Parte oggi da Torino il Giro d’Italia edizione centoquattro, per concludersi a Milano tra tre settimane. Si fa il verso, con percorso invertito, alla prima avventura su due ruote in assoluto, la Milano-Torino del 1876. La corsero in pochi più di una decina, su sgraziati velocipedi senza catena e senza tubolari.

Il Giro riprende la collocazione solita di maggio dopo la parentesi autunnale dello scorso anno causa covid, speriamo su questo versante fili tutto liscio. Una corsa con tanto Piemonte (ci si ritornerà per le tappe alpine decisive) e poco Sud, dopo la scorpacciata dell’edizione passata. La tappa della memoria passerà dapprima sotto casa Bartali a Ponte a Ema, e poi da Sesto fiorentino a rendere omaggio a Alfredo Martini, partigiano, gran gregario e poi cittì per antonomasia delle nazionali azzurre, la sigaretta sempre accesa in ammiraglia. Il giorno prima il gruppo avrà affrontato gli sterrati intorno a Montalcino, tappa da segnare col circoletto rosso assieme quelle alpine dell’ultima settimana.

Trovare un favorito è cosa dura. Il vincitore dello scorso anno, Geoghegan Hart, non è presente al via, e sta diventando una brutta abitudine. Dei vincitori delle ultime edizioni in pochi si sono presentati l’anno successivo a difendere il titolo, privilegiando la preparazione per il Tour; con l’aggravante che spesso l’hanno fatto per presentarsi in Francia da gregari. De Vlaminck pur di non fare da gregario al Giro del ’76 preferì scappare a piedi per i boschi del Trentino.

Un’altra epoca: da una ventina d’anni il sistema del pro-Tour – una specie di superlega su due ruote – ha catalizzato tutti i quattrini e le attenzioni sul Tour, e a farne le spese è stato soprattutto il ciclismo italiano e la sua corsa più importante. Una soluzione sarebbe organizzare il Giro per squadre nazionali, ma ci vorrebbe un coraggio che né le federazioni né i corridori sembrano più avere.

Venendo ai presenti, i nomi sono quelli di Bernal (colombiano di Buasca, ci terrebbe a trionfare in un giro in salsa piemontese, l‘avversario si chiama lombalgia), Yates (il più in forma), Hindley. Torna in gruppo dopo il volo giù da un ponte l’anno scorso al Lombardia Evenepoel, ed è già contento di esserci. Non si può chiedere troppo a Nibali nostro, acciaccato per età e per una caduta in allenamento che ne ha messo in forse la partecipazione fino all’altro ieri. Possibile sorpresa, il colombiano Cepeda. C’è anche Bardet per la prima volta sulle nostre strade: Gianni Mura avrebbe fatto il tifo per lui, sarebbe bello che il francese cogliesse l’occasione di dedicargli una vittoria.