Un Elfo metropolitano, Milano va alla Lega
Milano 1993 Il partito di Bossi trasfornò il Leoncavallo in un punto forte della sua battaglia elettorale
Milano 1993 Il partito di Bossi trasfornò il Leoncavallo in un punto forte della sua battaglia elettorale
(…) La Lega vince alla grande e il popolo di Nando si troverà all’Elfo a commentare, festeggiare, progettare nonostante la sconfitta. «Chissà quanto sarà costato l’Elfo, a loro!» dice Alfredo ex operaio Alfa e transitante incazzato.
LA LEGA VINCE NANDO FESTEGGIA
Poi tutto diventa rapido, l’agosto è vicino e la Lega ha trasformato il Leoncavallo in un punto forte della sua battaglia elettorale. Quel centro sociale va raso al suolo, la legalità va ristabilita. Vuoi vedere che quei «bastardi» fanno come il Pillitteri e ci mandano addosso le truppe a metà agosto come nell’89? Non avverrà e tutto ripartirà a settembre. La Consulta cittadina intanto stenta a decollare, molte le differenze di pratica politica e culturale tra i vari Csa. Il Leoncavallo e il Garibaldi hanno negli ultimi tre, quattro anni affinato la loro capacità o scelta politica di intervento nel sociale e nelle lotte operaie, gli altri centri hanno caratteristiche più legate alle controculture metropolitane.
I primi si riconoscono in un quadro di coordinamento nazionale; gli altri sanno a malapena della sua esistenza. I compagni di Micene invece sono un’esperienza nuova dentro un quartiere Iacp come San Siro. Stessi obiettivi hanno quelli di «Su la testa» di Baggio. Due esperienze di periferia che nel tempo possono diventare di grande rilevanza perché invertono il trend degli anni ’80 del proiettarsi verso «il centro» o comunque del creare luoghi di riferimento generale arrivando nei territori dall’esterno. Sembra un tendenziale ritorno alle pratiche del ’77. Riterritorializza- zione delle pratiche sociali contro la «deriva particolaristica» dei leghisti: pensare globalmente per agire localmente contro il pensare localmente per agire globalmente. Non sarà facile ma è da lì che si deve partire per combattere i 31 «Comitati di quartiere» (mix di commercianti e inquilini) per la gran parte filoleghisti, la Lega riesce a far sintesi di interessi e passioni, interpreta e rappresenta le comunità perime- trate e simulate della metropoli post-fordista.
Verso la fine di giugno corteo dei centri sociali dal Leoncavallo attraverso corso Buenos Aires fino a piazza Repubblica a due passi dal consolato statunitense. Un obiettivo inventato ma credibile (c’è la questione della Somalia) perché il questore Achille Serra proibisce ai Csa di andare nel cuore della città, verso palazzo Marino sede del Municipio.
TRA IL LEONCAVALLO E L’ASCO BAIRES
Sabato pomeriggio, bellissima giornata di sole e il corteo che sfila (3500/4000 persone) per la via più americana della città. Intorno si avverte un’atmosfera ostile, corso Buenos Aires è il regno dell’Asco-Baires punta di diamante dei Comitati Cittadini. Gli «asco bottegambrosiani che tiran quattro paghe per il lesso» (come dirà l’Ivan Della Mea) sono forti, potenti. Sono contro tutti: «i tossici», i marocchini (tutti gli immigrati sono marocchini), i viados, le prostitute, ecc. Chiunque non sia conosciuto, interno alla loro perimetrata e simulata «comunità», è un invasore, un possibile contaminatore, un nemico che minaccia i liberi commerci e fa abbassare il valore immobiliare degli stabili. Il Buenos Aires viene così militarizzato per mesi, e il Leoncavallo? Beh, quel centro sociale è l’origine di tutti i mali. Accoglie gli immigrati, fa casino notturno, è il regno della droga… In sostanza è il luogo che protegge e diffonde nel territorio tutti i possibili virus che impediscono la vita ordinata della città.
La storica «capitale morale» del paese Italia, la fasulla «città dell’eccellenza» degli anni ’80, è tutta così. Anche chi non vota Lega è segnato, determinato da questa riterritorializzazione conservatrice della soggettività. Le varie zone della città si sono frantumate sotto la spinta di una rivoluzione tecnologica e produttiva che ridisegna in continuazione nuove gerarchie e nuove geografie sociali. Il risultato è un continuo e incessante bisogno di riperimetrazione e ricollocazione della propria dimensione urbana. Nei quartieri, nelle strade e persino nei condomini. Dentro questa straordinaria e intollerabile spinta localistica si confondono tutti gli egoismi possibili assumendo di volta in volta colorazioni diverse ma unificate nella difesa del proprio ambito privato, del territorio come risorsa, come centro di identità fondato sugli interessi. (…)
* un estratto da un articolo uscito su «il manifesto» del 26 ottobre 1993
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento