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Tosi, Donati, Canonero, tutti i costumi dell’immaginario

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Mostre Da oggi a Roma, a Palazzo Braschi, I vestiti dei sogni, più itinerari per scoprire una grande tradizione: dagli abiti di Edipo Re al prossimo Garrone

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 17 gennaio 2015

Ad accogliere i visitatori di Palazzo Braschi, in piazza Navona, è il celebre valzer scritto da Nino Rota per Il Gattopardo di Luchino Visconti, e non a caso. La nota attenzione al minimo dettaglio del grande regista cinematografico e teatrale ben sintetizza infatti l’omaggio che la mostra I vestiti dei sogni rende alla grande tradizione dei costumisti italiani, tra cui quel Piero Tosi il cui nome è indissolubilmente legato alla filmografia viscontiana.
E proprio al Gattopardo è riservata una delle sale più suggestive dove è possibile ammirare i vestiti indossati da Claudia Cardinale nel ruolo di Angelica Sedara, compreso l’abito bianco del valzer con Burt Lancaster con il corsetto di 10cm più stretto della vita dell’attrice.
I pannelli illustrativi guidano lo spettatore tra le opere di molti dei principali costumisti italiani – e dei loro allievi – tra due mostre comunicanti ma distinte: una stabile, che affianca gli abiti alle opere storiche contenute nella collezione permanente del Museo di Roma – tra cui le vesti cardinalizie e papali di Habemus Papam di Moretti, realizzate da Lina Nerli Taviani, o quelle di Alberto Sordi in Il marchese Del Grillo opera di Gianna Gissi – ed una temporanea, in cui l’esposizione dei costumi è incorniciata da schermi che riproducono le sequenze più significative dei film in cui vengono impiegati, e illuminata dal direttore della fotografia Luca Bigazzi.
Uno dei fili rossi che organizza l’itinerario de I vestiti dei sogni (organizzata dalla Cineteca di Bologna), è quello cronologico che copre il centennale ideale da Assunta Spina (1915) – costumi di Luigi Sapelli in arte Caramba – a Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, che uscirà quest’anno, i cui gli abiti, che alla mostra vediamo in anteprima, sono stati realizzati da Massimo Cantini Parrini.
Ma I vestiti dei sogni è percorribile anche secondo un percorso fatto di scuole, intese nel senso di tipiche botteghe in stile rinascimentale della tradizione italiana dove si possono osservare le reciproche influenze di maestri e allievi: ad esempio Piero Tosi – di cui sono esposti anche i lavori realizzati per Matrimonio all’italiana di De Sica – fa capo a quella che potremmo chiamare la scuola realista fondata sullo studio, la documentazione e la precisa riproduzione alla maniera del realismo teatrale russo. Mentre Danilo Donati, costante collaboratore di Federico Fellini e Pier Paolo Pasolini, esprime l’anima barocca e «astratta» della stessa grande tradizione.

 

 

Donati, di cui sono esposti tra gli altri i costumi per Edipo Re di Pasolini, vinse l’Oscar con il Casanova di Fellini, ma non è stato il solo costumista italiano a ricevere questo riconoscimento. Ad iniziare la lunga tradizione di premi dell’Academy hollywoodiana c’è Vittorio Nino Novarese – di cui si possono ammirare anche i dettagliati bozzetti preparatori di Ettore Fieramosca di Blasetti – per il suo lavoro in Cleopatra di Joseph Makiewicz, dove vestì la diva Elizabeth Taylor.
La mostra confluisce infine nella sala dedicata ai veri e propri artigiani, e materiali esecutori di tanti dei lavori esposti della Sartoria Tirelli, che celebra quest’anno il cinquantennale. Come in un film, l’emozione nasce dall’incontro di talenti, maestranze, compiti e vicende eterogenei, ma va a fissarsi nella possibilità di rivedere alcune delle sequenze più famose della storia del cinema attraverso quegli indumenti che spesso ne sono parte fondamentale.
Da oggi – fino al 22 marzo – il visitatore potrà incontrare, tra una sala e l’altra, gli abiti indossati da Dominique Sanda e Stefania Sandrelli in un altro dei balli più famosi del grande schermo, quello de Il conformista di Bernardo Bertolucci; o i costumi di Michelle Pfeiffer e Winona Ryder in L’età dell’innocenza di Martin Scorsese; queelli roboanti utilizzati in Roma di Fellini, e la dimessa giacchetta che in Uccellacci e uccellini indossava l’immortale Totò.

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