Tempo da lupi. Una contraddittoria sopravvivenza
Lettera al manifesto con risposta Caro Manifesto Ridurre la questione dei lupi al pony di Ursula von der Leyen (mi riferisco all’articolo uscito il 27 settembre su il Manifesto: Ursula si vendica con i lupi) […]
Lettera al manifesto con risposta Caro Manifesto Ridurre la questione dei lupi al pony di Ursula von der Leyen (mi riferisco all’articolo uscito il 27 settembre su il Manifesto: Ursula si vendica con i lupi) […]
Caro Manifesto
Ridurre la questione dei lupi al pony di Ursula von der Leyen (mi riferisco all’articolo uscito il 27 settembre su il Manifesto: Ursula si vendica con i lupi) mi sembra per lo meno superficiale.
Sono nata in Ossola dove, così come in Val Pellice, e altre zone del Piemonte (vedi la Stampa) il dibattito sulla presenza dei lupi è molto acceso.
I lupi scendono a valle, a volte entrano nelle cascine, in questo caso non a caccia di pony ma pecore e capre o vitelli. È una zona dove i piccoli allevatori (non i grandi, non ce ne sono in zona) in estate portano le capre, le pecore e le mucche negli alpeggi. Ogni anno però sono sempre meno gli allevatori che fanno rischiare le loro bestie si essere assalite da branchi di lupi. Quindi meno Bettelmatt (un formaggio ricercatissimo e caro perché prodotto solo sugli alpeggi della val Formazza) ma anche rischi causati dall’abbandono delle montagne (sentieri, torrenti) in caso di intemperie.
Comunque, la presenza di specie non autoctone (con intrecci anche tra lupi e cani selvatici) quindi non abituate a convivere con una popolazione, comportamento condizionato anche dal lockdown quando la montagna non era frequentata, ha provocato uno squilibrio ambientale. Pensare che la soluzione possano essere i recinti elettrificati, che ci sono ma non bastano, o i cani da guardiania che, per la loro aggressività, sono diventati un problema per i turisti, è illusorio. Certo è più facile convivere con le volpi che si limitano ad assalire i pollai, mentre gli stambecchi possono essere normalmente cacciati.
È un tema complesso da affrontare ma lasciare che sia solo la destra a farlo ritengo sia sbagliato, perché non stiamo parlando di latifondisti e grandi allevatori, ma di piccoli allevatori e contadini.
Giuliana Sgrena
Cara Giuliana,
da quando i lupi sono una specie «particolarmente protetta» perché a rischio di estinzione il loro numero in Europa è aumentato da poche centinaia a più di 20mila. In Italia ne erano stimati appena un centinaio, ora sono oltre tremila, e la loro presenza è avvertita come un problema per agricoltori e allevatori in molte zone alpine e appenniniche, come testimoni tu stessa dal Piemonte.
La direttiva europea Habitat prevede che si possa prendere in considerazione l’uccisione di un lupo per «prevenire gravi danni» economici e per ragioni di «sicurezza pubblica». In Italia, per gli abbattimenti è necessario il parere dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e l’autorizzazione del ministero dell’Ambiente. Forse basterebbe un po’ meno burocrazia.
Per questo sono d’accordo con te: non bisogna ridurre la questione dei lupi al pony di Ursula von der Leyen. Eppure è proprio quello che la presidente della Commissione europea ha fatto, imponendo una modifica della Convenzione di Berna dopo l’uccisione del suo cavallo preferito, nonostante in Germania il numero di lupi presenti e di attacchi agli allevamenti mostrino che non esiste nessuna emergenza. A me sembra l’ennesimo segno del tempo in cui viviamo.
Angelo Mastrandrea
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