Tutta l’opposizione (tranne Renzi): «Salario minimo a 9 euro»
Lavoro Dopo anni di divisioni il testo prevede una soglia comune a tutti e l'estensione erga omnes dei contratti nazionali, come volevano Cgil e Uil. Sconfitta la Cisl che chiedeva di non intervenire con una legge
Lavoro Dopo anni di divisioni il testo prevede una soglia comune a tutti e l'estensione erga omnes dei contratti nazionali, come volevano Cgil e Uil. Sconfitta la Cisl che chiedeva di non intervenire con una legge
Nel disastrato stato della sinistra e dell’opposizione, la proposta condivisa di salario minimo orario fissato a 9 euro l’ora sottoscritta da Pd, M5s, Azione, Alleanza Verdi e Sinistra e Più Europa è un fatto rilevante e inatteso. La valenza politica è evidente: per la prima volta dall’inizio della legislatura l’opposizione – con la scontata assenza della stampella della destra rappresentata da Matteo Renzi e da Italia Viva – si unifica su un tema importante e sfidante. «La necessità di un intervento a garanzia dell’adeguatezza delle retribuzioni dei lavoratori, in particolare di quelli in condizione di povertà anche per colpa dell’inflazione, è un elemento qualificante dei nostri programmi elettorali. Per questo abbiamo lavorato a una proposta unica che depositeremo alla camera nei prossimi giorni», scrivono Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni, Matteo Richetti, Elly Schlein, Angelo Bonelli e Riccardo Magi, sottolineando «che è giunto il momento di dare piena attuazione all’articolo 36 della costituzione che richiede che al lavoratore sia riconosciuta una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficiente a garantire un’esistenza libera e dignitosa per sé e per la propria famiglia». Detto questo, il testo è, nel merito, avanzato e progressista.
DA ANNI IL TEMA «salario minimo» stava dividendo la sinistra politica e sindacale con posizioni molto diversificate. M5s, Pd e Sinistra Italiana non erano riuscite a trovare un compromesso durante il governo Conte Due nel quale erano assieme al governo e come maggioranza.
ANCHE SUL PIANO SINDACALE, dopo una prima fase di diffidenza da parte di tutti i confederali, Cgil e Uil si erano dette disponibili a fissare un salario minimo orario a patto che parallelamente venisse prevista l’estensione erga omnes a tutti i lavoratori della validità dei contratti nazionali e una norma sulla rappresentanza che evitasse i contratti pirata come quello «capestro» firmato dall’Ugl e Assodelivery nel 2019 che aveva riportato al cottimo i rider.
La vera sconfitta da questa proposta è dunque la Cisl che con il segretario Luigi Sbarra un mese fa continuava a sostenere «il salario minimo facciamolo con i contratti», chiedendo di non intervenire con una legge.
A giugno 2022 è arrivata la direttiva Europea che comunque non implicava un obbligo di «salario minimo» per l’Italia: uno dei soli sei paesi su 27 a esserne priva. La Direttiva stabilisce però un trattamento minimo sopra la soglia di povertà che Eurostat ha fissato a 7,66 euro l’ora nel 2018, valore non raggiunto da alcuni contratti nazionali firmati dai confederali, compreso anche il recente rinnovo della Vigilanza privata.
Detto questo la divisione rimaneva. Perfino la proposta dell’ex ministro del Lavoro Pd Andrea Orlando prevedeva di applicare come salario minino del settore il Trattamento economico complessivo risultante dai minimi del contratto nazionale. Bocciando la fissazione di un salario minimo orario comune per tutti.
Alla fine la proposta è molto vicina a quella dell’altra ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo del M5s, ora non più in parlamento per aver già fatto due mandati.
NEL TESTO SI SPECIFICA infatti che «al lavoratore di ogni settore economico sia riconosciuto un trattamento economico complessivo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative – e questo va incontro alla richiesta di Cgil e Uil -; a ulteriore garanzia del riconoscimento di una giusta retribuzione, venga comunque introdotta una soglia minima inderogabile di 9 euro all’ora, per tutelare in modo particolare i settori più fragili e poveri del mondo del lavoro, nei quali è più debole il potere contrattuale delle organizzazioni sindacali».
La proposta prevede che «la giusta retribuzione» riguardi anche i «parasubordinati e il lavoro autonomo», anche se non viene spiegato come. Prevista anche, come da Direttiva europea, «una commissione composta da rappresentanti istituzionali e delle parti sociali per aggiornare periodicamente il trattamento economico minimo orario».
Infine si «riconosce un periodo di tempo per adeguare i contratti alla nuova disciplina, e un beneficio economico a sostegno dei datori di lavoro per i quali questo adeguamento risulti più oneroso», chiudendo dunque con una mano tesa a Confindustria che vede il salario minimo come un pugno nello stomaco.
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