Un progetto artistico sugli agrumi dove i frutti si trasformano in opere
«Quando ero bambino non c’erano confini tra un fondo e l’altro, ci si poteva muovere liberamente negli agrumeti. Per me era il posto dove andare a leggere, pensare, giocare. Ci andavo da solo. Lì scattava l’immaginazione tra la luce, gli odori, il gusto degli agrumi. Quel piccolo paradiso è stato importante per la mia formazione», racconta il curatore spagnolo Vicente Todolí (1958) – dal 2012 direttore artistico di Pirelli HangarBicocca a Milano – parlando dell’agrumeto di famiglia a Palmera (Valencia) da cui è partito il progetto di salvaguardia del territorio Todolí Citrus Fundació.
LA FOTO AEREA DELL’ARTISTA catalano Antoni Muntadas (Hort Bartoli/Museu del citric, 2020), tra le opere della mostra The Citrus Project, curata da Lucía Muñoz Iglesias nella sede all’Arco dei Becci della Galleria Continua a San Gimignano, traduce in documento visivo il terreno di 65 mila metri quadrati dove si coltivano oltre 400 varietà di agrumi e se ne promuove lo studio con una biblioteca specializzata, un laboratorio di profumi e tra anche il Citrus Gastronomic Contest. La Fondazione Todolí Citrus è la più grande collezione privata al mondo di agrumi piantati in terra.
«SE NON MI FOSSI OCCUPATO di arte, avrei rappresentato la quinta generazione di specialisti in agrumicultura.» – spiega Todolí – «Negli anni ’90 acquistai un agrumeto vicino ai vivai di mio padre. Il proprietario era morto e fu proprio mio padre a consigliarmi di acquistarlo, se ne sarebbe occupato lui e io avrei potuto avere il mio giardino dove, tra un viaggio e l’altro, staccare dal mondo. All’epoca ero direttore del Museu de Arte Contemporânea de Serralves a Porto. Mio padre morì nel 2003 qualche giorno prima che andassi a dirigere la Tate Modern di Londra. L’idea della Fondazione è nata più tardi. Una volta mi recai a Perpignan, in Francia, durante la realizzazione del libro Food for Thought. Thought for Food dello chef Ferran Adrià. Visitammo un vivaio di agrumi che aveva tantissime varietà nei vasi: a ottobre venivano messi nelle serre da cui venivano tirati fuori ad aprile. Pensai che lì ne possedevano centinaia di varietà mentre nel mio paese, che è la terra di agrumi, nessuno aveva mai fatto una collezione del genere. Fallo tu, mi disse Ferran. Effettivamente ci pensai e comprai altri appezzamenti. Quando poi, nel 2012 seppi che nel mio piccolo paese l’espansione urbanistica, alimentata dalla corruzione, stava mettendo a rischio la produzione di agrumi, quella della mia famiglia e dei vicini, decisi che non era possibile che ciò accadesse. Andai a parlare con il sindaco e lui mi diede la conferma che se avessi creato la Fondazione con tutti i terreni di famiglia e quelli dei vicini, avrei fermato l’espansione urbanistica. Ma una fondazione deve sopravvivere per le nuove generazioni, se sparisce con la morte di chi l’ha creata è un fallimento, perciò si deve sostenere economicamente».
PROPRIO CON L’IDEA di supportare la fondazione di cui Vicente Todolí è anche presidente, a partire dal 2018 si è sviluppato The Citrus Project con le opere di 14 artiste e artisti internazionali, tra cui Tacita Dean, Nan Goldin, Paul Graham, Carsten Höller, Roni Horn, Cristina Iglesias, Julie Mehretu e Philippe Parreno, raccolte in una «Collection Box».
IN MOSTRA A SAN GIMIGNANO, dopo la tappa parigina e a Madrid, anche il volume Los cítricos. Un viaje a través de la historia y del arte di Salvador Zaragoza Adriaensens (La Fábrica, 2023), frutto di una lunga ricerca portata avanti dalla Fondazione Todolí Citrus. «Ho costruito quel giardino come si costruisce la collezione di un museo, con un ritmo. Non c’è solo botanica, anche la parte estetica è fondamentale. In altre collezioni di agrumi – a Catania, in California, Florida o a Valencia – le piante sono disposte in maniera geometrica, io invece l’ho concepito come museo all’aria aperta dove è la collezione stessa a cambiare con la crescita degli alberi, l’alternarsi delle stagioni, la luce. Un museo immersivo dove c’è il profumo e anche il suono, proprio come nel giardino persiano con la presenza dell’acqua delle fontane e il canto degli uccelli».
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