Sul sito dell’Osservatorio Vesuviano i Campi Flegrei sono segnati con allerta gialla, a luglio si sono registrati 206 terremoti, l’ultima scossa venerdì durante uno sciame di 115 terremoti in un solo giorno. Siamo nel golfo di Pozzuoli, a nord ovest di Napoli. Giuseppe De Natale è Dirigente di Ricerca presso l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ed è stato direttore dell’Osservatorio Vesuviano.

Cosa sta succedendo?
Quanto affermo non riflette necessariamente la posizione ufficiale dell’Ente in cui lavoro, ma è basato sui risultati della mia attività di ricerca scientifica. I Campi Flegrei di solito non sono un’area sismica. Da 2000 anni a questa parte la sismicità c’è stata soltanto in periodi molto limitati quando, cioè, c’è il bradisismo positivo in atto e il livello del terreno si solleva. Questo succede perché ci sono pressioni nel sottosuolo che aumentano e quindi la parte che non è vincolata dalle altre rocce, la parte superficiale, si deforma provocando un rigonfiamento. Le pressioni nel sottosuolo in un’area vulcanica possono essere dovute sia a magma che viene dalle profondità, e si intrude nelle rocce più superficiali, oppure ad un aumento di pressione negli acquiferi superficiali, per riscaldamento. Molti di noi (me compreso) pensano che il bradisismo attuale sia causato appunto da un trasferimento di calore verso gli acquiferi superficiali (riserve d’acqua sotterranee ndr) dovuto ad un forte degassamento dalla camera magmatica profonda, che noi attraverso la tomografia sismica abbiamo localizzato a circa 8 chilometri sotto i Campi Flegrei. I gas caldi provenienti dal serbatoio magmatico riscaldano gli acquiferi superficiali, e dunque la loro pressione aumenta generando il sollevamento.

E i terremoti?
La forte pressione interna frattura anche le rocce ed ecco i terremoti. Quando non c’è questo effetto l’area dei Campi Flegrei e assolutamente asismica, ma dal 2006 ad oggi assistiamo a un continuo sollevamento del suolo, dovuto ad un progressivo aumento della pressione interna. Per questo motivo la sismicità aumenta progressivamente, e continuerà ad aumentare finché il sollevamento continua. Dopo l’eruzione del Monte Nuovo del 1538 il suolo dei Campi Flegrei mediamente scendeva con un tasso di quasi due centimetri all’anno. Come succedeva anche in epoca romana, e noi ne abbiamo le testimonianze dagli edifici antichi e dalla subsidenza dell’antico porto di Baia, che adesso è sotto il livello del mare. Poi dal 1950 in poi ci sono stati episodi di sollevamento anche molto veloce. Per esempio, dal 1969 al 1972 c’è stato un sollevamento di circa un metro e 70 centimetri. Dal 1982 al 1984 c’è stato un sollevamento addirittura di un metro e 87. Invece dal 1984 in poi c’è stata una discesa di circa 93 centimetri, tutto sembrava rientrato. Dal 2006 in poi è cominciato questo nuovo episodio di sollevamento molto più lento degli anni Settanta e Ottanta però molto più continuo, per cui oggi il livello del suolo è circa 13 centimetri più alto di quello massimo che abbiamo visto nel 1984. Questo significa che la pressione interna al sistema oggi è la maggiore mai sperimentata negli ultimi 500 anni.

Come descriverebbe quest’area?
I Campi Flegrei sono una caldera, non un vulcano singolo come ad esempio il Vesuvio o l’Etna. Un’area approssimativamente circolare, di circa tre-quattro chilometri di raggio a partire da Pozzuoli, che contiene vari edifici vulcanici: le eruzioni possono avvenire in un punto qualsiasi di quest’area e ognuna di queste costruisce una tipologia di edificio vulcanico. Può essere un cono di tufo, come per esempio il Monte Nuovo, oppure un cratere come il lago di Averno, che non sembra un vulcano perché l’eruzione ha scavato al di sotto della falda, ed il materiale eruttato è finito molto più lontano.

Come si sono formati i Campi Flegrei?
Su questo c’è dibattito: finora la maggior parte dei vulcanologi li considerava formati dalla grande eruzione di 40.000 anni fa, la cosiddetta eruzione dell’Ignimbrite Campana o eruzione del tufo grigio campano, l’eruzione conosciuta più grande in Europa, che eruttò circa 250 chilometri cubi di materiale. Secondo me e altri colleghi, la caldera in realtà è stata formata da un’eruzione molto più piccola, quella di 15.000 anni fa che ha eruttato 40 chilometri cubi di magma, detta del Tufo Giallo Napoletano, un tipo di roccia che infatti vediamo dappertutto nella provincia di Napoli, ed ha caratterizzato fortemente il paesaggio napoletano.

Quindi il paesaggio partenopeo è frutto di questa attività?
Tutte le colline verdeggianti che caratterizzano l’area flegrea, non sono altro che coni vulcanici. Il panorama napoletano, unico al mondo, è di fatto fortemente marcato dall’attività vulcanica; principalmente dei Campi Flegrei perché, appunto, tutta la parte nord occidentale si è formata in conseguenza dei fenomeni flegrei mentre la parte sudorientale è principalmente di natura tettonica, caratterizzata dai carbonati della Penisola sorrentina. Il Vesuvio poi si innesta su questo paesaggio ma non lo condiziona così fortemente come i Campi Flegrei condizionano l’area a Nord-ovest di Napoli.

E poi c’è Ischia, proprio di fronte Pozzuoli.
Che è un’isola vulcanica con un vulcanismo molto più simile a quello dei Campi Flegrei piuttosto che al Vesuvio. Molti pensano che il Monte Epomeo sia un vulcano ma non è vero. È semplicemente un blocco roccioso rialzato proprio per la pressione del magma che c’è sotto; le eruzioni in genere avvengono attorno a questo blocco, quindi dalle fratture che svincolano questo blocco in risalita, che forma la parte topograficamente più elevata di Ischia. Nonostante eruzioni e terremoti l’area è sempre stata fortemente abitata. La prima colonia greca, incredibilmente, si è insediata proprio a Ischia tra il Nono e l’Ottavo secolo avanti Cristo: i primi coloni Greci hanno quindi scartato la Puglia, che era più vicina, tutta la Calabria ionica, la Sicilia e si sono stabiliti a Ischia in un periodo, peraltro, in cui il vulcanismo dell’isola era molto intenso. I greci preferirono quel luogo proprio per i benefici dati dalla natura vulcanica: la fertilità del terreno, il clima mite, un paesaggio estremamente ricco di insenature che, per un popolo di navigatori, era estremamente attrattivo perché consentivano di fare dei porti molto riparati. E poi le acque termali.

Cosa può accadere?
Le rocce non hanno una resistenza infinita. Quindi se questa pressione continua ad aumentare, prima o poi cederanno non più come piccoli terremoti ma come collasso generale, quindi con grandi fratture che possono mettere in collegamento la superficie con la sorgente di pressione. Se non c’è magma intruso a basse profondità, come noi pensiamo attualmente, si potrebbe avere un’eruzione freatica, cioè un’eruzione di acqua bollente e vapore, molto meno catastrofica di un’eruzione magmatica ma certamente comunque devastante in un’area densamente popolata. Noi speriamo che questo aumento di pressione termini prima che il sistema vada alla rottura completa.