C’è un giallo, c’è un mistero, c’è il desiderio, c’è la diversità declinata in tanti modi diversi, c’è la storia con la «s» maiuscola e c’è molto amore in questo I ragazzi dei cavalli di Johan Ehn, svedese, attore, regista e direttore artistico del gruppo teatrale Teater Barbara, tradotto in Italia da Samanta K. Milton Knowles e edito da Fandango Libri per giovani adulti (pp. 304, euro 19). E c’è anche la relazione con la vecchiaia, con i corpi rugosi di cui Anton si prende cura. Un libro che guarda alla storia da angoli visuali diversi e in cui non c’è nulla di scontato: anche l’identità dei personaggi è un puzzle che si compone progressivamente fino all’ultima pagina.

UNA STORIA con due linee temporali: una è a Stoccolma nel 2014, l’altra viaggia – come i carrozzoni di un circo – per tutta Europa tra il 1926 e il 1933. A tessere i fili che collegano le due narrazioni sono molti amori: quello per i cavalli e per il circo e – soprattutto – l’amore omosessuale. Un libro bello e poetico, duro e doloroso come gli anni di cui racconta, come la ricerca che affronta con curiosità lieve e impicciona il giovane Anton, assistente domiciliare per anziani, alle prese con il suo primo rapporto sentimentale.

«Janek non parla quasi mai, a parte con Sasha – sono loro i ragazzi dei cavalli raccontati da Ehn – È bravo a scuola ed esegue sempre le proprie mansioni con solerzia, ma appena ha finito corre alla scuderia per stare con i cavalli. Il suo preferito è quello che stanno cavalcando oggi. Si chiama Kràl, che significa re. E Sasha sa che per Janek è proprio questo, un re». Sasha e Janek sono atleti che volteggiano sui cavalli e sui propri corpi, reciprocamente, in una danza che sfida costantemente la forza di gravità. E il racconto della loro vita si dipana dalla fuga dall’orfanotrofio fino all’approdo ai trentotto carrozzoni del circo del signor Barsotti con cui attraverseranno l’Europa degli anni inquieti. Lì sono i Golden Brothers e sulle strade del mondo e sulla pista di segatura, Sasha e Janek mettono a punto numeri sempre più spettacolari, i loro corpi si piegano ad allenamenti che li sfiancano ma il circo, per loro che non l’hanno mai avuta, diventa anche casa e famiglia.

E, COME SPESSO ACCADE, per crescere davvero se ne dovranno andare per approdare nella Berlino colta, fantasmagorica e brillante della Repubblica di Weimar: lì la scoperta definitiva del proprio reciproco amore, un amore adulto e pieno di desiderio.

Lì la consapevolezza che non sono i soli e gli unici ma partecipi di un mondo intero, pieno di personaggi e ricco di sfumature in cui l’omosessualità incontra – come sempre è stato – la politica di anni torbidi. L’Istituto per la scienza della sessualità e il lavoro del dottor Magnus Hirschfeld (distrutto nella realtà come nella narrazione dalle Camicie brune naziste) sono raccontati come fossero in presa diretta: in quelle pagine – dove il nazismo si addensa sui destini di Janek, Sasha, e quasi centomila omosessuali e trans tedeschi – storia e narrativa si incontrano. Un bel libro che non incorre nel rischio in cui invece inciampano tanti volumi per ragazzi sulla persecuzione nazista: tutt’altro che senza tempo né luogo Sasha, Janek e i loro amici agiscono in un contesto storico attento e documentato senza rinunciare alla loro esistenza narrativa.

«Lungo la guancia di Alexander scorre una lacrima – scrive Ehn nelle ultime pagine in cui, a Stoccolma, le due linee narrative si incontrano e si svelano – Il volto quasi centenario esprime così tante emozioni in quel momento. Anton sente che si sta commuovendo anche lui. Annuisce ad Alexander. Vorrebbe dirgli qualcosa di bello. Qualcosa che gli faccia capire che lui lo capisce». Ed è così: l’intelligenza emotiva agita dalla letteratura e agitata dalla lettura de I ragazzi dei cavalli aiuta a conoscere e a capire.