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«Telefono Donna» di Potenza. Marroccoli: «Rischiamo la chiusura, i fondi non arrivano»

«Telefono Donna» di Potenza. Marroccoli: «Rischiamo la chiusura, i fondi non arrivano»

CENTRI ANTIVIOLENZA Una intervista con la presidente del Centro in Basilicata che ha anche una Casa Rifugio che ospita anche minori. Sono state 3mila le donne che si sono rivolte a loro dal 2001, le denunce sono in aumento eppure le istituzioni non sostengono come dovrebbero

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 22 novembre 2019

Che i centri antiviolenza, a fronte di un capillare e necessario lavoro sul territorio, soffrano per la mancanza e il ritardo di fondi, è un dato che accomuna le strutture a diverse latitudini. Abbiamo raggiunto, per qualche domanda, Cinzia Marroccoli attuale presidente, coordinatrice e psicologa di «Telefono Donna», con sede a Potenza, oltre che consigliera nazionale Di.Re.

Da anni offrite molti servizi essenziali all’intera Basilicata. Come è la situazione della regione?
«Telefono Donna», associazione di volontariato, è sia Centro Antiviolenza «Telefono Donna» che Casa Rifugio «Casa delle Donne Ester Scardaccione». Esistiamo dal 1989 come linea telefonica di ascolto e consulenze, poi dal 2001 abbiamo una convenzione con il Comune di Potenza per la Casa, dal 2017 anche per il Centro. Siamo accreditate presso la Regione Basilicata (Dipartimento Politiche per la Persona) sia come Casa (in regime di retta) che come Centro (rimborso forfettario). Presso la Regione sono accreditate anche un’altra casa a Latronico, e alcuni sportelli nel matapontino, strutture molto recenti. Siamo l’unico centro D.i.Re dal 2017, e l’unico collegato con il 1522. Da noi afferiscono donne da tutta la regione, e offriamo loro ascolto, consulenze sia psicologiche che legali e ospitalità, anche per i figli minori.

Come è l’organizzazione del lavoro?
Lavorano presso di noi due operatrici, un tempo erano quattro e avevamo l’h24 (abbandonata per motivi economici) e siamo dieci socie volontarie e attiviste. Le due operatrici coprono diciotto ore settimanali ciascuna, il resto è coperto dalle volontarie, compresa me che sono ugualmente volontaria. Abbiamo però un cellulare sempre acceso il cui numero è segnalato dalla segreteria telefonica del numero fisso 0971/55551.

Le istituzioni riconoscono il lavoro enorme che fate? Vi sostengono?
Dal punto di vista economico aspettiamo quello che ci spetta del 2018. I fondi sono ancora fermi in Regione, poi devono passare al Comune e poi a noi, se tutto va bene avremo quello che ci è stato destinato non prima della primavera 2020. Nel frattempo, a fronte di un lavoro enorme, come Centro e come Casa, non possiamo pagare le operatrici e l’affitto (con un contenzioso che si trascina da anni con il padrone di casa) e siamo quindi in una situazione molto più che precaria, praticamente a rischio chiusura. Non solo non ci sentiamo sostenute dalle istituzioni a livello economico, ma nemmeno morale. Lavoriamo comunque in rete con le forze dell’ordine, e con i servizi socio sanitari e assistenziali del territorio.

Che incidenza ha la violenza maschile contro le donne in Basilicata e quante donne si rivolgono a voi?
Tenuto conto che la nostra regione è di 567 mila abitanti, dal 2001 al 31 ottobre 2019 si sono rivolte a noi 2596 donne e la tendenza è sempre in aumento. Abbiamo ospitato, sempre da gennaio 2001 a ottobre 2019, 214 donne e 101 minori, ma siamo certe che il sommerso sia enorme. Nel 2019 abbiamo ospitato, fino al 31 ottobre, 17 donne e 5 minori. Per quanto riguarda il Centro stiamo seguendo 49 donne, di cui 30 nuove, nel loro percorso di consapevolezza e fuoriuscita dalla violenza. Anche le denunce sono in aumento, siamo arrivate al 26% di quelle che ci contattano; si rivolgono a noi soprattutto per maltrattamenti in famiglia, a cui seguono quelle per stalking e, ultime, per violenza sessuale. Attualmente abbiamo in corso 4 costituzioni di parte civile.

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