Terra, casa, lavoro, la voce degli slum in Vaticano
Roma Il III incontro mondiale dei movimenti popolari voluto dal papa
Roma Il III incontro mondiale dei movimenti popolari voluto dal papa
Carolina risponde informa in tutte le lingue, Gerardo accompagna la stampa, Gabriela risolve gli accrediti dell’ultimo minuto… Chi si ferma a dormire trova la chiave della stanza in una scatola di cartone. Tutti ricevono una custodia rosa coi bordini verde. Il cartellino recita: Reciclado en nuestras manos. Spiega che “si tratta di un prodotto ricavato dai rifiuti solidi urbani (Rsu), recuperati dai cartoneros della Federacion Argentina de Cartoneros, Carreros y Recicladores (FaccyR) e disegnati dai recuperadores urbani di Tras Carton Diseno”. Col nostro lavoro – si legge – proteggiamo la terra.
Sotto un gigantesco striscione con le 3 T (Tierra, Techo y Trabajo), volti di ogni colore, invitati noti: Joao Pedro Stedile, Ignacio Ramonet, Vandana Shiva… Tutti i partecipanti – 170, da 65 paesi dei 5 continenti – recano una bandiera, un manifesto, una maglietta con la sigla di riconoscimento: Cartoneros, Sem Tierra, Sin Techo, Movimiento de Trabajadores excluidos, Confederacion de trabajadores de la economia popular…
Al Pontificio Collegio Mater Ecclesiae, a Roma, sono loro i protagonisti del III incontro mondiale dei movimenti popolari, voluto dal papa Bergoglio. Nella custodia riciclata, ci sono i documenti che indicano il percorso e la traccia di riflessione per questi quattro giorni: le parole del papa nell’Enciclica ambientalista (Laudato si’), contro “il capitalismo escludente”. Oggi, alle 17, dopo un’ultima discussione, i partecipanti consegneranno al papa il documento finale con le proposte dibattute intorno a tre assi principali, Terra, Casa e Lavoro. L’agenda dei diritti. Spiega Juan Grabois, argentino del Comitato organizzatore: “Questo è già il nostro terzo incontro e, volendo seguire la metodologia tradizionale, diremmo che il primo lo abbiamo impiegato per conoscere tutte le nostre realtà, ossia per vedere. Nel secondo abbiamo cercato di capire cosa sta succedendo (l’analisi), e in questo terzo cerchiamo di fare proposte per cambiare la situazione (l’azione)”.
Questa volta si aprono nuove prospettive di analisi e di lavoro intorno ai seguenti temi: Popolo e Democrazia; Territorio e Natura, Rifugiati e Sfollati del Mondo.
Il cardinale Peter Turkson, del Consiglio Pontificio di Giustizia e Pace del Vaticano, ha preparato i tre momenti internazionali, iniziati nel 2014 e proseguiti poi in Bolivia l’anno seguente durante la visita di Bergoglio in alcuni paesi dell’America latina. Anche per il lavoro pontificio, il papa ha recepito un concetto molto frequentato nella “Patria grande” latinoamericana: quello dello “sviluppo umano integrale”. E così si chiamerà il nuovo Dicastero che – ha anticipato Turkson -, dal primo gennaio del 2017, ingloberà i 4 Pontifici consigli per “favorire un’economia al servizio della persona, riunire i popoli nel segno della giustizia e della pace e proteggere nostra sorella Madre Terra”.
Il cardinale ha poi invitato a “non nascondersi dietro le statistiche. I poveri devono lottare contro l’ingiustizia”, ha aggiunto ripetendo le parole di Bergoglio. “I poveri – aveva detto il papa – non si accontentano di promesse illusorie, scuse o alibi. Non stanno neppure aspettando a braccia conserte l’aiuto di Ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai, o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare… I poveri si organizzano, esigono e soprattutto praticano quella solidarietà tanto speciale che esiste fra quanti soffrono e che la nostra civiltà sembra aver dimenticato”. Parole che, in altri termini e tempi, avrebbero sostenuto ben altre bandiere, a quasi 100 anni dalla rivoluzione bolscevica.
