Tsipras: «Nessuna marcia indietro»
Grecia Il governo greco non presenterà un altro piano. Le opposizioni concordi: «Rottura sarebbe disastro»
Grecia Il governo greco non presenterà un altro piano. Le opposizioni concordi: «Rottura sarebbe disastro»
Ore di tensione per l’intero paese, nonostante apparentemente sembri tutto calmo. I cittadini greci, a prescindere da ciò che hanno votato, stanno seguendo minuto dopo minuto il corso delle trattative tra il governo e i creditori internazionali. Sembra quasi che seguano una partita di calcio dall’esito della quale dipenderà il loro immediato avvenire. La maggioranza dei greci non vorrebbe uscire dall’eurozona ed è contraria al «Grexit» non solo perché si sente europea ma anche perché in fondo sa che il paese non possiede strutture di base produttive, mancano per il momento le prospettive per una crescita reale e di conseguenza un’eventuale fuoriuscita dall’euro sarebbe molto difficile da gestire.
Dall’altra parte questa stessa maggioranza sa che non si può andare oltre con l’austerità imposta, la recessione e l’eventualità di subire nuovi tagli agli stipendi e alle pensioni. Quindi tra l’incertezza per l’esito del negoziato, la preoccupazione per una possibile applicazione alle banche dei controlli sul flusso dei capitali, l’indignazione perché lo stato ha sospeso quasi tutti i pagamenti ai suoi fornitori, imprese piccole e medie, alla fine prevale la fermezza.
Alexis Tsipras si fa forte di questo largo consenso popolare per dire ai partner europei che non ha intenzione di fare marcia indietro. In un’ intervista al quotidiano autogestito Efimerida ton Syntakton (Il Giornale dei redattori), il premier ha sottolineato che i creditori non dovrebbero considerare «come una debolezza il nostro sincero desiderio di arrivare ad una soluzione e le misure che abbiamo intrapreso per superare le differenze… Il governo greco è andato alle trattative con un piano e con contro-proposte ben documentate. Resteremo in paziente attesa fino a quando le istituzioni torneranno al realismo. Stiamo portando sulle nostre spalle la dignità di un popolo e la speranza dei popoli d’Europa. Non è una questione di ossessione ideologica. È una questione di democrazia».
Oltre al miliardo e 800 milioni di euro derivanti dalla riforma dell’Iva, che provocherebbe un salto ai prezzi dei beni di prima necessità e alle bollette dell’acqua e dell’ energia elettrica, i creditori chiedono un altro miliardo e 800 milioni da trovare apportando ulteriori tagli al sistema pensionistico pari al 20% in meno su tutte le pensioni principali e quelle integrative.
Le «istituzioni» – quindi- chiedono misure dirette ad un ulteriore impoverimento delle classi più colpite dai precedenti memorandum, ovvero dipendenti pubblici e privati, piccoli e medi imprenditori oltre ai pensionati, che hanno visto ridurre le loro rendite del 48% negli ultimi quattro anni. Da notare che il 45% dei pensionati vive già al di sotto della soglia della povertà, mentre 6,3 milioni di greci, pari al 58% dell’ intera popolazione di circa 11 milioni è già a rischio povertà. Le richieste «sono misure che porteranno il popolo greco alla schiavitù» ha detto il vice-ministro della Sicurezza sociale, Dimitris Stratoulis.
E tutto ciò appena due settimane dalla scadenza definitiva del negoziato visto che il 30 giugno Atene deve sborsare 1,6 miliardi di euro al Fmi, che ha già abbandonato il tavolo delle trattative. Nel momento in cui ieri era in corso un incontro a Bruxelles tra i massimi responsabili europei per discutere gli ultimi sviluppi dei negoziati tra la Grecia e suoi creditori -al vertice hanno partecipato Jean-Claude Juncker, Mario Draghi, Jeroen Dijsselbloem, Martin Schulz e Donald Tusk- nella capitale greca il premier incontrava uno dopo l’altro i leader e gli alti esponenti dell’opposizione per discutere pure con loro gli ultimi sviluppi.
A parte l’allarmismo giustificato fino ad un certo punto dai partiti dell’opposizione perché l’economia reale soffre e continua il ritiro dei depositi bancari, tutti, ovvero Dora Bakoyanni dai conservatori della Nea Dimokratia, Fofi Gennimata la nuova leader dei socialisti del Pasok, eletta appena domenica scorsa nella carica del presidente, e Stavros Teodorakis, il presidente del Potami (Il Fiume), il nuovo partito del centro, concordano che la Grecia deve fare di tutto per rimanere nell’eurozona.
Nemmeno Tsipras vorrebbe la rottura delle trattative: «Quello che vogliamo – ha detto – è una soluzione sostenibile». E poi ha aggiunto: «nel caso non ci sarà una soluzione entro la fine del mese, non pagheremo il Fmi».
Ci sono poi da fare i conti con le reazioni interne a Syriza che si fanno sempre più forti, perché viene chiesta la rottura dei negoziati. «Ci siamo infilati in un vicolo cieco» è la frase che si sente spesso nei discorsi tra i parlamentari della sinistra radicale. Per questo motivo c’è stata ieri una riunione straordinaria della segreteria politica e del gruppo parlamentare di Syriza.
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