Ucciso il ragazzo israeliano scomparso. Coloni all’attacco
Cisgiordania/Gaza Case bruciate e decine di feriti nei villaggi palestinesi. Netanyahu: colpiremo gli assassini. I media normalizzano l’offensiva a Gaza ma nella Striscia si continua a morire. Ieri altri 52 uccisi
Cisgiordania/Gaza Case bruciate e decine di feriti nei villaggi palestinesi. Netanyahu: colpiremo gli assassini. I media normalizzano l’offensiva a Gaza ma nella Striscia si continua a morire. Ieri altri 52 uccisi
Rispettate la legge, «non fatevi giustizia da soli», diceva ieri il ministro della Difesa Yoav Gallant ai coloni in Cisgiordania. Troppo tardi e soprattutto troppo poco. La rappresaglia violenta dei settler israeliani è scattata già venerdì sera ed è andata avanti, tra i distretti di Ramallah e Nablus, per tutta la giornata di ieri, senza aspettare l’esito delle ricerche e la conferma dell’uccisione dello scomparso Benyamin Achimeir, 14 anni, dell’avamposto coloniale israeliano di Malachei HaShalom, nella Cisgiordania palestinese occupata. E comunque mentre i coloni ieri mettevano a ferro e fuoco per il secondo giorno Mughayer – dove è stato ucciso un palestinese – Douma, Mazra, Bitin, Deir Dibwan, Beit Furik, Qusra e altri villaggi, è stato lo stesso premier Netanyahu ad incendiare ulteriormente gli animi con proclami infuocati. «L’esercito e lo Shin Bet (intelligence) – ha detto – stanno dando la caccia agli spregevoli assassini e a chiunque abbia collaborato con loro. Arriveremo a loro, come facciamo con chiunque faccia del male ai cittadini dello Stato di Israele».
Il corpo di Achimeir è stato ritrovato a mezzogiorno non lontano da Malachei HaShalom con l’aiuto di un drone. Secondo esercito e polizia è stato ucciso poco dopo aver lasciato l’avamposto. Sull’ omicidio ieri sera non si avevano molti particolari. Ma le autorità israeliane hanno parlato subito di un «atto di terrorismo». Parole che hanno alimentato il desiderio di vendetta dei coloni che a centinaia si sono lanciati all’assalto di diversi villaggi palestinesi sparando, dando alle fiamme case e automobili in una ripetizione dell’attacco in massa di poco più di un anno fa ad Huwara nei pressi di Nablus. L’attacco ieri si è concentrato su Douma (Nablus), il villaggio dove il 31 luglio 2015 estremisti israeliani diedero fuoco alla casa di una famiglia palestinese uccidendo Ali Dawabsheh, 18 mesi. I genitori del bimbo morirono a causa delle ustioni nel giro di qualche giorno, si salvò solo il fratello di quattro anni, Ahmad. Il capo del consiglio amministrativo di Douma, Suleiman Dawabsha, ieri ha raccontato al manifesto che «le strade del villaggio sono un campo di battaglia», che gli abitanti sono intervenuti «per fronteggiare l’incursione dei coloni» mentre «colonne di fumo si alzano da ogni punto di Douma a causa dell’incendio di case, autoveicoli e fattorie». Dawabsha ha affermato che i soldati «invece di sbarrare la strada ai coloni hanno chiuso gli ingressi al villaggio impedendo l’ingresso dei mezzi di soccorso». Almeno cinque i feriti, oltre a una ventina di case danneggiate dalle fiamme assieme ad automobili e trattori.
Le cose non sono andate meglio ad Abu Falah dove i coloni hanno attaccato e picchiato alcuni abitanti. Raid sono avvenuti anche a Turmus Aya, Deir Dibwan, Silwad, Mazra, Bitin e di nuovo a Mughayer in cui l’esercito nella notte ha compiuto perquisizioni in decine di abitazioni alla ricerca del 14enne scomparso. I coloni avrebbero aperto il fuoco per impedire i funerali di Jihad Abu Alia, ucciso venerdì. Il numero totale di feriti riportati dai palestinesi è di 40, uno dei quali è in fin di vita perché colpito alla testa da un proiettile. Ieri sera, dopo un silenzio durato quasi un giorno, il primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese, Mohammed Mustafa, ha condannato le violenze dei coloni. «Gli attacchi dei coloni israeliani non scoraggeranno il nostro popolo dal rimanere sulla propria terra», ha detto.
Il clima di guerra anche in Cisgiordania, dove dal 7 ottobre sono stati uccisi centinaia di palestinesi in prevalenza in raid dell’esercito in città e villaggi, ha fatto passare in secondo piano l’allerta per la possibile risposta dell’Iran al recente grave attacco aereo israeliano alla sede diplomatica di Teheran in Siria. L’attenzione si è spostata nel Golfo dove uomini della Guardia rivoluzionaria iraniana hanno sequestrato una nave in parte di proprietà di Israele con 25 membri dell’equipaggio, vicino allo Stretto di Hormuz. La tensione resta alta al confine tra Libano e Israele dove non si arrestano gli attacchi aerei dello Stato ebraico e di Hezbollah. Nelle ultime ore l’aviazione israeliana ha colpito Houla e Beit Lif, Odaisseh e Taybeh. Un drone del movimento sciita ha ferito gravemente un israeliano in un kibbutz.
L’escalation della crisi nella regione sta normalizzando sui media internazionali l’offensiva militare israeliana a Gaza che, se da un lato ha cambiato in parte il suo volto dopo il ridispiegamento dell’esercito di occupazione, dall’altro resta distruttiva e letale. Inoltre, la crisi umanitaria non è affatto risolta nonostante Israele abbia aperto un altro valico e stia lasciando entrare nella Striscia un numero maggiore di camion con generi di prima necessità. I palestinesi riferiscono di altri cinque massacri e del ritrovamento dei corpi senza vita di alcuni dispersi. Nelle ultime 24 ore gli uccisi sono stati 52 e 95 i feriti. In totale i 190 giorni di attacchi israeliani hanno ucciso 33.686 persone. Sdegno per l’ingresso negato dalla Germania al dottor Ghassan Abu Sitta, un noto chirurgo britannico di origine palestinese considerato un eroe per le sue missioni volontarie a Gaza nei primi mesi della guerra. Abu Sitta avrebbe dovuto parlare a una conferenza, poi annullata dalla polizia tedesca, assieme all’ex ministro delle finanze greco Yanis Varoufakis e al politico irlandese Richard Boyd Barrett.
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