Veronica Cruciani lavora alacremente alla regia: ultimamente ha indagato e scavato dentro un testo di August Strindberg, I creditori, scritto più di un secolo fa, per riuscire a darcene le inquietanti suggestioni che sul rapporto maschio/femmina incombono ancora oggi. La vicenda è quella di un «triangolo» tra una donna e suoi due mariti, l’attuale e il precedente, tra i quali si consuma un gioco al massacro senza vincitori, ma dove è l’elemento femminile a muovere gli altri due come pedine di una partita senza scampo.

L’autore, uno dei precursori dell’espressionismo teatrale, non era «neutrale» (di mogli ne ha avute tre) e l’argomento gli suonava delicato, se non scabroso. La moglie Tekla (interpretata da Viola Graziosi in questa coproduzione tra Teatro di Genova e Metastasio di Prato) è la figura dominante, per noi oggi forse l’unica positiva, rispetto ai giochi di ruolo dei due mariti. Quello attuale Adolf (Rosario Lisma) è un artista svagato e quindi quasi destinato a essere perdente.

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Gustav, il primo, divorziato, dal passato si insinua prepotente nel rapporto attuale a colpi di feroce «modernismo», ma non risulta affatto più simpatico né da rimpiangere. Un teorema sull’infelicità, che la regia e gli interpreti rendono lucido e coinvolgente anche per lo spettatore di oggi, cui possono venire diverse domande interessanti sulla coppia del ventunesimo secolo.