«Turchia paese sicuro», ma l’Unione si divide
Europa Una bozza di accordo con il governo turco spacca il consiglio Ue. 3 miliardi di euro ad Ankara perché rafforzi i controlli e impedisca ai profughi di partire
Europa Una bozza di accordo con il governo turco spacca il consiglio Ue. 3 miliardi di euro ad Ankara perché rafforzi i controlli e impedisca ai profughi di partire
Non è passata neanche una settimana dall’attentato che ad Ankara ha fatto strage tra i partecipanti a un corteo pacifista e l’Europa si preparerebbe a inserire la Turchia nella lista dei paesi sicuri, quelli dai quali non si possono accettare rifugiati politici. E’ uno dei punti che Recep Tayyip Erdogan dieci giorni fa aveva posto come condizione a Bruxelles in cambio di un coinvolgimento più attivo nel fermare i profughi diretti in Europa e politicamente molto importante per lui perché, se approvato, impedirà in ai curdi in fuga dal paese di essere considerati rifugiati politici.
La classificazione della Turchia come paese sicuro farebbe parte dell’accordo che il vicepresidente della commissione europea Frans Timmermans ha raggiunto con il governo turco nel corso di una missione ad Ankara alla quale ha partecipato anche il commissario per l’allargamento Johannes Hahn. Accordo che deve essere approvato dai capi di stato e di governo che si sono riuniti ieri sera a Bruxelles per il quarto vertice in pochi mesi dedicato alla crisi migranti. Tra gli altri punti discussi con il governo turco, ci sarebbe un ulteriore stanziamento di 3 miliardi di euro (uno era già stato stanziato) per la gestione dei campi profughi (soldi presi in parte dal bilancio europeo e in parte dal fondo degli stati membri), l’accelerazione al 2016 della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi e lo scongelamento di cinque capitoli del processo di adesione della Turchia all’Ue. In cambio Ankara si sarebbe detta pronta rafforzare i propri confini e ad aumentare la collaborazione con la Grecia (punto sul quale si è detto d’accordo anche il premier greco Tsipras), a riprendere i migranti entrati illegalmente in Europa e a garantire ai profughi siriani il diritto a poter lavorare.
La guerra in Siria e l’emergenza profughi in pochi mesi hanno fatto della Turchia un partner indispensabile per l’Unione europea che non se la sente più di tenerla ai margini come ha fatto negli ultimi venti anni. Per questo Bruxelles, che teme di vedere arrivare ai propri confini molti più profughi di quanti non se ne siano visti negli ultimi mesi (Timmermans ha parlato di «milioni» di migranti che potrebbero arrivare entro la primavera), sembra essersi convinta a mettere da parte per il momento i dubbi nutriti fino a oggi per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, la libertà di stampa e le politiche repressive nei confronti dei curdi. Tutti problemi ben presenti anche al vertice di ieri sera, dove non sarebbero mancate le resistenze da parte di paesi ancora scettici nel concedere tanto a Erdogan. In particolare Germania e Svezia si sarebbero espresse contro l’inserimento della Turchia tra i paesi sicuri proprio a causa della situazione con i curdi.
Che l’atteggiamento nei confronti della Turchia fosse cambiato era nell’aria. Già due giorni fa, alla vigilia della missione di Timmermans, il presidente della commissione Ue Jean Claude Juncker si era dimostrato più che disponibile: «Noi abbiamo bisogno della Turchia e la Turchia per altri aspetti ha bisogno di noi», aveva detto aggiungendo di ritenere l’inserimento della Turchia tra i paesi sicuro un passaggio obbligato altrimenti, aveva spiegato, «se così non è bisogna toglierla dalla lista dei paesi candidati all’Ue». Un via libera dettato dalla paura che l’aggravarsi della conflitto siriano, unito all’incertezza del processo di pace in Libia spinga una nuova ondata di profughi a partire. Come ha detto chiaramente Francois Hollande arrivando a Bruxelles per il vertice: «Dobbiamo fare in modo che i paesi che ospitano più profughi siriani vengano aiutati – ha spiegato il presidente francese -. Altrimenti nuovi flussi di migranti usciranno da quei paesi diretti Europa».
L’aiuto ai paesi terzi era del resto uno degli punti all’ordine del giorno del consiglio europeo. Nonostante le promesse, gli stati membri finora si sono dimostrati abbastanza avari, al punto che dei 2 miliardi e 300 milioni di euro chiesti dalla commissione Ue a favore di Africa e Siria, finora ne sono arrivati solo 17 (a pagare sono stati Germania, Spagna, Italia e Lussemburgo) mentre dei 500 milioni per aiuti umanitari ne mancano all’appello ancora 250. Un ritardo che preoccupa non poco Junker. Ieri il parlamento europeo è intervenuto stanziando 401,3 milioni di euro destinati a Turchia, Libano, Siria e alle agenzie Ue che si occupano di migranti. Ma siamo ancora lontani dalla cifra richiesta.
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