Chiunque dovesse leggere L’arringa di un pazzo (Adelphi «Biblioteca», traduzione di Francesco Bergamasco, pp. 284, euro 19,00) servendosi di una griglia interpretativa semplicemente ideologica, e magari aggiungendovi una spruzzatina di correttezza politica, di certo se ne sentirebbe imbarazzato e respinto. August Strindberg lo scrisse direttamente in francese tra il 1886 e il 1887 con quel medesimo furore, insieme accusatorio e difensivo, che contraddistingue tutto il suo ciclo narrativo di carattere autobiografico, da Il figlio di una serva a Inferno, da Lui e lei a Solo e ai Diari occulti, questi ultimi due pubblicati postumi – un lungo lavoro di scavo...