Dopo 31 anni dalla sua introduzione il sistema scolastico privato svedese friskola (scuola libera) viene messo in discussione proprio da chi lo propose allora. La riforma voluta dal primo governo conservatore della penisola nel 1992 è criticato proprio dal nuovo esecutivo di destra entrato in carica lo scorso anno che vede insieme conservatori, liberali, democristiani e l’appoggio esterno dell’estrema destra dei Democratici svedesi. La ministra dell’istruzione e leader dei liberali Lotta Edholm ha infatti dichiarato che avvierà dei controlli severi affinché le scuole private «non possano più prelevare profitti a scapito di una buona istruzione; verranno per questo introdotte multe per le scuole libere che non si adeguano».

La friskola è probabilmente il modello scolastico più liberista del pianeta e si basa esplicitamente sulle teorie di Milton Friedman: la “scuola libera” di proprietà privata riceve un finanziamento statale attraverso i comuni in base al numero degli alunni iscritti. Il contributo pubblico, che rappresenta il 50% dei bilanci degli enti locali, è di circa 100 mila corone all’anno per studente (circa 10 mila euro) che le municipalità erogano direttamente a questo tipo di scuole, il più delle volte in mano a fondazioni e corporation. In 31 anni sono state decine gli scandali che hanno interessato i proprietari delle friskole: da soldi nascosti nei paradisi fiscali a enormi dividendi distribuiti tra gli azionisti. Il tutto a discapito del livello scolastico e formativo svedese.

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QUANDO, QUESTA ESTATE, il sindacato della scuola Sveriges Lärare ha pubblicato il secondo report per denunciare il tracollo del livello formativo degli studenti svedesi il dibattito pubblico si è fatto sempre più infuocato. Secondo l’indagine condotta tra insegnanti, genitori e studenti delle “scuole libere” 9 insegnanti su 10 pensano che il preside veda gli studenti e i genitori come dei clienti e i genitori rispondono, 4 su 10, di considerarsi “clienti”. Più la scuola è orientata al cliente o competitiva, tanto più aumenta la pressione sugli insegnanti. Secondo l’inchiesta sindacale molti docenti stanno pensando di licenziarsi perché non è loro consentito svolgere liberamente il proprio lavoro.

La situazione colpisce intere classi e studenti che necessitano di sostegno, perché gli insegnanti devono dedicare tempo ed energie ad affrontare richieste irragionevoli da parte delle famiglie e dei dirigenti scolastici tanto che tra il 60 e il 75% degli insegnanti di queste scuole hanno denunciato «un’influenza indebita sulla loro valutazione». Secondo un’altra ricerca, infatti, le valutazioni con le quali si presentano all’università gli studenti delle “scuole libere” non corrisponde affatto al loro reale livello di preparazione il che sta portando all’aumento esponenziale dei tassi di abbandono dei percorsi accademici nonostante i livelli migliori raggiunti da chi ha invece un percorso di scuola pubblica alle spalle.

AI PROCLAMI della ministra Lotte di «porre fine alle scuole orientate al profitto» hanno risposto tre esponenti socialdemocratici di Malmö, Rose-Marie Carlsson (deputata), Katrin Stjernfeldt Jammeh (presidente del consiglio comunale della città) e Mubarik Abdirahman (vicepresidente del consiglio scolastico): «L’idea che controlli su fondazioni e corporation che gestiscono le scuole libere serviranno a qualcosa testimonia che il governo non ha minimamente compreso la portata del marciume del sistema scolastico odierno».

QUESTO TIPO DI SCUOLE, inoltre, porta a un eccesso di insediamento in alcune aree rendendo impossibile per i comuni pianificare un’organizzazione scolastica efficiente senza considerare, come è successo proprio di recente a Malmö, la loro improvvisa chiusura con conseguente necessità di ricollocazione degli studenti.

Secondo gli esponenti socialdemocratici «le misure per frenare le truffe e le speculazioni finanziare impongono un’ingente burocrazia con molto personale per i controlli e quindi molto costosa, sia a livello statale che municipale». «La ricerca del profitto rompe il sistema scolastico portando a una maggiore segregazione e a una ridotta uguaglianza, all’inflazione dei voti e allo spreco di risorse». A oggi però nessun governo di sinistra o di destra ha mai provato davvero ad abolire la riforma della friskola del 1992.