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«Ultimo tango a Parigi», processo all’immaginario

«Ultimo tango a Parigi», processo all’immaginario

Censure Il film di Bernardo Bertolucci messo di nuovo sotto accusa come quarant'anni fa. Una campagna ridicola che riflette il moralismo da crociata di oggi

Pubblicato quasi 8 anni faEdizione del 6 dicembre 2016

Fa un certo effetto leggere oggi commenti che su Ultimo tango a Parigi potrebbero essere stati espressi nel 1972, quando cioè la furia censoria istituzionale dell’Italia bigotta si scatenò contro il film di Bernardo Bertolucci – e contro i suoi autori, il regista e gli sceneggiatori vennero processati – condannandolo, come Giordano Bruno, al rogo. O forse anche no visto il perbenismo plastificato che caratterizza questi tempi, al quale l’immaginario deve conformarsi docilmente.

 

 
Tutto comincia qualche giorno fa col video divenuto virale in pochi secondi di una intervista rilasciata nel 2013 dallo stesso Bertolucci per la proiezione del film alla Cinémathèque di Parigi. Tornando sulla scena di sesso col burro tra Marlon Brando e Maria Schneider nella casa vuota dei loro incontri amorosi, il regista aveva detto che l’idea di utilizzare il burro era venuta a lui e a Brando la mattina a colazione, e che non avevano detto nulla a Marie Schneider per ottenere una reazione più autentica. Da parte sua l’attrice aveva spesso recriminato sulla sua partecipazione al film, che l’aveva resa famosa – allora era molto giovane – ma aveva segnato per sempre, e non in modo positivo la sua futura carriera.

 

 
In pochi secondi si è scatenato il putiferio. Tweet scandalizzati e inorriditi di star hollywoodiane, commenti malevoli sui giornali – vedi «The Guardian» e «New York Times» – fino a arrivare all’accusa di «stupro» subito rilanciata in rete.
Risposta di Bertolucci: «Anni fa ho precisato di avere deciso insieme a Marlon Brando, di non informare Maria che avremmo usato del burro. Volevamo la sua reazione spontanea a quell’uso improprio. L’equivoco nasce qui. … Per il resto Maria sapeva tutto perché aveva letto la sceneggiatura, dove era tutto descritto. L’unica novità era l’idea del burro… Quelli che non sanno che al cinema il sesso viene (quasi) sempre simulato, probabilmente, ogni volta che John Wayne spara a un suo nemico, credono che quello muoia per davvero».

 

 
Già. O forse in un momento in cui dominano finte campagne moralizzatrici e crociate il sesso – peraltro scomparso dai film di Hollywood e non – è diventato di nuovo materia intoccabile specie se si tratta di sensualità, desiderio e come in quel film di una sua declinazione fortemente politica, e deve perciò essere condannato.
La scena in questione non è una «violenza» a meno che non si intenda tale la scoperta e l’esplorazione complice delle proprie fantasie, del proprio corpo, del desiderio non per subirlo ma in una reciproca complicità.
I due protagonisti si ritrovano senza conoscersi in uno spazio vuoto: possono essere chiunque, possono fare ciò che vogliono insieme, senza le inibizioni dei ruoli sociali,del rapporto di coppia, della società. Sono sfacciati e liberi, in un’era (oggi o ieri?) di repressione che arriva a confondere il meccanismo del cinema e la sua messinscena con la realtà. Confusione strumentale, ancora più pericolosa.

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