Il 25 Aprile cade quest’anno in un clima di allarme sui pericoli che minacciano la democrazia in Italia e anche in Europa. Un effetto moltiplicatore è dato dal clima di esasperato bellicismo in cui la guerra in Ucraina e quella in atto nel Medio Oriente hanno fatto precipitare il mondo occidentale. Anzitutto, sembra tramontata l’idea di Europa come area di pace, di distensione e di cooperazione internazionale e anche come soggetto di nuovi rapporti tra Nord e Sud del mondo che facessero giustizia dell’eredità coloniale e post-coloniale, laddove invece stanno oggi ritornando il clima più pesante della “guerra fredda”, i piani generali di riarmo, sino agli irresponsabili appelli ad entrare direttamente in guerra che alcuni vorrebbero fare divenire “senso comune”. In questi ambiti si deve constatare una totale abdicazione dell’Europa a un ruolo autonomo nella scena internazionale, la subordinazione delle sue istituzioni al più esasperato oltranzismo atlantista guidato dagli Stati Uniti, la rinuncia a svolgere un’azione per la fine delle ostilità e per una pace negoziata nel rispetto di tutti i soggetti interessati.

PRESI NEL LORO INSIEME, questi fenomeni rimandano alla più pervasiva e pericolosa sfida che le forze della destra, oggi “neoliberista”, abbiano lanciato dopo il 1945 contro le basi stesse della rinascita democratica e civile dell’Europa dopo la disfatta del nazifascismo. Una rinascita basata su una rifondazione della democrazia e della cittadinanza democratica, sulla ridefinizione della sfera pubblica dei diritti, sulla indissolubilità dei diritti politici e sociali di cittadinanza e sulla costituzionalizzazione del lavoro. Tutto ciò aveva aperto la prospettiva di una democrazia inclusiva, partecipativa e socialmente avanzata, nonché all’azione programmatica, perequativa e redistributiva della ricchezza, alla tutela dei beni comuni da parte dei poteri pubblici rispetto agli interessi di mercato, gettando le fondamenta per l’affermazione del Welfare State. E tuttavia, è d’obbligo rilevare come, a partire dagli anni ’80 e ’90 del ‘900, la linea di tendenza sia radicalmente mutata e come quella che possiamo definire la civiltà del Welfare State sia stata e sia oggi continuamente intaccata in tutti i suoi fondamenti: il prevalere di istanze tecnocratiche e monetariste, l’assunzione di direttive economiche dettate dalla teologia “neoliberista”, la crescita esponenziale delle disuguaglianze, nella pervicace assenza o connivenza dei partiti della “sinistra di governo”, hanno determinato una progressiva disaffezione verso le istituzioni europee, una rinascita di nazionalismi esclusivi e di governi autoritari in tutta l’area post-sovietica, il declassamento sociale e la crescita dell’insicurezza, lo sviluppo di movimenti nazionalisti e xenofobi di estrema destra che si richiamano al passato fascista e che in svariati paesi partecipano già oggi a coalizioni di governo insieme ai partiti conservatori e cristiano-conservatori.

Di più: nella fase più recente, gli organi della governance europea si sono sempre più orientati verso la chiusura delle frontiere, la negazione dei diritti e la criminalizzazione delle ondate migratorie, che si pretenderebbe di fermare attraverso la “esternalizzazione” in luoghi di reclusione in paesi dominati da regimi dittatoriali e negatori dei più elementari diritti umani. A ciò si aggiungono le omissioni e le collusioni rispetto agli atti di genocidio messi in atto dal governo israeliano a Gaza e alla negazione dello stesso diritto di esistere del popolo palestinese. Le previsioni in vista delle prossime elezioni europee non autorizzano alcun ottimismo in un profondo cambiamento nelle istituzioni comunitarie.

SE CI SPOSTIAMO in Italia, siamo ormai nel pieno di una emergenza democratica. Vi è al governo una coalizione di forze di destra non solo estranee, ma espressamente ostili alla Costituzione, in un intreccio di neoliberismo e autoritarismo, berlusconismo e pulsioni neofasciste. Non è qui il caso di un confronto filologico tra i caratteri storici del regime fascista e la subcultura del partito della Meloni, che peraltro rivendica le proprie radici identitarie nel Movimento sociale italiano. Si tratta della consapevolezza di quella discendenza storica e dell’appartenenza alla medesima famiglia politica, che oggi torna a diffondersi a livello europeo, sia pure nello scenario storicamente determinato del mondo contemporaneo. E’ importante comprendere che l’attuale governo è entrato in guerra contro i principi fondanti della Costituzione e i valori dell’antifascismo e della Resistenza: l’offensiva contro le conquiste del mondo del lavoro, il carattere universalistico della sanità e della scuola pubblica e lo stesso diritto di sciopero; la mano libera lasciata alle cosiddette “forze di mercato” e la rinuncia ad ogni funzione programmatoria da parte dello Stato; l’occupazione e il degrado dei mezzi di informazione, l’attacco al giornalismo libero e alle manifestazioni del dissenso; il razzismo, la xenofobia e lo spettro dell’invasione e della mescolanza razziale in chiave di rassicurazione degli strati più degradati della popolazione; la cancellazione di diritti fondamentali conquistati dai movimenti delle donne; l’attacco all’indipendenza della magistratura al fine di ricondurla al controllo dell’Esecutivo; lo svuotamento del Parlamento nei suoi poteri legislativi e di controllo e legittimazione dei governi; il venir meno della separazione dei poteri, che è alla base di ogni sistema democratico. La controriforma costituzionale in discussione alle Camere, che configura un Esecutivo preminente eletto sulla base di uno stravolgimento della rappresentanza, sterilizzando il ruolo del Parlamento e la funzione di garanzia dello stesso Presidente della Repubblica, è la chiave di questo percorso.

SCONFIGGERE QUESTO progetto di segno autoritario (insieme con quello in parte convergente, in parte improvvisato e distruttivo della stessa unità nazionale sull’autonomia differenziata) è il compito principale a cui siamo chiamati. La più ampia convergenza di tutte la forze antifasciste, l’impegno del mondo della cultura, la mobilitazione di tutti i movimenti e le associazioni della società civile saranno essenziali in una battaglia che non dovrà avere un respiro solo difensivo, ma anche tradursi in un’azione per una riforma intellettuale e morale del paese attraverso il rilancio e la piena attuazione dei principi costituzionali. La manifestazione del 25 aprile indetta da il manifesto a Milano, a cui aderisco con piena convinzione, può essere un importante passo in tale direzione.