Economia

Ue, taglio record del Pil italiano a +0,2%

Ue, taglio record del Pil italiano a +0,2%Il Commissario Ue agli Affari Economici Pierre Moscovici – LaPresse

Stime Bruxelles vede una «grande incertezza» nel 2019, l’anno della «ripresa incredibile». Conte: «I conti torneranno, non ci dettino l’agenda». Di Maio: «Non cediamo al racconto catastrofista»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 febbraio 2019

Secondo la Commissione europea il Prodotto interno lordo (Pil) italiano del 2019 sarà un punto percentuale inferiore rispetto alle sue stime precedenti. Il taglio è da record: dall’1,2% dello scorso novembre Bruxelles oggi vede precipitare la crescita allo 0,2%. Nella più ampia revisione al ribasso delle stime per tutti i paesi europei dalla primavera 2012, il Pil italiano resta il più basso sia per il 2019 che per il 2020: 1,1 punti percentuali in meno rispetto alla media dell’Eurozona (+1,3% nel 2019).

IL CROLLO SAREBBE AVVENUTO in soli tre mesi, durante quelli più caldi della trattativa che ha costretto il governo Lega-Cinque Stelle a tagliare le avventurose stime con le quali erano andati allo scontro già a settembre. Il bilancio di quest’anno è costruito sulla base di una crescita del Pil dello 0,6% e il fatto che la crescita potrebbe fermarsi allo 0,2% avrà un impatto sui conti pubblici in termini nominali. Secondo la logica dell’austerità è importante il deficit strutturale. Il governo si è impegnato a non peggiorarlo. Questo è l’accordo con la Ue: non deve esserci un miglioramento, né un peggioramento. Se sarà confermata la tendenza individuata dalla Commissione Ue, più bassa di quella allo 0,6% stimata da Istat e Bankitalia che parlano di «recessione tecnica» nel quarto trimestre del 2018, già a metà di quest’anno il governo dovrà procedere a una robusta correzione dei conti. Probabilmente superiori a quella già contenuta nell’attuale manovra che prevede una «clausola di salvaguardia» di due miliardi da usare in casi di peggioramento del clima economico.

L’OMBRELLO può non bastare, lo tsunami può guastare le previsioni sull’«anno bellissimo» e la «ripresa incredibile» vaticinata dal presidente del Consiglio Conte. Già a partire da quest’anno, ma soprattutto nel 2020, è a rischio la tenuta finanziaria delle misure-bandiera dei pentaleghisti: il sussidio detto impropriamente «reddito di cittadinanza» e le pensioni «quota 100». Con una crescita in netto declino, se non negativa, l’anno prossimo il governo (o quello che lo seguirà) dovrà trovare nuove risorse per sterilizzare una «clausola Iva» da record: 28 miliardi. Altri 25 nel 2021. Potrebbe farlo con i tagli al Welfare. Prospettiva più volte esclusa dal governo che si è impegnato condurre in porto uno spettacolare piano di dismissioni da 18 miliardi, di cui almeno uno proveniente dalla cessione degli immobili pubblici. Più che altro questa sembra essere la carta della disperazione, considerate le condizioni di mercato attuali, per un governoche sembrava un tempo considerare l’impatto sociale delle privatizzazione. È lontano il tempo in cui qualche suo esponente parlava di «nazionalizzazioni».

CON UN SISTEMA PRODUTTIVO fermo, l’analisi del commissario agli affari economici Pierre Moscovici suona come una smentita alle motivazioni addottare dal governo, tramite Conte, sulla recessione tecnica. L’economia italiana ha cominciato a perdere slancio all’inizio del 2018, quando era in carica l’esecutivo Gentiloni, ed è finita in contrazione nella seconda metà dell’anno. Mentre la frenata iniziale era «largamente dovuta al commercio mondiale meno dinamico» – ovvero la causa esogena indicata da Conte – il crollo degli ultimi tre mesi sarebbe stato dovuto «a una domanda interna pigra, in particolare su investimenti». Quelli tagliati dalla manovra: 1,1 miliardi nel 2020, secondo l’ufficio parlamentare di bilancio. Il crollo ieri in borsa, e il congelamento, del titolo Fca conferma l’impatto traumatico sull’industria dell’auto che ha avuto l’inizio del nuovo anno. Inoltre, lo spread non sembra avere influito sul taglio record della crescita. È calato a dicembre, dimostrando che sulla manovra «abbiamo preso la giusta decisione, immaginiamo cosa sarebbe successo se non l’avessimo fatto» ha sostenuto Moscovici. Dopo avere sbagliato anche lei le previsioni, la Commissione non ha fretta e continuerà ad esercitare le funzioni commissariali. L’attività è sospesa in vista delle elezioni europee. Si attendono le previsioni sul deficit e il rapporto debito/pil di maggio. Per il momento una manovra bis è «solo teorica» ha detto Moscovici. «I fatti parlano – ha aggiunto – Non sembra che l’espansione keynesiana prevista si stia materializzando in modo forte, malgrado un miglioramento della situazione finanziaria e dello spread». È la premessa per escludere un effetto economico significativo del totem dei Cinque Stelle: il «reddito di cittadinanza». L’obbligo a spendere l’importo mensile del sussidio nel mese, la trasformazione di un diritto sociale fondamentale della persona in uno sgravio alle imprese non darà la carica alla «ripresa incredibile» dal prossimo giugno. Gli effetti, se ci saranno, sono considerati «marginali e parzialmente compensati dal deterioramento delle prospettive di occupazione».

IL GOVERNO È sull’orlo di una crisi di nervi. «Questo governo non si fa dettare l’agenda dalle previsioni che di volta in volta vengono fatte all’estero» ha sostenuto Conte. Lo stesso che ha dovuto «mediare» per portare a casa un accordo, oggi smentito dalle nuove stime, sulla crescita all’1% e il deficit al 2,04% con quella che ha definito «istituzione internazionale». La stessa impressione di affanno l’ha data ieri il suo vice Di Maio, quello che aveva parlato di «stime apocalittiche» di Bankitalia, nello stesso giorno in cui preannunciava un «boom economico come quello degli anni Sessanta». «Non cederemo a questo racconto catastrofista sull’Italia che stanno facendo in queste ore» ha aggiunto. Il dioscuro Salvini ha invece smentito la «patrimoniale».»Nessuna tassa sulla casa e nessuna tassa sui risparmi» ha detto.

«È UNA BATTUTA D’ARRESTO, non una recessione – ha detto il ministro dell’economia Tria parlando in Aula alla Camera dove ha dato vita a un gustoso scontro con il capogruppo di Forza Italia Brunetta – Le condizioni macroeconomiche di fondo restano buone e ritengo esistano le premesse per una graduale ripartenza». Tria ha detto di «scommettere» sulla «rapida apertura e riapertura dei cantieri». Non si sa se è previsto anche quello del Tav. Pur di aprirlo, il governo potrebbe anche cadere.

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