L’archivio letterario di Fabrizia Ramondino continua a germinare testi sorprendenti finora sconosciuti, che ci danno ancora suggestioni e curiosità nella sua scrittura. Un’altra sua creazione teatrale è in scena ora al San Ferdinando (ancora stasera e domani): un testo curioso, complesso e insieme rivelatore. A metterlo in scena (con la collaborazione di Ippolita di Majo) è Mario Martone: proprio dopo aver lavorato col regista alla sceneggiatura del film su Caccioppoli, alla scrittrice venne voglia di scrivere per il teatro, suggestionata anche dalla forte scrittura di Thomas Bernhard. Il titolo contiene già il percorso del testo, e dell’avventura in cui quell’artista, ripreso nell’aspetto più privato, ci conduce: Stanza con compositore, donne, strumenti musicali, ragazzo.

ED È UNA STANZA «privata» certo quella in cui noi spettatori cogliamo quel compositore (Lino Musella, attore sempre più ai vertici del teatro italiano), in canottiera e brachette, ancora avvolto nelle lenzuola ma mosso dalle note, musicali e non, che quella casa interiore gli fa emergere davanti. Una vera «casa di risonanza», dove prendono corpo la madre (svagata e insieme puntuta Iaia Forte), la figlia, la madre della figlia, un inquietante factotum (Toto Onnis), e un ragazzo.

La redazione consiglia:
Ramondino, una sfrontata infanzia napoletana a MaiorcaIl protagonista mezzo spogliato è un musicista, che si avvolge tra i suoi spartiti come tra le lenzuola, un guscio davvero materno nel quale rincorrere la vita della creazione. Nel suo disordine che è anche la sua forza vitale. Piccoli esercizi musicali che portano una vitalità altra rispetto a quella quotidiana e al tran tran della famiglia che lo assedia. Almeno pare. Costretto, il poveretto, a veder scarnificare il suo domestico guscio creativo dai mobili che gli vengono gradualmente portati via come prezzo da pagare per qualche affare poco limpido.

SONO LE NOTE però che, quasi sognando, il musicista compone, a comunicare che c’è vita, e vitale creatività, in quell’ambiente apparentemente sempre più spoglio. A guardarlo nelle tre sequenze in cui è articolato, il racconto non comporta immobilità. Se è vero che nella vita di Ramondino c’è stata anche la presenza di un musicista tra le possibili fonti di ispirazione, qui è tutta intera la creatività di ogni artista a comunicare un processo. Quel «compositore» del titolo è ogni intellettuale (compresa quindi autobiograficamente Ramondino stessa) a vivere la creazione come un mondo a parte, capace di farsi esclusivo per la necessità stessa di poter esistere. Anche se gli altri intorno tentano di entrarci e disturbare un processo che per l’artista è la vita stessa. Anche a costo di subire ricatti e distrazioni e fastidi. L’arte come unica, e sufficiente, ragione di vita e di attività.