È continuata fino al primo pomeriggio la corsa per portare in salvo sulla terraferma i 239 passeggeri e i 51 membri dell’equipaggio del traghetto andato in fiamme nel mare Ionio. La Guardia Costiera greca era riuscita a raggruppare e identificare 278 persone che avevano lasciato in tutta fretta la nave. Tra di loro anche un passeggero clandestino che era riuscito a imbarcarsi di nascosto a Igoumenitsa, il porto greco di partenza. Una buona parte dei passeggeri e dei membri dell’equipaggio è stata trasbordata sulle navi della Guardia costiera italiana e della Guardia di finanza che nelle prime ore del mattino avevano prontamente risposto al sos del comandante, per portare più tardi i passeggeri in Italia. Un’altra parte è stata diretta verso Corfù. Nel pomeriggio inoltrato erano più di una trentina i ricoverati all’Ospedale di Corfù, molti passeggeri e sette membri dell’equipaggio. Alcuni di loro con problemi al sistema respiratorio a causa dei fumi dell’incendio. Tra i ricoverati anche un neonato di due mesi che viaggiava con i genitori. Secondo i responsabili dell’Ospedale di Corfù sembrerebbe però che con ci siano stati casi particolarmente gravi.

Grande è invece la preoccupazione per i passeggeri di cui si è persa ogni traccia, sarebbero 11 persone di diverse nazionalità. Secondo la corrispondente a Corfù della tv pubblica greca Ert i dispersi sarebbero greci e bulgari, un turco e un lituano.

Solo in tarda serata i due camionisti, uno di nazionalità bulgara e l’altro turca, intrappolati in mezzo a 153 camion e 25 auto nel garage della nave sono stati tratti in salvo. I due trasportavano merci dalla Turchia all’Italia.

Il traghetto in fiamme è l’ Euroferry Olympia ed era diretto a Brindisi, dove l’arrivo era previsto per questa mattina. È una nave relativamente recente, del 1995, batte bandiera italiana e appartiene al Gruppo Grimaldi. In un comunicato il gruppo armatoriale italiano ha assicurato che l’incidente non ha provocato alcun versamento di petrolio in mare, quindi non ci sarebbero rischi di inquinamento. La nave era partita venerdì mattina, un’ora dopo mezzanotte, dal porto di Igoumenitsa in Epiro. Circa tre ore dopo, verso le 4,30, il comandante ha suonato l’allarme. Un forte incendio era scoppiato al terzo ponte e si stava rapidamente diffondendo.

Il comandante ha anche dato subito l’ordine di preparare le scialuppe di salvataggio e sgomberare al più presto la nave. In quel momento Euroferry Olympia si trovava a circa 10 miglia a nordest dell’isoletta greca di Erikousa, l’ultima del gruppo delle Isole Diapontie, a nord di Corfù. Mentre le fiamme hanno continuato fino a tarda sera a divorare i ponti della nave, l’Euroferry Olympia veniva lentamente rimorchiato verso la terraferma. Fino al tramonto tutta la zona è stata presidiata da elicotteri e pattugliatori greci e italiani, mentre navi di carico di passaggio si sono fermate a distanza per sostenere in caso di bisogno i soccorritori.

In un comunicato la confederazione dei marittimi greci Pno ha ricordato l’incendio che scoppiò sul traghetto greco Norman Atlantic appena sette anni fa, provocando decine di vittime. Secondo il sindacato, «sulle navi passeggere e Ro/Ro che collegano lungo lo Ionio e l’Adriatico i porti italiani con quelli greci, indipendentemente dalla bandiera che portano (greca, italiana, cipriota o maltese), l’organico non viene mai stabilito in base alle vere esigenze della navigazione ma in base ai criteri della competitività e del margine di profitto dell’armatore, come ha confermato la recente ispezione che hanno effettuato le nostre organizzazioni di base il 14 febbraio».

Questo fatto, denuncia la Pno, è la causa della inammissibile frequenza di incidenti lungo questa tratta. In effetti, la tratta marittima Italia- Grecia è considerata una delle più redditizie e la competizione tra le società armatoriali è molto forte. Si è intensificata ancor di più nell’ultimo ventennio, da quando è stata inaugurata l’autostrada Ignatia che percorre tutto il settentrione della Grecia collegando il porto di Igoumenitsa con Istanbul, con diramazioni verso l’ex Jugoslavia e la Bulgaria.