Prati Bagnati del Monte Analogo è un disco pubblicato nel 1979 dalla Cramps Records, suggerito al fondatore dell’etichetta Gianni Sassi da Franco Battiato, che a partire da quel lavoro avrebbe curato una serie di uscite di autori italiani per la label. Il disco è diviso a metà tra i due pezzi composti da Raul Lovisoni, Hula Om e Amon Ra, sul lato B del vinile, e il lungo brano che dà il titolo al disco, scritto da Francesco Messina, all’epoca giovane designer di 27 anni insediatosi a Milano dal Friuli per studiare grafica. Il brano è ispirato in modo molto personale al romanzo rimasto incompiuto dello scrittore francese René Daumal, Il Monte Analogo, vicino al surrealismo e studioso di filosofia e spiritualità orientale: è un’immersione in atmosfere eteree e sfuggenti, un lavoro vicino all’ambient e alla musica sperimentale, capace di custodire un fascino senza tempo per la dimensione cosmica e ineffabile che mette in musica.

Fino a pochi giorni fa, il disco non era mai stato eseguito dal vivo. Grazie allo sforzo congiunto del festival Linecheck e della rassegna Inner Spaces, organizzata dal centro culturale gesuita di San Fedele, per la prima volta dopo quarantaquattro anni Prati Bagnati del Monte Analogo è stato suonato da Francesco Messina, accompagnato sul palco dal collaboratore di lunghissima data Michele Fedrigotti e dalla violoncellista Chiara Trentin. Un piccolo miracolo, dovuto all’intuizione dei due curatori Germano Centorbi e padre Antonio Pileggi, e da alcune coincidenze fortunate, come l’anno sabbatico preso da Francesco Messina dalla sua cattedra di design allo Iuav di Venezia e la passione per il disco dell’altra protagonista della serata, la produttrice e musicista Marta Salogni, che presentava l’intimo lavoro Music for open spaces.

«Io ero molto incerto, perché non sapevo fino a che punto questo tipo di cose si possono portare in un teatro», confessa Messina. «È stato un lavoro molto impegnativo, perché ripetere questo disco non era facile. Non volevamo tradirlo, secondo me dopo quarant’anni dall’uscita non puoi cambiarlo. Sono rimasto molto sorpreso per l’attenzione che c’è stata. Io ero tutto concentrato sui miei problemi tecnici, ma quando è arrivata la risposta del pubblico, con quell’affetto e quel riconoscimento, eravamo davvero contenti, perché la nostra non era ricerca di affermazione, era un esperimento».

UN CALORE dato anche dal fatto che, in questi anni, l’opera è diventata un disco di culto, amata da musicisti come Caribou o Steven Wilson dei Porcupine Tree, ristampato da Die Schachtel in Italia e da Superior Viaduct negli Stati uniti. «Io non ne sapevo niente. Tra l’altro non ho social, questa cosa per me è emersa tutta quest’anno. Sono rimasto colpito, già mi aveva sorpreso che qualche musicista lo avesse apprezzato in questi anni. Noi crediamo di determinare tante cose, che in realtà vanno per la loro strada da sole». «Prati bagnati dal Monte Analogo» si ispira al romanzo rimasto incompiuto dello scrittore francese René Daumal

DI CERTO, quando il materiale è stato composto, a Francesco Messina, allora grafico alla Polygram, interessava poco di quel che sarebbe successo. «Con Franco già ci frequentavamo», racconta. «Io avevo in mente queste cose, Franco le ha sentite e mi ha detto che avrei dovuto registrarle, farci assolutamente un disco. Avevo come partner Michele Fedrigotti, che è un pianista e direttore d’orchestra, che mi ha sempre dato una struttura, e Franco apprezzava questo. Mi piacevano la grafica e la musica, mi ero appassionato di sintetizzatori. Io non ho praticamente mai suonato dal vivo, non mi è mai piaciuto stare da quella parte. Anche quando mi è capitato di fare un tour con Battiato, negli anni ’80, in cui io aprivo lo spettacolo, per me era una sofferenza, non è davvero il mio mestiere. Non avevo in mente una carriera. Una volta pubblicato il disco avevo altre cose per la testa», come il lavoro di designer e quello di produttore della moglie, la cantante Alice, anche lei a lungo collaboratrice di Battiato. «Essendo mancato Franco, siamo un po’ orfani, ci manca quell’uomo, che è stato una guida per tutti noi. Per me, per noi, è stato l’amico della vita. Dietro tutto questo c’è anche il fatto che avevamo bisogno anche tra di noi di stare un po’ insieme. C’è anche la sua mano in tutto questo».

A SAN FEDELE, l’ensemble ha suonato anche alcuni brani inediti di Francesco Messina, punto di partenza di un nuovo album a suo nome. «Cerco di non avere riferimenti, di tirare fuori quello che sono capace di fare. Questa è la grande lezione che ho imparato da Prati Bagnati del Monte Analogo: quando ho fatto il disco ero completamente libero, non mi ponevo il problema di cosa fosse giusto fare. E ho scoperto che l’unica cosa che avevo fatto in totale incoscienza e libertà è quella che è durata di più. E per i nuovi brani, mi sono messo alla prova: lasciare uscire quello che viene, provare a tornare a quella libertà, all’idea di agire non dovendo niente a nessuno».