Cultura

Un reporter dalla parte degli internati, tra voci e immagini

Un reporter dalla parte degli internati, tra voci e immaginiLuciano D'Alessandro, Nocera Superiore, Ospedale Psichiatrico Materdomini, 1965-1968 – Courtesy Archivio fotografico Luciano D’Alessandro

Mostre Una storia dell’archivio fotografico di Luciano D’Alessandro (in fase di catalogazione): un nucleo di suoi scatti esposto a Bibbiena, fino al 6 ottobre

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 2 agosto 2024

Voci strozzate, mugugni nel silenzio di un dolore represso: la musica composta da Egisto Macchi per il documentario Gli esclusi è il mixaggio di suoni come questi. A dare l’avvio alle immagini che scorrono, accompagnate dalla voce dello psichiatra Sergio Piro è l’ossessività inquietante di una sirena. Diretto da Michele Gandin e prodotto nel 1969 da Nexus Film, il documentario si basa sulle fotografie scattate a partire dal 1965 da Luciano D’Alessandro (Napoli 1933 -2016) nel manicomio Materdomini di Nocera Superiore.

«NON POSSIAMO MUOVERCI perché siamo legati – dice la voce fuori campo –. L’ultima violenza che separa noi da voi». «Siamo tutti insieme e non siamo niente». «Siamo un mucchio di oggetti buttati l’uno sull’altro». «Ognuno è solo senza rimedio». «Giorni che si perdono nell’inerzia e nell’abbandono a cui ci avete condannato». «Ci avete esclusi perché eravamo inutili».
Frasi che potrebbero essere le didascalie di quelle straordinarie immagini in bianco e nero che D’Alessandro ha scattato tornando ripetutamente in quell’ospedale psichiatrico nell’arco di tre anni, per raccontare e denunciare la condizione degli internati, l’oppressione delle camicie di forza, delle sbarre, di un tempo da ricomporre. Fotografie che affermano il diritto alla libertà e alla dignità di esseri umani nel loro invocare un trattamento non bestiale.

«QUANDO LE SBARRE crollano possiamo ancora riconoscerci come uomini», continua la voce. Il ’69 è anche la data di pubblicazione del primo libro fotografico – Gli esclusi – di Luciano D’Alessandro. Come è scritto nel I volume del Dizionario della Fotografia, a cura di Robin Lenman (Grandi Opere Einaudi, 2008), «è il primo al mondo pubblicato su questo tema; oggetto di numerose polemiche, il volume è stato un contributo fondamentale al dibattito che ha portato alla chiusura dei manicomi e rappresenta a tutt’oggi uno degli esempi più alti e imprescindibili di fotografia sociale su questo tema». Anche Morire di classe è del ’69: a testimoniare la condizione dei manicomi sono Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin e altrettanto forti sono gli scatti degli anni ’70 di Gian Butturini, Raymond Depardon, Uliano Lucas; mentre agli anni ’80 risalgono le foto di Letizia Battaglia e Franco Zecchin nella Real Casa dei Matti, l’ospedale psichiatrico di Palermo durante il laboratorio teatrale da loro creato.
Ma per tornare a Gli esclusi, è proprio l’urgenza di queste immagini nel «far parlare chi non ha voce per farlo» a commuovere profondamente Adele Marini dello Studio bibliografico Marini. La libreria specializzata in arte e letteratura del Novecento (nelle due sedi di Valenzano, Bari e Roma) dal 2017 gestisce l’archivio fotografico di Luciano D’Alessandro. Marini ricorda di quella prima volta in cui, su invito dei figli del fotografo Fabrizio e Paolo, si recò nel vicolo stretto di viale Calascione a Napoli, ultima dimora di D’Alessandro e poi nella casa a Capri, inizialmente solo per visionare i libri della sua biblioteca. Di documenti cartacei, carteggi, appunti nessuna traccia, ma l’archivio fotografico conservato negli scatoloni era intatto: 15 faldoni contenenti 80mila negativi in bianco e nero, 2500 positivi (stampe vintage firmate e timbrate) e circa 1000 diapositive a colori.

L’ARCHIVIO è in fase di catalogazione e dopo le mostre al Museo di Roma in Trastevere (2021) e ai Magazzini Fotografici di Napoli (2023) è in corso un dialogo con la Fondazione Capri e Denis Curti per realizzare, nel 2025, l’antologica a Capri. Nel frattempo, un nucleo di fotografie D’Alessandro è incluso nella mostra dedicata ai grandi protagonisti della fotografia italiana (curata dallo stesso Curti) nell’ambito della I edizione del Festival della fotografia italiana 2024 organizzato da Fiaf – Federazione italiana associazioni fotografiche a Bibbiena (fino al 6 ottobre).
Fotoreporter per testate come L’Espresso, Time, Life, Die Zeit, L’Unità, Stern, Le Monde, L’Europeo, D’Alessandro aveva iniziato a fotografare nel 1950 assorbendo la lezione del Neorealismo, così come quella dell’artista-critico Paolo Ricci. Con la Leica a tracolla ha girato il mondo: un nucleo significativo di inediti degli anni ’70 riguarda Cuba, un altro è dedicato ai bambini a ogni latitudine e longitudine.
La professione di fotoreporter non l’ha mai deluso, piuttosto a deludere «sono gli uomini, i loro atteggiamenti, le miserie», come disse nel 2006, in occasione della mostra Luciano D’Alessandro. Fotografie 1952 -2002 all’Accademia di Francia a Roma. «Il lavoro di per sé non finisce mai, è come il mondo che cambia a ogni sguardo».

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