista, violento, individualista. Alimentato da leadership interessate a rafforzare il rapporto tra l’io e il popolo con campagne di comunicazione fondate sul capro espiatorio.
Non possono, non vogliono risolvere il tema del riequilibrio tra ricchezza e povertà, ma possono con facilità indicare i responsabili del malessere. Determinando, con un’ossessiva narrazione quotidiana, la necessità di chiudersi per non spartire quel poco o tanto che si possiede. I distinguo tra realtà e percezione valgono meno di zero. Basta osservare Paesi in balia di politiche razziste come la Polonia dove la presenza di persone provenienti dal sud del mondo è scarsissima.
Può saltare, in questo passaggio, la regolamentazione che gli esseri umani hanno affidato alla dimensione Comune, sdoganando e legittimando il far west. Perché al centro non c’è il tema dell’accoglienza, ma quello dell’uguaglianza. E’ l’uguaglianza il vero scalpo dei razzisti.
Esistono momenti in cui piantare una bandiera diventa indispensabile, per rimettere in fila l’ordine del discorso. Dando dignità e forza a valori che sono di minoranza. L’Italia democratica non riparte senza un’affermazione di responsabilità diffusa. Cattolici, laici, radicali, riformisti, attivisti, volontari, ecologisti, femministe. Persone capaci di determinare un salto di qualità nella nostra risposta disperata e frammentata.
Serve un processo per la costruzione di una lista di scopo. Non un partito né un movimento omogeneo, ma appunto una lista di scopo: transnazionale, antirazzista, europeista, antinazionalista che riparta dalla centralità della persona. Una lista per Antigone, per ridare centralità alla razza umana.
Una lista europeista, con tutti dentro. Che sappia rigenerare l’Europa del welfare, dei diritti civili, rimettere al centro l’uguaglianza. Partendo dal reddito universale di inclusione.
So che la polemica interna alla diaspora è dura da vincere. So anche però che per continuare a litigare c’è bisogno di uno spazio minimo vitale in cui riconoscersi.
Non capire che la posta in palio è esattamente questa significa assumersi la responsabilità di alimentare il piccolo cabotaggio mentre si afferma la barbarie.
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