Follow the Money, seguite le tracce del denaro, era il consiglio che, secoli fa, l’uomo dell’Fbi dava a Carl Bernstein e Bob Woodward, i due giornalisti che indagavano sul presidente Richard Nixon. Un consiglio che portò al successo l’indagine del Washington Post e, nel 1974, alle dimissioni di Nixon, peraltro accusato di violazioni della legge che appaiono poco più gravi di un parcheggio in sosta vietata a confronto con i crimini di Donald Trump.

E se l’ex presidente, accusato di aver tentato di rovesciare con la forza il risultato delle elezioni del 2020, forse se la caverà nei vari processi penali che lo riguardano, la sentenza dell’altroieri in un processo civile per frode a New York colpisce dove fa più male: nel portafoglio.

Il giudice Arthur Engoron, infatti, gli ha ordinato di pagare una multa di 355 milioni di dollari, a cui si aggiungono interessi sostanziali, facendo salire il conto a circa 450 milioni di dollari, secondo quanto dichiarato dal procuratore che ha condotto il processo, Letitia James.

Non è tutto: Engoron ha anche vietato a Trump di ricoprire per tre anni ruoli direttivi in qualsiasi azienda dello stato di New York, comprese la sua “Trump Organization”, che sarà gestita da un commissario. Ha anche imposto un bando di due anni ai figli adulti dell’ex presidente e ha ordinato loro di pagare una multa di 4 milioni di dollari ciascuno. Eric Trump è di fatto l’amministratore delegato della “Trump Organization” e la sentenza sostanzialmente esclude la famiglia dalla gestione dell’azienda, quanto meno per tre anni.

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Per Trump è una ferita non solo al suo conto corrente, che nell’immediato si svuoterà, costringendolo a ipotecare o vendere alcune delle sue proprietà immobiliari, ma soprattutto alla sua immagine di miliardario che dispensava infallibili consigli sull’arte di fare affari, prima scrivendo bestseller e poi conducendo una trasmissione televisiva, The Apprentice, che è stata il terreno di allenamento dove ha costruito il suo stile politico: istrionico e violento ma di indubbio successo.

La sentenza aggroviglia ancora di più l’intreccio di politica e giustizia che caratterizza questo anno elettorale (si vota per la presidenza il 5 novembre). Trump ha finora usato i processi penali per rafforzare il legame con i suoi sostenitori, convincendoli che le accuse contro di lui erano politicamente motivate, complotti di procuratori e giudici al servizio dei democratici. È sui social media che si difende, non nelle aule di tribunale, dove fino ad ora ha collezionato solo sconfitte.

Nei prossimi giorni la Corte suprema deciderà su due questioni chiave: se i presidenti godono di una totale immunità anche dopo aver lasciato la carica e se Trump può essere escluso dalla partecipazione alle elezioni in quanto responsabile, o quanto meno complice, dell’invasione del Congresso attuata dai suoi sostenitori il 6 gennaio 2021, quando era ancora alla Casa Bianca.

Sulla prima questione la Corte, malgrado le sue simpatie per l’ex presidente, che ha nominato tre dei nove giudici, risponderà probabilmente di no mentre sulla seconda, troverà certamente qualche acrobazia giuridica per impedire che si applichi a Trump il XIV emendamento, a suo tempo varato per escludere dalla vita politica gli ex leader sudisti che avevano organizzato la secessione nel 1861 e avevo poi combattuto contro l’Unione fino al 1865.

Quindi Trump resterà in corsa ed è praticamente scuro di vincere le primarie repubblicane, dove a contendergli la nomination è rimasta solo l’ex governatrice del South Carolina Nikki Haley. Difficile dire, però, cosa succederà in autunno, nelle elezioni generali: un’ampia maggioranza di americani vorrebbe due candidati differenti da Biden e Trump.

Sul tavolo ci sono temi che preoccupano fortemente i democratici, come l’età avanzata di Biden (propenso a fare gaffe in serie) e il massiccio arrivo di immigrati dal Sudamerica: due questioni che i repubblicani sfrutteranno a fondo per far dimenticare agli elettori il buon andamento dell’economia, che favorisce il presidente uscente.

Vedremo nei prossimi giorni se la sentenza di New York avrà effetti sulla popolarità di Trump mentre tra qualche mese è possibile che anche uno o più dei processi penali in cui è imputato arrivi a sentenza: se il risultato fosse una condanna le reazioni della vasta platea di elettori indipendenti sarebbero fortemente negative per l’ex presidente.

Il sostegno degli elettori repubblicani più fedeli non è sufficiente per vincere un’elezione presidenziale: sia nel 2016 che nel 2020 Trump ottenne molti meno voti popolari dei candidati democratici e, nel 2016, fu eletto presidente solo grazie al bizzarro e macchinoso sistema elettorale americano, un’elezione di secondo grado santificata dalla Costituzione del 1787.