La fretta e la logica sono le stesse dell’intervento che ha cancellato i crediti di imposta per il Bonus 110% meno di tre settimane fa. Il governo Meloni lavora per tagliare al più presto le misure sociali e ambientali più rilevanti e costruirsi uno spazio fiscale adeguato ad accontentare il proprio elettorato: per una flat tax generalizzata in primis. Insomma, tagliare ai poveri per dare ai ricchi.

L’intervento che stravolgerà il Reddito di cittadinanza sarà un decreto legge. La scusa per l’ennesima decretazione d’urgenza di questi pochi mesi di governo è legittimata dalla stessa legge di bilancio. I soli sette mesi di proroga al Reddito di cittadinanza rendono necessario un intervento veloce: le divisioni nella maggioranza non reggerebbero al cammino parlamentare di un disegno di legge.

DA VIA VENETO FANNO SAPERE che il decreto approderà «il prima possibile» in consiglio dei ministri: «i tecnici lavorano senza sosta».

Lo scoop con cui Il Corriere ha anticipato i contenuto del Mia («Misura di inclusione attiva», l’acronimo ieri è stato confermato e dimostra la volontà di cancellare al più presto la parola «reddito») è uscita dagli stessi tecnici e ha indispettito il governo che sperava di annunciare la misura con la coppia Meloni-Calderone a fare piazza pulita del Reddito di cittadinanza e annunciare le misure alternative che saranno finanziate dai cospicui risparmi strutturali. In realtà si tratterà molto probabilmente del solo recupero di «Opzione donna» nella versione (quasi) originaria, tagliata con la mannaia in legge di Bilancio. Dunque a fronte di 3 miliardi di risparmi annui ne saranno spesi solo qualche centinaio. Il resto rimarrà a disposizione della prossima legge di bilancio per avere le risorse per «incidere veramente» nel bilancio statale come non è stato possibile fare nell’ultima finanziaria.

La nota con la quale a metà pomeriggio il ministero di via Veneto commenta «le indiscrezioni di stampa» conferma tutto il contenuto, sebbene serva a precisare che il testo non è ancora stato «bollinato» dal Mef di Giorgetti, che potrebbe chiedere ulteriori tagli.

Calderone da settimane era sotto pressione e il balbettio dimostrato nel rispondere alle varie interrogazioni parlamentari che chiedevano lumi sulle modalità di formazione per le 700 mila persone che hanno ancora il Reddito di cittadinanza e che dovevano essere prese in carico lo aveva dimostrato.

DALL’INCONTRO DEL 30 GENNAIO con Meloni, la storica presidente dei Consulenti del lavoro aveva avuto un mandato chiaro: preparare una riforma potabile per cancellare il Reddito di cittadinanza senza però essere troppo sfacciati e duri, specie con le famiglie con bambini e anziani a carico. Missione complicata che Calderone non ha ancora portato a termine, ma che spera di sfangare con il Mia.

Fino a qualche giorno fa, tutti i media davano la precedenza a un intervento sui contratti a tempo determinato con una cancellazione della causali. Non era in alcun modo la priorità del governo Meloni. E difatti è ancora in alto mare.

LE REAZIONI DELLE PARTI SOCIALI confermano la rabbia per l’ennesimo colpo di mano. «Non condividiamo il metodo e il merito – spiega la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi – non siamo stati chiamati su una partita importante che richiederebbe un confronto approfondito. La povertà è un fenomeno complesso, non basta la presa in carico dal punto di vista economico. C’è il disagio abitativo, la povertà educativa, ci vuole una presa in carico complessiva. Andrebbe poi chiarito l’aspetto economico», attacca.

Perfino la Cisl – fin troppo buona con il governo Meloni – è assai critica: «È opportuno che la ministra del Lavoro Calderone convochi un apposito incontro con i sindacati per ragionare congiuntamente sulle ipotesi di cambiamento prospettate – sottolinea il segretario confederale Andrea Cuccello – Occorre inoltre che le risorse già stanziate a contrasto della povertà vadano mantenute nella loro interezza a finanziamento di una o più misure allo scopo».

Più decisa a difesa del Reddito attuale è la Uil: «È e deve continuare a essere uno strumento fondamentale di contrasto alla povertà. Le ipotesi del nuovo strumento “Mia” non corrispondono a questa esigenza», spiega il segretario confederale Domenico Proietti.

L’Alleanza contro la Povertà infine ribadisce «la necessità di non distogliere risorse dalla lotta alla povertà per rispondere alla crescente popolazione in difficoltà» e chiede anch’essa una convocazione in tempi stretti.

Che, come al solito, non arriverà mai.