Un parcheggio archeologico a Capocolonna
Calabria Ambientalisti contro lo scempio a Capo Colonna. Lite tra i ministri Franceschini e Lanzetta
Calabria Ambientalisti contro lo scempio a Capo Colonna. Lite tra i ministri Franceschini e Lanzetta
Troppo impegnato a cullare sogni di gloria quirinalizi, il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, si è guardato bene dal rispondere ad archeologi ed ambientalisti infuriati. «Giù le mani dal parco archeologico di Capo Colonna» gli hanno scritto. Perché il progetto Spa 2.4 Capocolonna è un insulto alla storia e all’archeologia. Occultare uno dei più importanti siti italiani a favore di un parcheggio e di una tettoia par davvero troppo. E così ecco presìdi e blocchi stradali. Presa diretta di Riccardo Iacona domenica scorsa ha elencato i tesori di Calabria mettendo in cima alla lista proprio i siti archeologici di cui la regione è piena: da Sibari a Scolacium, da Stilo a all’antica Kaulon.
Fino a Capo Colonna con i resti dell’antico santuario di Hera Lacinia, uno dei più importanti della Magna Grecia fino al V secolo a.c., finché cioè fu sede della lega italiota prima che si trasferisse a Taranto. Anche la ministra degli Affari regionali, Maria Lanzetta ha scritto al collega Franceschini: «Questi lavori sono assurdi e vanno fermati». Ma lui tace. Si dice abbia abbozzato un timido contatto con la direttrice del parco. Ma nulla più. In compenso è intervenuto in sua difesa il sindaco di Crotone, Peppino Vallone, democrat cotè Franceschini. Ha preso carta e penna e ha scritto direttamente a Renzi: «Un ministro ha il dovere di conoscere fatti e circostanze prima di emettere giudizi fondati sul sentito dire. Così si ragiona al mercato, non nelle stanze dove si ricoprono importanti incarichi. Lanzetta è inadeguata al ruolo istituzionale che ricopre. Dovrebbe dimettersi».
Mentre volano gli stracci dentro il Pd, il progetto fila via spedito. “Spa 2.4 Capocolonna” è costato quasi 3 milioni, finanziati con fondi Fas, e prevede la realizzazione di un parcheggio e di una tettoia per «preservare» i reperti del parco archeologico e per renderlo «più accessibile». I metodi invasivi avrebbero però già danneggiato i mosaici e la cosiddetta casa termale. L’idea è quella di coprire l’intera area antistante la chiesa di Capo Colonna, sita nel cuore dell’abitato romano superstite all’estremità nord del promontorio lacinio, per farne un parcheggio. I resti portati alla luce in questi mesi fanno supporre che appartengono al foro della colonia romana fondata nel 194 a.c. «Una novità scientifica di straordinario interesse per quanti, storici ed archeologi, da decenni si interrogano sull’ubicazione, qui o nella città di Crotone, della colonia fondata dai romani alla fine della seconda guerra punica», spiega al manifesto Linda Monte dell’associazione Gettini di Vitalba.
Perché, nonostante ciò, tali resti sono stati ricoperti non appena ultimato lo scavo? si chiedono i cittadini che presidiano il cantiere giorno e notte. I movimenti deplorano la scelta di una soluzione tecnica che non preserva nulla ma anzi è invasiva e potenzialmente dannosa. Il balneum, ossia le terme romane, sono a forte rischio per le trivellazioni della roccia a pochi centimetri dal muro perimetrale dei due vani (già realizzate) e dentro l’edificio stesso (da realizzare). Paradossalmente, poi, dal momento che il progetto non prevede interventi di consolidamento e restauro dei rivestimenti delle pareti e delle pavimentazioni del balneum, deteriorati da decenni di esposizione alle intemperie, è probabile che l’installazione della consolidata copertura non sarà seguita dalla restituzione dei mosaici alla fruibilità pubblica, come si ostina a ripetere la sovraintendenza.
Mentre la copertura stessa deturperà l’edificio termale adattandosi alla perfezione alla pavimentazione del vicino piazzale. «Entrambe sono concepite come strutture di servizio adatte a un centro commerciale, non certo a un parco archeologico» rileva Margherita Corrado dell’associazione I sette soli. C’è poi la tettoia, moderna e antiestetica. «La copertura prevista ha una campata più corta della larghezza del balneum – continua Corrado – e sarà inutile specie sul versante nord, il più esposto. Possiamo già pensare che il celebre mosaico di Paolo Orsi, prezioso e delicatissimo, scoperto nel 1910 sarà raggiunto da pioggia e vento».
Nonostante la copertura. Insomma, un progetto all’italiana. Un fiume di soldi pubblici spesi male, anzi malissimo. In cui la toppa che si vorrebbe mettere per preservare è in realtà peggio del buco. La direttrice del parco, guarda caso tra i progettisti, è ben lungi dal rispondere alle proteste degli ambientalisti. La sovrintendenza tace sul punto saliente ovvero l’integrità del paesaggio deturpata ogni qualvolta si va ad aggiungervi un elemento moderno non necessario. Il comitato “salviamo Capo Colonna” ha indetto per oggi una grande manifestazione dalle 14 fino al tramonto. Nel mentre, le betoniere stendono tappeti d’asfalto su quello che un tempo era una colonia romana. E oggi un lugubre parcheggio.
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