Tre Allegri Ragazzi Morti, ritorno alle origini
Musica Un nuovo album - Garage Pordenone - e un tour per il ritorno della band. “Le possibilità prospettate dal web sono ormai chiuse. L’indipendenza resta una condizione mentale, siamo nati quando non c'era mercato per i Tarm, abbiamo cercato un'indipendenza, fra virgolette poetica, dall'idea di fare una musica catalogabile come merce. Tuttavia essere proprietari o distributori delle proprie cose è sempre più difficile”
Musica Un nuovo album - Garage Pordenone - e un tour per il ritorno della band. “Le possibilità prospettate dal web sono ormai chiuse. L’indipendenza resta una condizione mentale, siamo nati quando non c'era mercato per i Tarm, abbiamo cercato un'indipendenza, fra virgolette poetica, dall'idea di fare una musica catalogabile come merce. Tuttavia essere proprietari o distributori delle proprie cose è sempre più difficile”
Per un anniversario così importante potevano tranquillamente accontentarsi di un tour celebrativo che, spinto dalla loro storia, avrebbe avuto la garanzia di pubblico, per poi giocarsi in seguito il disco. Ma non sarebbe stato nello spirito dei Tre Allegri Ragazzi Morti che tagliano il traguardo dei trent’anni con un nuovo album, Garage Pordenone (ovviamente Tempesta Dischi), un titolo che sembra la chiusura di un cerchio, di ritorno alle origini, la città dove è nata la band di Davide Toffolo, Enrico Molteni e Luca Masseroni. Un disco rock che è, come spesso accade con i TARM, disseminato di doppi sensi, ironia, ossimori, false piste, indizi premonitori, uno in particolare al termine del brano Jessica dislessica che farà sussultare i fan. Ma appunto sono giochi, forse. Su quale alchimia ci sia dietro a questo durevole connubio Toffolo dice: “Abbiamo suonato quasi 2mila concerti, è banale ma è come come fosse sempre la prima volta. Ma forse ciò che ci ha tenuti insieme è un grande senso di libertà che include vari meccanismi: avere una propria etichetta, avere una gestione centrata sugli artisti e non tanto sulla parte commerciale, non essere arrivati al successo che ti cambia per forza, oppure anche la sola accezione di indossare una maschera”. Infatti i TARM sul palco o nelle interviste da sempre portano la maschera con un teschio, allora domandiamo, con il profluvio di media, questo tipo di anonimato che valore assume: “Sicuramente politico, è stata sin da subito una forma di rottura verso l’uomo-oggetto che viene venduto nel mercato della musica, la maschera poi rappresenta una dimensione collettiva che appartiene a noi come gruppo e a chi viene ai concerti, non si tratta di tenere segreta un’identità. Poi non essere riconosciuto nella vita quotidiana è un bell’aiuto per chi fa il nostro lavoro”.
“Abbiamo suonato quasi 2mila concerti, è banale ma è come come fosse sempre la prima volta. Ma forse ciò che ci ha tenuti insieme è un grande senso di libertà”
SEMPRE per restare in contraddizioni stimolanti, il brano Mi piace quello che è vero potrebbe sembrare una critica al mondo virtuale con uno sguardo all’adolescenza tipico dei TARM, eppure il video del singolo La sola concreta realtà è prodotto dalla IA: “Non facciamo un’indagine sociologica sull’attualità, la nostra è una visione sull’Occidente che sta morendo, il quale rimane adolescente nei suoi gusti e nei suoi desideri. C’è un sottotesto ironico e di ambiguità con quello che viviamo, non una posizione manichea, tanto che abbiamo fatto uscire quel video. L’IA metta in luce che la ricchezza non sarà più legata alla produttività umana, perciò l’unica battaglia di cui dovremmo parlare in modo esplicito è la redistribuzione della ricchezza. Sembra volgare annichilire con l’IA un disegnatore (Toffolo è anche un fumettista, NdR) che ha speso tutta la vita a diventare un grande artigiano ma il problema è che andiamo verso un mondo che produrrà ricchezza a prescindere dalla presenza umana”. L’oscena è tratta da una poesia dedicata a Myss Keta, autrice pubblicata anche da La Tempesta: “È nata come dedica a un suo compleanno, è riuscito bene il gioco di scrittura”, mentre l’ultima traccia si intitola Torpignattara, sempre per restare nelle contraddizioni (Garage Pordenone è anche un parcheggio di Milano), dove a chiudere c’è il canto di un merlo come se fosse la voce di una coscienza poetica: “L’ho registrato alle 6 del mattino a Roma, una situazione urbana di cui questo merlo se ne fregava, riportando il contesto a una dimensione ancestrale. Gli uccelli sono i migliori cantanti”.
VISTA anche la loro etichetta, ha ancora senso dire “indipendente” nella musica? “Le possibilità prospettate dal web sono ormai chiuse. L’indipendenza resta una condizione mentale, siamo nati quando non c’era mercato per i TARM, abbiamo cercato un’indipendenza, fra virgolette poetica, dall’idea di fare una musica catalogabile come merce. Tuttavia essere proprietari o distributori delle proprie cose è sempre più difficile”. In ultimo domandiamo cosa c’è da aspettarsi dai live: “Saranno una festa, essendo un compleanno [ride, ndr], con tante delle canzoni che la gente ha vissuto nei vari momenti in cui hanno incontrato i TARM. Perché in trent’anni abbiamo incontrato generazioni molto diverse, adesso ci sono famiglie intere con bambini. Quest’anno forse anche nipoti…”.
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