Nello sfacelo generale, che questo papa argentino e “bolivariano” non inviti a piegarsi all’ingiustizia, e predichi contro “il dio denaro” e lo strapotere delle multinazionali, è comunque una porta aperta alle domande inevase del popolo degli esclusi: almeno in quei paesi dove un cambiamento strutturale è ancora lontano. “Bisogna parlare meno e agire di più”, ha detto Jockin Arputham, dell’India-Slum Dwellers International, illustrando i risultati dell’azione organizzata. E, per essere coerente con le parole del papa, la chiesa dovrebbe “cominciare a cedere almeno il 10% del suo immenso patrimonio immobiliare”, ha rincarato Grabois (del Movimento lavoratori esclusi, e della Confederazione di lavoratori dell’economia informale).
Ma come possono avanzare i “costruttori di cambiamento” a fronte di “democrazie sequestrate dai poteri forti”, svuotate di senso dagli interessi del capitale finanziario e delle grandi imprese multinazionali? Il sindacalista ugandese John Mark Mwanika, dell’Atgwu ha denunciato la situazione del suo paese. Una tendenza, però, globale. Governi che non si piegano vengono spazzati via da golpe istituzionali, come in Paraguay o in Brasile, in un’alleanza perversa tra potere legislativo, giudiziario e mediatico.
“Fora Temer”, ha ripetuto la brasiliana Beatriz Cerqueira, che ha denunciato il disastro ambientale di Mina Gerais, e l’uccisione di donne, in crescendo nel mondo: “Il femminicidio – ha detto – dev’essere presente in ogni riflessione. Non una di meno”. E all’ambientalista Berta Caceres, uccisa in Honduras, sono stati dedicati numerosi passaggi. Solidarietà anche ai deputati curdi arrestati in Turchia e denuncia dell’ennesima strage di migranti in mare.
Nel panel su Territorio e Natura, dove l’ecologista indiana Vandana Shiva ha denunciato i pericoli del Ttip e del Ceta, è intervenuto il neozelandese Te Ao Pritchard, del Pacific Panthers Network. Un gruppo di nativi e migranti, inter-generazionale, basato soprattutto sull’azione: “Ci prepariamo a rispondere al problema del commercio delle armi, anche con la collaborazione di altri popoli indigeni. Nel nostro territorio vi sono navi da guerra che inquinano le acque. Difendiamo la sovranità alimentare. Dobbiamo educare i giovani a queste battaglie e individuare strategie comuni”.
Dal Brasile, è arrivata la notizia di una pericolosa intimidazione alla sede della Scuola Florestan Fernandes, gestita dal Movimento Sem Terra nello stato di San Paolo. Durante le mobilitazioni per la Giornata continentale per la Democrazia e Contro il Neoliberismo, 10 macchine della Polizia militare hanno fatto irruzione senza autorizzazione alcuna e hanno circondato per ore la scuola. L’Mst ha denunciato il clima di crescente tensione e di aggressione alle garanzie costituzionali imposto dal governo di Michel Temer, in sella dopo il golpe istituzionale contro Dilma Rousseff.
Ma il clou della giornata, ieri, si è avuto con l’arrivo dell’ex presidente uruguayano Pepe Mujica che ha parlato di coerenza tra parole e fatti, di politica per passione e politica per professione e compenso. “Oggi abbiamo due papi – ha scherzato Ignacio Ramonet presentando l’ex tupamaro -: il Papa e… il Pepe”.
E ieri, a fine giornata, dal Brasile è arrivata la notizia di una pericolosa intimidazione alla sede della Scuola Florestan Fernandes, gestita dal Movimento Sem Terra nello stato di San Paolo. Durante le mobilitazioni per la Giornata continentale per la Democrazia e Contro il Neoliberismo, 10 macchine della Polizia militare hanno fatto irruzione senza autorizzazione alcuna e hanno circondato per ore la scuola. L’Mst ha denunciato il clima di crescente tensione e di aggressione alle garanzie costituzionali imposto dal governo di Michel Temer, in sella dopo il golpe istituzionale contro Dilma Rousseff.
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